15 Febbraio 2022

Il mancato raggiungimento delle soglie di fallibilità può essere dimostrato anche con documenti diversi dai bilanci

di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Parma, 29 novembre 2021, Pres. Ioffredi, Est. Vernizzi

Parole chiave Fallimento – Istanza di fallimento – Soglie di fallibilità – Prova del mancato raggiungimento – Mancata produzione dei bilanci – Ammissibilità di prove alternative

Massima:Il mancato raggiungimento delle soglie di fallibilità previste dall’art. 1 comma 2 l.fall. può essere provato non solo con la produzione dei bilanci dell’imprenditore, cui non va riconosciuto valore di prova legale, ma anche con qualsiasi altro documento che dimostri il mancato raggiungimento”.

Disposizioni applicate

Art. 1 l. fall. (imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo), art. 15 l.fall. (procedimento per la dichiarazione di fallimento)

CASO

Un’impresa gestisce un’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande. Avvalendosi della contabilità semplificata, non è assoggettata all’obbligo di deposito dei bilanci. L’impresa non ha saldato tutti i propri debiti e un creditore presenta domanda di fallimento. Il Tribunale di Parma deve valutare se sussistono i presupposti per la dichiarazione di fallimento, in particolare con riferimento alle soglie di fallibilità. L’impresa non può produrre i bilanci, che non predispone, ma produce tre annualità di conto economico nonché tre annualità di dichiarazioni dei redditi.

SOLUZIONE

Il Tribunale di Parma, sulla base della documentazione prodotta (conti economici e dichiarazioni dei redditi), accerta che non sono state superate le soglie di fallibilità e rigetta dunque il ricorso del creditore volto a ottenere la dichiarazione di fallimento. L’impresa non ha prodotto i bilanci, ma ha prodotto documentazione alternativa dalla quale emerge comunque che non ha superato le soglie di fallibilità.

QUESTIONI

L’art. 1 comma 2 l.fall. prevede che non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento gli imprenditori i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti: “a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento … un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila; b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento … ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila; c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti superiore ad euro cinquecentomila”. La logica di questa previsione è quella di escludere dalle procedure fallimentari le imprese particolarmente piccole (poco attivo e pochi ricavi) e con pochi debiti: la scarsa rilevanza economica non giustifica l’apertura e la conduzione di un’intera procedura fallimentare.

Il problema è che, qualche volta, si discute in sede prefallimentare se le soglie previste dalla legge siano stato o meno superate. La regola di fondo è che la prova spetta al debitore: se l’imprenditore non riesce a dimostrare di essere sotto-soglia, il Tribunale procede alla dichiarazione di fallimento.

Come può l’imprenditore dimostrare di non avere raggiunto le soglie che fanno scattare la dichiarazione di fallimento? A fronte di un’istanza di fallimento, il Tribunale apre un procedimento finalizzato a valutare se esistano i presupposti per la dichiarazione di fallimento. Nell’ambito di questa istruttoria prefallimentare, la legge prevede che “il Tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata” (art. 15 comma 4 l.fall.). Di norma, dunque, il tribunale ha a disposizione i bilanci, letti i quali può accertare se le soglie siano state o meno superate.

Si possono peraltro verificare dei casi in cui i bilanci non vengono prodotti, che è esattamente quanto successo nel caso affrontato dal Tribunale di Parma in commento. La mancata produzione era dovuta al fatto che i bilanci non erano stati predisposti, trattandosi di piccola impresa assoggettata a contabilità semplificata. Il giudice parmense, confermando la giurisprudenza maggioritaria, afferma che i bilanci non sono l’unica modalità di provare il mancato raggiungimento delle soglie: qualsiasi altro documento può essere usato a questo scopo.

Fra l’altro, i bilanci hanno cadenza annuale e l’art. 15 comma 4 l.fall. – facendo riferimento testuale ai “bilanci relativi agli ultimi tre esercizi” – indica che i bilanci da prodursi siano quelli relativi a esercizi già definitivamente chiusi. La Corte di Cassazione (n. 21188 del 23 luglio 2021) ha però chiarito che può essere usato qualsiasi documento, anche diverso dai bilanci, e che semmai devono prevalere dati recenti (relativi agli ultimi mesi immediatamente precedenti l’istanza di fallimento), piuttosto che i bilanci che si riferiscono a esercizi ormai chiusi, e dunque a un dato storico, che potrebbe non essere più attuale.

La Corte di Appello di Torino (12 agosto 2020, in lexced.com) ha affrontato il caso di un imprenditore il quale non aveva depositato uno dei tre bilanci richiesti dalla legge. Non vennero depositati nemmeno la situazione patrimoniale e le scritture contabili. Per di più emerse che i bilanci prodotti non riportavano i debiti verso l’erario. Complessivamente il giudice torinese ritiene che non sia stata fornita la prova di essere sotto soglia e rigetta il reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento, confermando dunque l’apertura della procedura concorsuale. Si tratta tuttavia di un caso diverso da quello esaminato dal Tribunale di Parma, in quanto nella fattispecie di Torino le lacune documentali erano più gravi.

L’orientamento della Corte di Cassazione è quello di consentire all’imprenditore la prova del mancato raggiungimento delle soglie con qualsiasi mezzo. In senso conforme al decreto del Tribunale di Parma in commento si può menzionare l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 10509 del 15 aprile 2019. Una S.r.l. viene dichiarata fallita e presenta reclamo presso la Corte di Appello di Milano contro la dichiarazione di fallimento. Né in primo grado né in secondo grado viene depositato il bilancio dell’anno 2014. La Corte di Appello di Milano, severamente, conclude nel senso che l’imprenditore non abbia soddisfatto i propri obblighi di produzione documentale e non abbia dunque fornito la prova di essere sotto soglia, confermando così la sentenza dichiarativa di fallimento. La questione giunge infine davanti alla Corte di Cassazione, la quale si mostra più flessibile. La Cassazione osserva che, seppur vero che uno degli ultimi tre bilanci non era stato prodotto, il bilancio dell’anno 2015 riepilogava il bilancio mancante dell’anno 2014. Inoltre la Corte di appello di Milano non aveva attribuito il giusto peso alle dichiarazioni del curatore, che era stato sentito e aveva confermato che non erano state raggiunte le soglie per la dichiarazione di fallimento. La Corte di Cassazione stabilisce che i giudici avrebbero dovuto verificare la contabilità dell’anno 2014 per comprendere se effettivamente erano state superate le soglie di fallibilità, cassa la sentenza e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, per una nuova decisione al riguardo.

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