Il minore non vuole stare con la madre: revocato il collocamento paritario presso i genitori
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, ordinanza del 06/02/2024, n. 3372
Affidamento e collocamento – ascolto del minore
(artt. 315 bis, 337 ter, 337 octies c.c.)
L’indisponibilità di un minore ad una regolare frequentazione con un genitore non può essere ignorata. Il giudice deve tenere in debito conto le opinioni del minore destinatario del provvedimento di affidamento, e se ne può discostare solo quando non corrisponda al suo superiore interesse.
Il diritto alla bigenitorialità deve ritenersi pienamente rispettato dal provvedimento del giudice che, preso atto della volontà del minore, abbia come scopo la graduale ripresa della frequentazione con la madre e si proponga di creare i presupposti per la ripresa e il mantenimento dei rapporti.
CASO
In seguito alla domanda di modifica di un provvedimento esistente, il tribunale di Avellino ha disposto l’affidamento del minore in maniera condivisa tra i genitori con collocamento alternato paritario presso l’uno e l’altro genitore a settimane alterne.
La Corte d’appello, su reclamo del padre e dopo aver incaricato un CTU di valutare la situazione, ha confermato l’affidamento condiviso del bambino ai genitori, ma con collocazione presso l’abitazione del padre. Contestualmente veniva incaricato il servizio sociale di predisporre un programma mirato alla ripresa e al mantenimento dei rapporti fra il minore e la madre, attraverso incontri protetti con cadenza settimanale.
Il padre aveva dedotto, infatti, che il figlio sarebbe stato in difficoltà per i continui spostamenti da una casa all’altra e che comunque la soluzione ordinata dal primo giudice era contraria alla volontà del bambino di vivere col padre.
All’esito degli accertamenti istruttori, era emerso che il padre era un genitore idoneo e che il minore aveva manifestato, in sede di ascolto con il giudice, l’esigenza di rimanere a vivere con il padre ed il nonno paterno, per lui indispensabili punti di riferimento sotto il profilo affettivo ed accuditivo.
La madre ricorre in Cassazione ritenendo esistente un condizionamento sul figlio da parte del padre e della sua famiglia, e sostenendo che il provvedimento non abbia tenuto conto delle dinamiche esistenti nell’ambito familiare, che di fatto le impedivano di esercitare il proprio ruolo, privando il minore del diritto alla bigenitorialità in assenza di un suo reale pregiudizio.
Infine, i giudici non avrebbero valutato se la volontà espressa dal bambino e i desideri manifestati corrispondessero davvero al suo interesse.
SOLUZIONE DELLA CASSAZIONE
La rilevanza dell’opinione del minore.
Nessuna illogicità o contraddittorietà di motivazione, può essere attribuita al provvedimento della Corte d’Appello, che spiega, come l’indisponibilità di un minore a riprendere una regolare frequentazione con il genitore non possa essere ignorata.
Le norme codicistiche in tema di ascolto (artt. 315-bis comma 3, 336-bis e 337-octies cod. civ.) attuano quanto previsto dalla Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei minori adottata a Strasburgo nel 1996, secondo cui, nei procedimenti che riguardano un minore, l’autorità giudiziaria deve, quando il minore abbia una capacità di discernimento sufficiente, permettere allo stesso di esprimere la propria opinione.
La norma convenzionale stabilisce che a questo obbligo consegua il dovere, per il giudice, di “tenere in debito conto l’opinione da lui espressa”.
Con l’espressione “in debito conto” si intende che il giudice deve considerare l’opinione del minore con tutta l’attenzione che merita, dato che proviene dalla persona su cui si rifletteranno gli effetti della decisione.
Ciò non vuol dire recepire automaticamente la sua volontà senza nessuna analisi critica, poiché rimane sempre affidata al giudice – non al minore – l’individuazione del suo superiore interesse.
L’opinione del minore conta in relazione all’età.
Il nuovo art. 473-bis. 4 cod. proc. civ. introdotto con la Riforma Cartabia, in tema di ascolto del figlio minore dispone che “le opinioni del minore devono essere tenute in considerazione avuto riguardo alla sua età e al suo grado di maturità”.
Pertanto, il giudicante è tenuto ad ascoltare il minore, se lo stesso abbia una sufficiente maturità, e a prendere una decisione nel suo interesse superiore, ma non a seguire pedissequamente il suo volere, che comunque deve essere tenuto “in debito conto”.
La giurisprudenza della Cassazione ha già avuto modo di chiarire che la disposizione dell’art. 315-bis comma 3 cod. civ. impone non solo l’ascolto del minore, ma anche una valorizzazione attuale e sostanziale del suo punto di vista ai fini della decisione che lo riguarda.
La conseguenza è che se il giudice intende discostarsi dalle dichiarazioni di volontà che emergono dall’ascolto del figlio minore, deve eseguire una rigorosa verifica della contrarietà dei suoi desideri e delle sue necessità al suo interesse, dandone adeguata motivazione, tanto più necessaria quando il minore sia vicino alla maggiore età (Cass. Civ. n. 12957/2018 e Cass. Civ. n. 23804/2021).
Infine, sempre in relazione all’età dei figli minori, si segnala che deve essere verificata l’attualità della volontà espressa, perché il fattore tempo in fase di crescita è rilevante. L’audizione va quindi ripetuta in caso di appello del provvedimento (Cass. Civ. n. 6503/2023).
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