Il mancato versamento dell’IVA non comporta la decadenza dall’aggiudicazione ex art. 587 c.p.c.
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. III, 18 maggio 2022, n. 15912 – Pres. De Stefano – Rel. Saija
Massima: “In tema di espropriazione immobiliare, qualora la vendita sia soggetta a IVA, il mancato pagamento dell’imposta, da parte dell’aggiudicatario che abbia versato il prezzo entro il termine previsto, non ne determina la decadenza ex art. 587 c.p.c., in quanto l’IVA non può considerarsi parte integrante del prezzo, attenendo alla tassazione del trasferimento immobiliare”.
CASO
Avvenuta l’aggiudicazione dell’immobile pignorato, la debitrice esecutata chiedeva al giudice dell’esecuzione di sospendere la vendita ai sensi dell’art. 586 c.p.c., lamentando che il prezzo non fosse giusto, in quanto largamente inferiore al valore di mercato del cespite e a quello indicato nella perizia di stima.
Avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza, la debitrice esecutata proponeva opposizione agli atti esecutivi, che veniva respinta, in quanto il prezzo di aggiudicazione (corrispondente al prezzo base fissato per il tentativo di vendita esperito, ridotto di un quarto) era la risultante della serie di ribassi legittimamente disposti dal delegato, in assenza di qualsivoglia elemento fuorviante o perturbatore; anche le ulteriori censure sollevate dall’opponente venivano respinte, escludendosi, in particolare, che il mancato versamento dell’IVA nel termine previsto per il saldo prezzo avesse comportato la decadenza dell’aggiudicatario ai sensi dell’art. 587 c.p.c.
La sentenza così emessa era gravata con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha disatteso tutti i motivi di doglianza formulati dall’esecutata ed escluso, in particolare, che il mancato pagamento dell’IVA da parte dell’aggiudicatario nel termine fissato per il saldo prezzo ne avesse comportato la decadenza ai sensi dell’art. 587 c.p.c., dal momento che l’imposta attiene soltanto alla tassazione del trasferimento immobiliare.
QUESTIONI
[1] In una fattispecie in cui la debitrice esecutata aveva contestato la validità dell’aggiudicazione principalmente perché, a suo dire, il prezzo era manifestamente iniquo (sussistendo una sua rilevante differenza rispetto al valore risultante dalla stima effettuata ai sensi dell’art. 568 c.p.c.), ma anche perché l’aggiudicatario non aveva tempestivamente versato, oltre al saldo prezzo, anche l’IVA dovuta in relazione al trasferimento, la Corte di cassazione, nel respingere pure questa doglianza, coglie l’occasione per svolgere importanti precisazioni in merito agli adempimenti di carattere fiscale che caratterizzano la vendita forzata.
Ne scaturisce un prontuario che funge da guida per gli ausiliari del giudice dell’esecuzione (soprattutto per i professionisti delegati), che vedono così delineati gli incombenti ai quali debbono dare corso nello svolgimento delle operazioni loro demandate.
In particolare, i giudici di legittimità hanno affermato a chiare lettere che, per rendere trasparente ed efficiente la gestione del processo esecutivo e dell’intero sistema delle vendite forzate, è oltremodo opportuno che, prima della pubblicazione dell’avviso di vendita, venga individuato il regime fiscale cui risulterà assoggettato il trasferimento immobiliare, anche al fine di darne compiuta informazione ai potenziali offerenti, senza dubbio interessati a conoscere anticipatamente (o, perlomeno, a stimare in linea di massima) quale sarà l’entità delle imposte da versare in caso di aggiudicazione del bene: non è infrequente, infatti, che l’incidenza delle tasse che si sommano al prezzo da pagare influisca in maniera tutt’altro che irrilevante sulla convenienza economica dell’operazione.
Nell’ordinanza che si annota, dunque, viene affermato che il professionista delegato è tenuto ad attivarsi tempestivamente, se del caso previo interpello rivolto alla competente direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, al fine di precisare, nell’avviso di vendita, il regime fiscale cui quest’ultima risulterà sottoposta.
In questo senso, sarà sempre il delegato, nel caso in cui si ricada nell’ambito di previsione dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter), d.P.R. 633/1972 (che – al di fuori dei casi nei quali la cessione di fabbricati venga effettuata dall’impresa che ha costruito o ristrutturato l’immobile nei cinque anni successivi e risulti così senz’altro assoggettata a IVA – consente al cedente di optare comunque per l’imponibilità dell’operazione, che ne sarebbe altrimenti esente), a dovere interpellare preventivamente il debitore esecutato, affinché questi effettui la propria scelta, assegnandogli un termine (di norma coincidente con quello previsto per il versamento del saldo prezzo) per comunicare la propria determinazione; fermo restando che, in caso di mancata collaborazione da parte sua, il trasferimento sarà da intendersi soggetto alla regola generale dell’esenzione dall’IVA. L’esperto stimatore, dal canto suo, dovrà evidenziare, nella perizia di cui all’art. 173 disp. att. c.p.c., se l’immobile sia stato costruito o ristrutturato dall’esecutato, in vista di una sua possibile cessione (seppure forzosa) che avvenga nel periodo (infraquinquennale) considerato dal menzionato art. 10, comma 1, n. 8-ter), d.P.R. 633/1972.
Quand’anche tale attività preventiva sia mancata, non è comunque ipotizzabile che l’aggiudicatario del bene possa versare in una condizione d’incertezza circa il regime fiscale della vendita: tant’è vero che, secondo la prassi in uso presso gli uffici giudiziari, il professionista delegato, a fronte dell’aggiudicazione provvisoria, deve non solo comunicare i dati necessari per il versamento del saldo prezzo, ma pure effettuare una liquidazione preventiva (soggetta a eventuale rettifica da parte dell’amministrazione finanziaria) delle imposte da versare, se del caso previa interlocuzione informale con l’Agenzia delle Entrate.
Sempre in base alla prassi, secondo quanto affermato nella risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 62/E/2006, è il professionista delegato, in caso di vendita soggetta a IVA, a dover emettere la fattura in nome e per conto dell’esecutato e a versare la relativa imposta, a prescindere dal fatto che lo stesso dichiari che si farà direttamente carico dell’evasione di tali adempimenti.
Da questo punto di vista, i giudici di legittimità hanno precisato che, ove il trasferimento sia soggetto a IVA (e, ai sensi dell’art. 40 d.P.R. 131/1986, a imposta di registro in misura fissa), l’imposta diviene esigibile non già con l’emissione del decreto di trasferimento, ma con il versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario, giacché, in deroga alla regola generale dettata dall’art. 6, comma 1, d.P.R. 633/1972, nelle cessioni di beni per atto della pubblica autorità, l’operazione si considera effettuata all’atto del pagamento del corrispettivo, sorgendo in questo momento il conseguente obbligo di fatturazione ai sensi dell’art. 21 d.P.R. 633/1972: di conseguenza, la fattura andrà emessa prima del decreto di trasferimento (fatta salva l’ipotesi considerata dall’art. 585, comma 3, c.p.c.) e vi andrà indicato esattamente il relativo regime, compresa l’aliquota applicabile, qualora non si tratti di operazione esente, con trasmissione della relativa documentazione al giudice dell’esecuzione, onde consentirgli di inserire le necessarie indicazioni nel decreto di trasferimento.
Ciò che, in ogni caso, la Corte di cassazione ha escluso è che la valutazione circa il regime fiscale della vendita e la liquidazione del dovuto competano al giudice dell’esecuzione.
Trattandosi di aspetti rimessi alle determinazioni dell’amministrazione finanziaria, l’aggiudicatario che non condivida la disposta tassazione potrà agire dinanzi al giudice dotato della relativa giurisdizione, vale a dire quello tributario, se del caso proponendo previamente (ossia prima dell’emissione e della conseguente registrazione del decreto di trasferimento) interpello.
Nel caso di specie, il giudice di merito, disattendendo tale impostazione, aveva addotto a giustificazione del rigetto dell’opposizione agli atti esecutivi proposta dall’esecutata una serie di considerazioni di carattere squisitamente tributario (che, per quanto appena detto, risultavano del tutto ultronee), peraltro cadendo in contraddizione.
Infatti, il trasferimento immobiliare avvenuto in sede di espropriazione forzata era stato qualificato come esente da IVA, ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-ter), d.P.R. 633/1972, in quanto soggetto al meccanismo dell’inversione contabile di cui all’art. 17, commi 5 e 6, d.P.R. 633/1972.
Il che, evidentemente, non può essere, giacché o l’operazione è esente da IVA, oppure, se soggetta al regime dell’inversione contabile, è da considerare per forza di cose imponibile, così solo giustificandosi la sostituzione del cessionario al cedente quale debitore d’imposta: in base al regime derogatorio del reverse charge, infatti, alcuni adempimenti solitamente gravanti sul cedente (che, di norma, è il soggetto passivo d’imposta, a termini dell’art. 17 d.P.R. 633/1972) gravano, invece, sul cessionario (il quale, oltre all’emissione della cosiddetta autofattura, con connessa registrazione nel registro dei corrispettivi e in quello degli acquisti, deve provvedere al pagamento dell’imposta all’erario).
Tale meccanismo, anziché determinare la natura non imponibile dell’operazione, presuppone, al contrario, che il pagamento dell’IVA sia dovuto, sebbene non sia tenuto a procedervi – come di norma accade – il cedente (ossia, nel caso di specie, l’esecutato), dopo che l’imposta gli è stata versata dal cessionario (ossia, nel caso di specie, l’aggiudicatario), bensì direttamente quest’ultimo.
A ogni buon conto, è da escludersi che il mancato versamento dell’IVA entro il termine fissato per il saldo del prezzo di aggiudicazione (che, secondo Cass. civ., Sez. III, 18 giugno 2022, n. 18421, non è soggetto alla sospensione feriale, in quanto, pur innestandosi in una sequenza procedimentale, non ha natura processuale ma sostanziale, attenendo all’adempimento di un’obbligazione relativa a una vicenda traslativa che riguarda un soggetto – l’aggiudicatario – terzo ed estraneo rispetto al processo esecutivo) sia causa di decadenza dall’aggiudicazione ex art. 587 c.p.c., in quanto l’IVA non va considerata parte integrante del prezzo, ma attiene al diverso profilo della tassazione del trasferimento immobiliare.
Va segnalato, infine, che, nella stessa pronuncia, la Corte di cassazione ha affermato che:
- con la pubblicità straordinaria prevista dall’art. 490, comma 3, c.p.c. non devono necessariamente essere forniti tutti gli elementi di dettaglio del bene posto in vendita prescritti per l’avviso di vendita dall’art. 173-quater att. c.p.c., ben potendo adottarsi un taglio di natura commerciale e di sintesi, rilevando soltanto che la pubblicazione sia effettuata secondo quanto disposto dal giudice dell’esecuzione e che, a seguito di essa, ciascun potenziale offerente sia messo in grado di approfondire quanto di suo interesse, mediante l’acquisizione di ogni più opportuna informazione presso il custode giudiziario (di cui dev’essere pubblicato il numero di telefono), la visita dell’immobile o la lettura della relazione di stima;
- ai sensi dell’art. 571 c.p.c., ognuno – tranne il debitore – è ammesso a presentare offerte d’acquisto, ivi compreso il creditore pignorante o intervenuto, costituendo l’assegnazione di cui agli artt. 505 e 590 c.p.c. una facoltà e non certo un obbligo per il creditore stesso, sicché, vista la portata generale e onnicomprensiva dell’art. 571 c.p.c., nulla vieta che egli preferisca partecipare alla vendita, anziché presentare istanza di assegnazione, fermo restando che, in simile evenienza, diverrà aggiudicatario in quanto la sua offerta risulti migliore rispetto a quelle proposte dagli altri partecipanti.
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