La modifica di fatto dell’oggetto sociale legittima il diritto di recesso del socio
di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDFTribunale delle Imprese di Roma – Sentenza n. 17673/2022 pubbl. il 29/11/2022
Parole chiave: recesso – oggetto sociale – modifica di fatto – società di capitali –
Massima: “Il mutamento dell’oggetto sociale, idoneo a legittimare il recesso del socio, può alternativamente verificarsi in termini formali, con l’assunzione di una delibera all’uopo adottata dall’assemblea, ovvero in via di fatto, in concomitanza con atti gestori che, pur non incidendo sul dato formale relativo all’oggetto sociale determinato dallo statuto, ne comportano una modifica sostanziale, tale da legittimare, anche in questo caso, l’esercizio del diritto di recesso da parte del socio dissenziente”.
Disposizioni applicate: 2476 c.c., 2395 c.c.
Con il giudizio in esame, la società attrice – proprietaria del 9.17% del capitale di una holding che deteneva il 100% delle azioni di S.p.A. operativa, che controllava ulteriori società operative – ha rappresentato di aver sottoscritto, unitamente a tutti gli altri soci della holding, una lettera di intenti per addivenire alla cessione, in blocco, dell’intero capitale sociale ad una società straniera, dietro pagamento di un corrispettivo pari ad € 8.300.000,00.
In violazione di tale lettera, il CdA della holding aveva invece deliberato la cessione dell’intera partecipazione della holding nella S.p.A. operativa, operazione, questa, che, secondo l’attrice, sarebbe avvenuta a condizioni antieconomiche, senza l’assenso di tutti i soci e avrebbe determinato una sostanziale modifica dell’oggetto sociale.
A seguito di tale operazione, l’attrice aveva dunque esercitato il proprio recesso, chiedendo in giudizio (i) il rimborso della propria quota e (ii) il risarcimento ex art. 2395 c.c., nei confronti degli amministratori della holding, del danno patrimoniale subito a causa del deprezzamento dalla quota medesima a seguito della suddetta operazione.
In via preliminare, il Tribunale delle Imprese di Roma ha rigettato tale ultima domanda rilevando che “l’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato «direttamente» dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società” (cfr. ex multis Cass. Civ. sez. I, 23/10/2014, n.22573; Trib. Roma Tribunale Roma Sez. spec. Impresa, 19/05/2021, n.8739): ai fini risarcitori occorre dunque che il socio abbia subito un pregiudizio economico diretto, e non indirettamente derivante da una mancata percezione di utili, facenti parte del patrimonio sociale, o da una diminuzione del valore della quota.
Diversamente, è stata invece accolta la domanda di accertamento della legittimità del recesso sul presupposto che l’art. 2473 c.c. prevede che “l’atto costitutivo determina quando il socio può recedere dalla società e le relative modalità. In ogni caso il diritto di recesso compete ai soci che non hanno consentito al cambiamento dell’oggetto o del tipo di società” e tale norma deve essere interpretata nel senso che il mutamento dell’oggetto sociale, idoneo a legittimare il recesso, può verificarsi sia in termini formali, con l’assunzione di una delibera all’uopo adottata dall’assemblea, sia in via di fatto, in concomitanza con atti gestori che, pur non incidendo sul dato formale indicato nello statuto, ne comportano una modifica sostanziale.
In generale, la giurisprudenza afferma che il cambiamento rilevante dell’oggetto sociale è quello in cui la mutatio si traduca una attività sensibilmente difforme da quella precedentemente esercitata, poiché solo tali cambiamento è idoneo a modificare l’alea connessa all’esercizio dell’impresa e la convenienza dell’investimento: non vengono, pertanto, in rilievo mutamenti solo lessicali o formali dell’oggetto sociale, ma un ampliamento o una restrizione di quest’ultimo che possano determinare un cambiamento significativo dell’attività sociale (cfr. Trib. Roma, Tribunale Roma, 08 Luglio 2016).
Più in particolare, il Tribunale delle Imprese di Roma aveva già osservato che “la cessione d’azienda, trasformando l’attività dell’impresa cedente da produttiva a finanziaria, rientra tra gli atti che certamente modificano l’oggetto sociale stabilito nell’atto costitutivo e modificano in maniera rilevante i diritti dei soci” (Tribunale Roma Sez. spec. Impresa, 03/08/2018).
Applicando tale principio al caso in esame il Tribunale ha quindi accolto la domanda attorea evidenziando che, a seguito dell’operazione contestata dall’attrice, la holding aveva ceduto l’unico asset di proprietà della società, costituito dal 100% del capitale sociale della S.p.A. operativa – a propria volta socia totalitaria di diverse altre società operative – conservando unicamente il patrimonio immobiliare di cui era proprietaria.
All’esito di tale operazione, la holding era dunque passata dall’essere una società controllante un numero elevato di società operative, all’essere una società deputata alla mera gestione di un patrimonio immobiliare, potenzialmente produttivo solo di redditi da locazione a terzi.
Trattandosi, quindi, di una modifica sostanziale dell’oggetto sociale, il recesso della società attrice è stato ritenuto legittimo, con conseguente riconoscimento in capo a quest’ultima del diritto alla liquidazione della quota sociale, per la cui quantificazione la causa è stata riammessa sul ruolo per acquisire una CTU di natura tecnico-contabile.
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