Mancata realizzazione dei lavori col superbonus e perdita di chance del committente
di Valerio Sangiovanni, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Pordenone, 25 ottobre 2023, Giudice Tonon
Parole chiave
Appalto – Superbonus – Mancata esecuzione dei lavori – Inadempimento – Perdita di chance – Risarcimento del danno
Massima: “Nel caso in cui i lavori di efficientamento energetico, nonostante la conclusione di un contratto di appalto, non vengano nemmeno iniziati per fatto imputabile all’appaltatore, questi deve risarcire il danno patito dai committenti, danno consistente nel risparmio fiscale che si sarebbe potuto ottenere in caso di diligente adempimento da parte dell’impresa appaltatrice rispetto ad altre alternative meno vantaggiose, ossia nella differenza di risparmio fiscale tra l’aliquota di bonus che si sarebbe potuta applicare in caso di tempestiva realizzazione dei lavori (110%) e la diversa e inferiore aliquota concretamente usufruibile”.
Disposizioni applicate
Art. 1655 c.c. (nozione), art. 1453 c.c. (risolubilità del contratto per inadempimento)
CASO
Una coppia, proprietaria di un immobile, intende sottoporre il medesimo a lavori di efficientamento energetico. Viene concluso con un’impresa edile un contratto di appalto chiavi in mano. Il contratto contiene clausole favorevoli per il committente. Si prevede in primo luogo che l’appaltatore si occupi di tutti gli aspetti relativi alla realizzazione dell’opera: progettazione ed esecuzione, anche avvalendosi – se del caso – di subappaltatori. Nel contratto si specifica che l’appaltatore ha le capacità tecniche e finanziarie per la realizzazione dell’opera. Infine il contratto prevede che i lavori e le asseverazioni debbano terminare entro le scadenze previste dalla legge per la fruizione del superbonus al 110%.
A fronte di un programma contrattuale così ambizioso, in realtà l’appaltatore non fa nulla: né la progettazione né l’esecuzione delle opere. Si tratta, all’evidenza, di un inadempimento totale. L’inadempimento non viene difatti nemmeno contestato dall’appaltatore, il quale restituisce un anticipo di 2.500 euro che aveva percepito dai committenti. Sennonché i committenti non si accontentano della risoluzione del contratto con la conseguente restituzione dell’anticipo: essi agiscono in giudizio davanti al Tribunale di Pordenone per ottenere il risarcimento del danno.
SOLUZIONE
Il Tribunale di Pordenone accoglie la domanda dei committenti e condanna l’appaltatore a risarcire il danno. Il danno consiste nella differenza tra il risparmio fiscale astrattamente usufruibile godendo del superbonus al 110% e il minore risparmio fiscale usufruibile godendo del bonus ristrutturazioni.
QUESTIONI
La vicenda oggetto della sentenza del Tribunale di Pordenone concerne il superbonus. Il “superbonus” viene denominato così perché l’aliquota di detrazione fiscale è particolarmente alta: 110%. Esiste una pluralità di bonus fiscali connessi all’edilizia, ma non si era mai raggiunta una percentuale così alta di detrazione, che supera addirittura il costo delle opere da realizzarsi.
La sentenza si occupa di diversi aspetti, e quello più significativo è la richiesta di risarcimento del danno da parte dei committenti nei confronti dell’appaltatore per la mancata realizzazione delle opere promesse in contratto. Merita però segnalare che, nella parte iniziale della motivazione della sentenza, il Tribunale di Pordenone tratta la corretta qualificazione del rapporto intercorso tra le parti. Nel caso di specie, il contratto è formalmente denominato di “appalto”, il quale – secondo la definizione legislativa (art. 1655 c.c.) – consiste nel realizzare un’opera o nel prestare un servizio. Dal momento che il superbonus è connesso a lavori di efficientamento energetico, verrebbe spontaneo pensare che si tratti di un contratto di appalto. L’impresa “appaltatrice” convenuta in giudizio eccepisce però che si tratterebbe di un contratto di mandato, in quanto la società non realizza di per sé l’opera, ma si impegna solo a trovare i realizzatori dei lavori (reali appaltatori) nonché i professionisti tecnici (che si occupano di progettazione e direzione dei lavori).
Il giudice pordenonese qualifica il contratto come appalto. In primo luogo, dà rilievo alla denominazione scelta dalle parti, appunto di “appalto” (argomentazione, peraltro, debole, in quanto il nomen iuris non impedisce certo una diversa qualificazione da parte dell’autorità giudiziaria). In secondo luogo, il Tribunale di Pordenone considera il rapporto come appalto, in quanto l’impresa si impegna a realizzare un’opera ( = lavori di efficientamento energetico) e a prestare un servizio ( = trovare e coordinare i professionisti tecnici). L’appalto può essere di opera oppure di servizi, secondo la definizione legislativa. Nulla vieta – così il ragionamento sotteso alla decisione del giudice pordenonese – che un rapporto di appalto contenga elementi sia dell’appalto di opera che di quello di servizi. In terzo luogo, termina il Tribunale di Pordenone, il contratto prevede la possibilità di avvalersi di subappaltatori, dal ché può desumersi che il rapporto principale sia di appalto.
Che si tratti di appalto o di mandato, nel caso di specie – tutto sommato – è irrilevante. Il punto centrale difatti è la negligenza dell’appaltatore, che non ha realizzato nulla di quanto promesso. Nella fattispecie affrontata dal Tribunale di Pordenone, l’inadempimento dell’appaltatore è fuori discussione, in quanto i lavori non sono stati nemmeno iniziati.
Si tratta allora di quantificare il danno patito dai committenti in conseguenza dell’inadempimento dell’appaltatore. Il Tribunale di Pordenone accerta che il valore delle opere che avrebbero potuto usufruire dell’aliquota massima del 110% di detrazione fiscale è di 103.829 euro. Nel caso di specie il contratto di appalto non determinava espressamente il corrispettivo, ma descriveva le opere da realizzarsi. Il giudice pordenonese segue la consulenza tecnica di parte, dalla quale risulta che i lavori descritti in contratto avrebbero dato diritto a una detrazione al 110% per lavori del valore di 103.829 euro. Si consideri che ben può capitare che in un immobile vengano realizzati lavori che danno diritto alla detrazione al 110% e altri lavori che danno diritto a una detrazione ad aliquote inferiori (65% oppure 50%).
In caso di realizzazione delle opere col superbonus, i committenti non avrebbero avuto alcun esborso. Ora invece, se i committenti volessero effettuare gli stessi lavori, potrebbero godere solo di bonus inferiori. Il Tribunale di Pordenone ritiene che l’unico bonus edilizio concretamente usufruibile dai committenti sia il bonus c.d. “ristrutturazioni”, che consentirebbe un risparmio fiscale complessivo di 48.000 euro (4.800 euro per 10 anni). La differenza tra i due risparmi fiscali rappresenta il danno patito dai committenti. In conclusione, il Tribunale di Pordenone accerta il grave inadempimento della società appaltatrice rispetto alle obbligazioni assunte con la sottoscrizione del contratto di appalto e la condanna a risarcire ai committenti attori i danni quantificati in 55.829 euro (differenza tra 103.829 e 48.000).
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