21 Gennaio 2025

Mancato perfezionamento di deposito telematico e rimessione in termini

di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDF

Cass., sez. I, 3 gennaio 2025, n. 69, Pres. Abete, Est. Dongiacomo

[1] Atti processuali – Termini – Improrogabilità dei termini – Rimessione in termini.

Massima: “La concreta applicazione dell’istituto della rimessione in termini presuppone l’espletamento di due necessarie verifiche: la prima attiene all’effettiva presenza di un fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte istante, alla stessa non imputabile e dalla stessa non determinato di carattere assoluto e non relativo. La seconda attiene all’immediatezza della reazione, da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del “fatto ostativo”, e cioè come prontezza dell’attivarsi per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare, avendo, altresì, riguardo, ove si tratti del deposito telematico di un atto processuale, alla necessità di svolgere accertamenti e verifiche sul punto presso la cancelleria.”

CASO

[1] Una s.a.s. istante per l’ammissione al passivo in una procedura fallimentare presentava opposizione allo stato passivo contro il decreto pronunciato dal giudice delegato, con contestuale istanza di rimessione in termini.

In particolare, la s.a.s. opponente, successivamente alla comunicazione di esecutività dello stato passivo ex art. 97 l.fall., avvenuta il 9/4/2018, aveva dedotto di aver provveduto al deposito telematico dell’opposizione, ai fini della sua iscrizione a ruolo, già in data 9/5/2018; nei primi mesi del 2021 si avvedeva, però, del mancato perfezionamento dell’iscrizione a ruolo da parte della cancelleria; tuttavia, poiché il rifiuto dell’iscrizione a ruolo del ricorso non poteva esserle imputato, la s.a.s. presentava la predetta istanza di rimessione in termini ex art. 153, 2°co., c.p.c., chiedendo di riconoscere come valido ed efficace il deposito già effettuato.

Si costituiva in giudizio il fallimento chiedendo il rigetto sia dell’istanza di rimessione in termini, per essere stata presentata dopo oltre tre anni la scadenza del termine, sia, per motivi di merito, dell’opposizione allo stato passivo proposta.

L’adito Tribunale, con riguardo all’istanza di rimessione in termini proposta, rilevava che a norma dell’art. 285 del D.P.R. n. 115/2002, il rifiuto da parte del cancelliere degli atti non fiscalmente in regola potesse trovare applicazione soltanto per il deposito cartaceo degli atti introduttivi e dovesse invece escludersi per le ipotesi sopravvenute di introduzione del processo con modalità telematiche, per le quali, piuttosto, deve trovare applicazione l’art. 16-bis, 7°co., del d.l. n. 170/2012, conv. con l. n. 221/2012, secondo cui «il deposito con modalità telematiche si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia»; conseguentemente, dal momento in cui viene generata tale ricevuta di avvenuta consegna, essendosi perfezionato il deposito, non residua alcuno spazio per un rifiuto di ricezione degli atti per irregolarità fiscale degli stessi da parte del cancelliere; nel caso di specie, l’opponente aveva prodotto la ricevuta di avvenuta consegna del ricorso in opposizione allo stato passivo, generata in data 9/5/2018, e, quindi, entro il termine previsto dall’art. 99, 1°co., l.fall.; il ricorso, presentato per l’iscrizione a ruolo in data 9/5/2018 e correttamente depositato alla luce della richiamata ricevuta di avvenuta consegna, doveva dunque ritenersi sin dall’origine tempestivo.

Secondo il Tribunale, in definitiva, non vi era alcuna necessità di delibare l’istanza di rimessione in termini proposta dall’opponente perché, in realtà, nessuna decadenza risultava essere maturata rispetto all’originaria iscrizione a ruolo del ricorso; nel merito, accoglieva parzialmente l’opposizione proposta.

Contro tale decreto il Fallimento ha proposto ricorso per cassazione censurando, per quanto di interesse ai fini del presente commento:

  • nullità del procedimento ex 360, n. 4), c.p.c., e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 16-bis del d.l. n. 179/2012 e degli artt. 99 l.fall., 153, 2°co., c.p.c. e 294, 2° e 3°co., c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3) c.p.c. In particolare, il decreto impugnato veniva censurato nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto di non dover delibare l’istanza di rimessione in termini proposta dall’opponente sul rilievo che, rispetto all’originaria iscrizione a ruolo del ricorso, non era maturata alcuna decadenza, omettendo, tuttavia, di considerare che, a fronte del rifiuto del primo tentativo di deposito del 10/5/2018, il ricorso in opposizione era stato depositato solo in data 19/5/2021 e, quindi, più di tre anni dopo l’effettivo termine di scadenza del 9/5/2018. Secondo il ricorrente, infatti, il meccanismo del deposito di un atto giudiziario tramite PCT sarebbe un procedimento a formazione progressiva nel quale la seconda PEC (c.d. ricevuta di consegna) attesta che l’invio è intervenuto con la consegna nella casella di posta dell’ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito, che si considera perfezionato in tale momento, a condizione, però, che, con l’ultima PEC, il deposito sia stato poi accettato dalla cancelleria, che consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC. Nel caso in esame, il fatto che il deposito sia stato rifiutato dal cancelliere (a prescindere dal fatto che questi sia incorso o meno in errore nel rifiutare l’atto) avrebbe, pertanto, comportato che il deposito in data 9/5/2018 del ricorso proposto dall’opponente non si sia perfezionato. Inoltre, secondo il ricorrente il Tribunale non avrebbe rilevato che, ai fini della rimessione in termini, la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini solo a condizione che la stessa abbia azionato il rimedio non appena acquisita la consapevolezza di aver violato il termine; nel caso di specie, l’opponente avrebbe invece depositato l’istanza di rimessione in termini solo in data 19/5/2021, ovvero ben tre anni dopo il rifiuto del primo deposito, avvenuto (e conosciuto) in data 10/5/2018;
  • in subordine, nullità del procedimento ex 360, n. 4), c.p.c. per violazione degli artt. 112, 153, 2°co., e 294, 2° e 3°co., c.p.c., per avere il Tribunale ha erroneamente omesso di pronunciarsi sull’eccezione formulata dall’opposto di tardività dell’istanza di rimessione in termini formulata dall’opponente.

SOLUZIONE

[1] La Suprema Corte ha trattato unitariamente tali motivi di ricorso, dichiarandoli fondati.

Nella motivazione del provvedimento la Cassazione ricorda il proprio orientamento secondo cui se è vero che “il perfezionamento [del deposito di un atto giudiziario tramite PCT] va cronologicamente fissato al momento della seconda PEC [di ricevuta di consegna], come stabilisce l’art. 16-bis”, è, tuttavia, “altrettanto vero che detto perfezionamento è subordinato all’esito positivo dei successivi controlli”, automatici e manuali, della cancelleria (Cass. n. 27654 del 2022), e cioè, in definitiva, all’accettazione da parte della stessa (Cass. n. 28982 del 2019), “la cui prova è data dal messaggio PEC contenente l’esito dell’intervento di accettazione da parte della cancelleria (c.d. quarta PEC)” (Cass., sez. un., n. 28403 del 2023).

Ne consegue che, in caso di esito negativo del procedimento di deposito dell’atto (e cioè quando non risulti che il deposito abbia superato i controlli automatici e manuali) e, dunque, di rifiuto (corretto o meno che sia) dell’atto da parte della cancelleria, la parte deve procedere alla sua rinnovazione, previa rimessione in termini a norma dell’art. 153, 2°co., c.p.c., ove possa ritenersi che questi siano decorsi incolpevolmente a causa dell’affidamento riposto nell’esito positivo del deposito (Cass. n. 17404 del 2020), a meno che la stessa parte abbia provveduto senza indugio ad un ulteriore deposito con esito positivo, rendendo così superflua la pronuncia sull’istanza di rimessione in termini da parte del giudice (Cass. n. 29357 del 2022; conf., più di recente, Cass. n. 19307 del 2023).

Con riguardo caso in esame, la società opponente, a fronte del deposito telematico riscontrato dalla “ricevuta di consegna” entro il termine per la proposizione dell’opposizione allo stato passivo, poteva maturare un legittimo affidamento sulla tempestività del gravame medesimo, a condizione, però, che le successive PEC (indipendentemente dal momento del loro generarsi, e quindi anche ove generate in un momento successivo alla scadenza del termine) dessero esito positivo. Viceversa, a fronte del mancato ricevimento della c.d. quarta PEC (in conseguenza del rifiuto della cancelleria), il profilo della tempestività del gravame è risultato travolto dalla irritualità del suo deposito, non potendosi considerare come tempestiva un’opposizione che, seppur in conseguenza di un rifiuto non consentito, sia stata sottratta all’esame sia dell’organo giurisdizionale sia della controparte opposta.

L’opponente, a fronte del mancato ricevimento della quarta PEC, aveva, dunque, due possibilità: reiterare la procedura di deposito telematico (che, ove effettuata con esito positivo, si sarebbe posta in continuità con la prima procedura di deposito ed avrebbe potuto quindi essere considerata tempestiva, dovendosi valorizzare non la data del secondo deposito telematico eseguito dopo il rifiuto della “busta”, ma la data della “ricevuta di consegna” del primo deposito (Cass., n. 6743 del 2021); oppure (in difetto di deposito con esito positivo) presentare un’istanza di rimessione in termini, che, peraltro, sarebbe ammissibile solo se presentata entro un lasso di tempo contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo, tenendo altresì conto della necessità di svolgere accertamenti e verifiche presso la cancelleria (Cass. n. 1348 del 2024).

Poiché dal decreto impugnato risulta che il deposito telematico del ricorso in opposizione allo stato passivo era stato rifiutato dalla cancelleria (e, dunque, non si era giuridicamente perfezionato), il Tribunale, a fronte della decadenza in cui l’opponente era incorsa (e della mancata rinnovazione del deposito stesso con esito positivo), non poteva, quindi, omettere di delibare l’istanza con la quale la stessa aveva chiesto la rimessione in termini e di verificarne, pertanto, la fondatezza.

Il ricorso è stato conseguentemente accolto e il decreto impugnato cassato con rinvio.

QUESTIONI

[1] La questione affrontata dalla Cassazione attiene alla possibilità di presentare un’istanza di rimessione in termini qualora il deposito telematico dell’atto (nel caso di specie, un’opposizione allo stato passivo) non si sia perfezionato.

La rimessione in termini, come noto, è disciplinata dall’art. 153, 2°co., c.p.c., a mente del quale «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini». Il giudice provvede a norma dell’art. 294, 2° e 3°co., c.p.c., dettato per il caso della contumacia della parte.

La rimessione in termini è istituto che, in ragione del suo essere attuazione dei “principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo”, ben può trovare applicazione non solo con riguardo alla decadenza dai poteri processuali interni al giudizio, ma anche a situazioni esterne al suo svolgimento, quale la decadenza dal diritto di proporre impugnazione (Cass. n. 4585 del 2020), come l’opposizione allo stato passivo (Cass. n. 22342 del 2021), e al relativo deposito telematico (Cass. n. 32296 del 2023).

La concreta applicazione dell’istituto della rimessione in termini presuppone, tuttavia, l’espletamento di due necessarie verifiche: a) la prima attiene all’effettiva presenza di un “fatto ostativo che risulti oggettivamente estraneo alla volontà della parte” istante, alla stessa non imputabile e dalla stessa non determinato (Cass. n. 11029 del 2023), “riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà”, e che si collochi, pertanto, del tutto al di fuori della sua sfera di controllo (Cass., sez. un., n. 4135 del 2019; Cass., sez. un., n. 27773 del 2020; Cass. n. 19384 del 2023; Cass. n. 25228 del 2023; Cass. n. 18435 del 2024); b) la seconda attiene all’“immediatezza della reazione”, da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del “fatto ostativo”, e cioè come prontezza dell’attivarsi, appunto, per superarlo o comunque per porre rimedio alla situazione che si è così venuta a determinare (Cass., sez. un., n. 4135 del 2019; Cass. n. 11029 del 2023; Cass. n. 22342 del 2021; Cass. n. 25289 del 2020; Cass. n. 32296 del 2023), avendo, altresì, riguardo, ove si tratti del deposito telematico di un atto processuale, alla necessità di svolgere accertamenti e verifiche sul punto presso la cancelleria (Cass. n. 1348 del 2024, che ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, che aveva ritenuto tardiva un’istanza di rimessione in termini presentata a distanza di soli undici giorni dalla definitiva verifica dell’esito negativo del tentativo di deposito).

Tale ultima precisazione ci riconduce al caso di specie in cui, come anticipato, la richiesta di rimessione in termini si ricollegava al mancato perfezionamento del deposito telematico dell’opposizione allo stato passivo proposta.

Sul punto, è utile ricordare come il meccanismo del deposito di un atto giudiziario tramite PCT generi quattro distinte PEC di ricevuta: 1) la prima (“ricevuta di accettazione”) attesta che l’invio è stato accettato dal sistema per l’inoltro all’ufficio destinatario; 2) la seconda (“ricevuta di consegna”), invece, attesta che l’invio è intervenuto con consegna nella casella di posta dell’ufficio destinatario e rileva ai fini della tempestività del deposito, che si considera perfezionato in tale momento, con effetto anticipato e provvisorio rispetto all’ultima PEC, e cioè subordinatamente al buon fine dell’intero procedimento di deposito (da riguardarsi, dunque, come fattispecie a formazione progressiva); 3) la terza PEC attesa l’esito controlli automatici del deposito; – la quarta PEC, infine, attesta l’esito del controllo manuale del cancelliere, a seguito della cui accettazione, e solo con essa, si consolida l’effetto provvisorio anticipato di cui alla seconda PEC (in tal senso, Cass. n. 28982 del 2019).

Ciò significa che, ai fini del deposito telematico di un atto processuale, è necessario distinguere, per ciò che riguarda la valenza delle ricevute PEC, tra gli aspetti che concernono la tempestività del deposito e gli aspetti che invece riguardano la definitiva regolarità dello stesso. “In caso di mancato completamento dell’iter del deposito telematico, e in particolare ove sia risultato negativo l’esito di una o di entrambe le ultime fasi della procedura, il deposito telematico, pur perfetto, non può dirsi – pertanto – efficace, poiché inidoneo al raggiungimento dello scopo” (così Cass. n. 19307 del 2023). In caso di deposito che generi unicamente le prime due PEC, la parte opponente potrà, di conseguenza, ritenere di aver rispettato eventuali termini di legge per il deposito medesimo ma è solo con le due PEC successive che potrà invece ritenere che il deposito sia definitivamente efficace e rituale; in assenza delle PEC successive alla seconda (e a maggior ragione nel caso in cui la terza o la quarta PEC diano esito non favorevole), la parte non potrà ritenersi per ciò solo decaduta dal deposito ma, a fronte del mancato perfezionarsi del medesimo, avrà l’onere di attivarsi quanto più tempestivamente possibile (considerata la possibilità di una sfasatura temporale nella generazione della terza e quarta PEC) per rimediare a tale mancato perfezionamento, procedendo ad un nuovo deposito (da ritenersi nei termini, stante il primo tentativo, e quindi dovendosi considerare il nuovo deposito come continuazione della precedente attività: Cass. n. 6743 del 2021) oppure alla tempestiva formulazione di una richiesta di rimessione in termini (Cass. n. 1348 del 2024).

Come rilevato dalla Suprema Corte, nel caso di specie entrambi tali attività sono mancate.

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