27 Giugno 2017

Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Corte di Giustizia UE, Decima Sezione, 6 aprile 2017, C-336/15

Politica sociale – Direttiva n. 2001/23/CE – Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese – Contratto collettivo del cedente e del cessionario

 MASSIMA

L’art. 3 della Direttiva n. 2001/23/CE del Consiglio del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti, dev’essere interpretato nel senso che, il datore di lavoro ceduto può, dopo un anno, stabilire, in sede di stipula di un nuovo contratto collettivo, condizioni meno favorevoli per i lavori ceduti, ma se non lo fa, mantiene gli obblighi precedenti nei loro confronti come derivanti dal contratto collettivo cedente.

 COMMENTO

Il caso concreto verteva sul riconoscimento di un determinato periodo di preavviso a seconda dell’anzianità di servizio del lavoratore ceduto. A parere della Società cessionaria, i lavoratori ceduti non avevano maturato l’anzianità necessaria, mentre per Controparte doveva tenersi conto anche dell’anzianità acquisita presso i cedenti. Il Giudice nazionale sottoponeva quindi alla Corte europea la questione pregiudiziale se fosse compatibile con la Direttiva n. 2001/23, il fatto che, ad oltre un anno dal trasferimento di uno stabilimento e con riguardo alla clausola contenuta nel CCNL applicabile nei confronti del cessionario, la quale subordini il beneficio della proroga del termine di preavviso in caso di licenziamento al possesso di una determinata anzianità di servizio ininterrotta presso un solo ed unico datore di lavoro, il cessionario medesimo non tenga conto dell’anzianità, maturata presso il cedente dai lavoratori trasferiti, laddove, in base al contratto collettivo vigente nei confronti del cedente stesso, contenente identica clausola, i lavoratori avrebbero avuto diritto a che l’anzianità ivi matura venisse presa in considerazione. Viene dunque in rilievo la Direttiva in materia di trasferimenti di imprese, stabilimenti o parti di essi a un nuovo imprenditore in seguito a cessione contrattuale o a fusione. L’art. 3 di tale Direttiva dispone che i diritti e gli obblighi che risultano per il cedente da un contratto di lavoro o da un rapporto di lavoro esistente alla data del trasferimento sono, in conseguenza del trasferimento, trasferiti al cessionario; dopo il trasferimento il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo. La norma dà facoltà agli Stati membri di limitare il periodo di mantenimento di dette condizioni, purché sia di almeno un anno. La normativa svedese prevedeva l’obbligo per il cessionario di applicare, per un periodo di un anno a decorrere dal trasferimento, le condizioni di lavoro previste dal contratto collettivo applicabile al cedente, sino alla scadenza del contratto collettivo stesso o sino all’applicazione di un nuovo contratto collettivo anche per i lavoratori trasferiti. Premesso che la Direttiva ricerca un equilibrio tra i diritti dei lavoratori, che non possono essere penalizzati per il solo trasferimento, e le esigenze del cessionario, che deve comunque essere in grado di procedere ai necessari cambiamenti per continuare la sua attività, la Corte ricorda che l’anzianità maturata presso il cedente non costituisce di per sé un diritto di cui i lavoratori possano avvalersi nei confronti del cessionario, ma che può comunque servire a determinare alcuni diritti pecuniari. Passando al caso di specie, la Corte osserva che la Società cessionaria ha sì rispettato il limite dell’anno dal trasferimento, ma che alla scadenza di tale periodo il contratto collettivo applicabile ai lavoratori trasferiti a decorrere dalla data del trasferimento non è stato né risolto né rinegozionato, né tantomeno esso è scaduto o sostituito. Di conseguenza, considerato che, dopo la scadenza del termine di un anno, il cessionario non ha proceduto ad alcun adeguamento delle condizioni di lavoro e i termini del contratto collettivo vigente nei confronti del cedente sono formulati in modo identico a quelli del contratto collettivo vigente nei confronti del cessionario, i lavoratori non possono vedersi imporre condizioni meno favorevoli di quelle sussistenti anteriormente al trasferimento. In conclusione, in risposta alla domanda di pronuncia pregiudiziale, secondo i Giudici europei il cessionario deve includere, all’atto del licenziamento di un lavoratore ad oltre un anno dal trasferimento dell’impresa, nel calcolo dell’anzianità del lavoratore rilevante ai fini della determinazione del preavviso al medesimo spettante, l’anzianità da questi acquisita presso il cedente.

Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”