4 Aprile 2017

La revoca del credito di imposta

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cass. Civ., sezione V, 24 novembre 2016, n. 23989.

Credito di imposta – Bonus per nuove assunzioni – Sanzioni per violazione di norme in tema di sicurezza e salute dei lavoratori – Revoca solo in caso di superamento dell’importo di 2.582,28 – Non sussiste.

MASSIMA

Deve ritenersi che una corretta lettura della norma di cui alla legge 388/2000, articolo 7, comma 7, imponga di ritenere che il superamento dell’importo di euro 2.582,28 sia contemplato per le sole violazioni non formali alla normativa fiscale e contributiva in tema di lavoro dipendente, avuto riguardo alle fattispecie di cu all’incipit della disposizione e non anche alle violazioni alla normativa sulla salute e sicurezza dei lavoratori, in ordine alle quale si prescinde dall’entità della sanzione, anche se trattasi di accertate violazioni formali, in quanto ciò appare conforme alla ratio di coniugare la politica incentivante verso le imprese che assumono nuovi dipendenti con la necessità di garantire un livello non minore di tutela per l’incolumità psicofisica del luogo di lavoro.

COMMENTO

Con la pronuncia in oggetto, la Corte di Cassazione si è soffermata sui motivi che possono determinare la revoca del credito di imposta che l’art. 7 l. 338/2001 aveva previsto in favore di quei datori di lavoro che, nell’arco tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003, avessero assunto nuovi lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato. Le causali di revoca, invero, erano disciplinate dalla medesima norma che, al comma 7, individuava come tali l’accertamento definitivo di violazioni (i) non formali in materia fiscale e previdenziale relative al rapporto di lavoro, qualora le sanzioni irrogate fossero state superiori agli euro 2.582,28 (lire 5.000.000), ovvero, (ii) in caso di violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori. Nonostante il tenore della norma, nel caso concreto la Commissione tributaria della Toscana – confermando la decisione della Commissione provinciale di Firenze – aveva respinto l’appello promosso dalla Agenzia delle Entrate ritenendo che la revoca dell’agevolazione potesse intervenire, anche nel caso di condotte contrarie in materia di sulla salute e sicurezza dei lavoratori, esclusivamente nel caso in cui le violazioni non fossero solo formali e comunque sanzionate con un importo maggiore di euro 2.528,28 (nello specifico, il valore della sanzione ricevuta dal datore di lavoro era pari ad euro 2.000,00). La Suprema Corte, coordinandosi altresì con il proprio precedente n. 27831/2013 – con il quale era stata chiarita la natura disgiuntiva delle condizioni di revoca di cui al comma 7 e non coordinativa –, ha fornito una propria interpretazione della fattispecie, in linea con il tenore letterale della stessa. La revoca del credito di imposta in caso di violazioni alla normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro si determina, secondo la Corte, a prescindere dall’entità della sanzione attribuita e anche in caso di violazioni solo formali, in quanto ciò risponde altresì alla ratio di “coniugare la politica incentivante verso le imprese che assumono nuovi dipendenti con la necessità di garantire un livello non minore di tutela per l’incolumità psicofisica del luogo di lavoro”.

Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”