1 Marzo 2022

Con l’opposizione a decreto ingiuntivo anche il terzo può proporre una domanda connessa

di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. II, sent. 14 febbraio 2022, n. 4713, Pres. Manna, Est. Abete

Opposizione a decreto ingiuntivo – cumulo soggettivochiamata in causa e intervento del terzo nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (Cod. Proc. Civ. art. 103, 105, 269, 274, 645) 

Massima: “E’ da ammettere la possibilità che l’opposizione a decreto ingiuntivo rechi – ovvero contenga nel suo stesso “corpo” – unitamente alle difese e alle eventuali domande riconvenzionali dell’ingiunto, altresì la domanda di un soggetto terzo, connessa per titolo o per oggetto alla domanda monitoria dell’iniziale ricorrente oppure alla domanda riconvenzionale dell’opponente ovvero connessa perché postulante, in tutto o in parte, la soluzione di questioni identiche a quelle involte dalla domanda monitoria o dalla domanda riconvenzionale dell’ingiunto” (massima redazionale)

CASO

La titolare di una impresa individuale esercente attività di pasticceria era destinataria di un decreto ingiuntivo per il pagamento del residuo corrispettivo dovuto per alcune opere di manutenzione eseguite in appalto sull’immobile dove l’attività era esercitata.

L’ingiunta proponeva opposizione chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo e, in via riconvenzionale, la risoluzione del contratto di appalto per inadempimento imputabile all’appaltatore e, per l’effetto, la restituzione di quanto già pagato a titolo di corrispettivo e il risarcimento dei danni patiti.

Con il medesimo atto di opposizione (cioè nel medesimo corpo dell’atto), la persona fisica titolare dell’impresa individuale di pasticceria proponeva anche, ma nella sua diversa qualità di titolare della impresa individuale di catering proprietaria dell’immobile di cui ai lavori in appalto, una domanda risarcitoria per i danni che il medesimo immobile aveva subito per i lavori malamente effettuati dall’appaltatore.

Quest’ultimo veniva condannato dal Tribunale a risarcire sia i danni subiti dalla ditta individuale di pasticceria, sia quelli subiti dalla ditta individuale di catering, mentre l’opposizione all’ingiunzione e la domanda di risoluzione del contratto di appalto venivano rigettate.

Le due ditte individuali impugnavano congiuntamente la sentenza di primo grado e la Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza gravata, dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria formulata dalla ditta individuale di catering, sostenendo che “l’opposizione a decreto ingiuntivo, anche in considerazione della sua funzione latamente impugnatoria, può essere promossa unicamente dal destinatario dell’ingiunzione di pagamento” (tale essendo, come detto sopra, la ditta individuale di pasticceria ma non anche quella di catering).

Le due ditte individuali hanno quindi congiuntamente proposto ricorso in cassazione, denunciando (tralasciando qui i motivi afferenti le ragioni di merito della controversia) l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice di secondo grado nell’accogliere l’eccezione formulata dall’appaltatore di carenza di legitimatio ad causam della impresa individuale di catering, e sostenendo altresì l’inesistenza di ostacoli a che nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo possano cumulativamente proporsi anche altre domande, connesse per oggetto o per titolo.

SOLUZIONE

La Suprema Corte accoglie il ricorso delle due ditte individuali sulle due prospettate questioni processuali.

Innanzitutto, la Corte rileva che, nel caso in esame, la questione non attiene alla legitimatio ad causam della ditta individuale di catering, essendo chiaro che vi è stata “coincidenza tra il soggetto che ha agito per ottenere il risarcimento del danno ed il soggetto che si è prospettato titolare del diritto asseritamente leso”.

La Corte di cassazione è poi chiara nell’”ammettere e riconoscere, …, la possibilità che l’opposizione a decreto ingiuntivo rechi – ovvero contenga nel suo stesso “corpo” – unitamente alle difese e alle eventuali domande riconvenzionali dell’”ingiunto”, altresì la domanda di un soggetto terzo, domanda, quest’ultima, connessa per titolo o per oggetto alla domanda monitoria dell’iniziale ricorrente oppure alla domanda riconvenzionale dell’opponente ovvero connessa perché, la domanda del terzo – postulante, in tutto o in parte, la soluzione di questioni identiche a quelle involte dalla domanda monitoria o dalla domanda riconvenzionale dell’”ingiunto””.

Il fenomeno, chiarisce la Corte, determina un “cumulo soggettivo iniziale” di più domande “quanto meno connesse ‘in senso improprio’” (cumulo che peraltro, rileva la Corte, nel caso in esame non ha posto problemi di competenza).

Aderendo alle tesi delle ricorrenti, la Corte evidenzia, in primo luogo, come questa soluzione sia coerente con la possibilità per l’opponente di chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa un terzo al quale ritiene la causa comune, realizzando così un cumulo oggettivo e soggettivo nell’ambito del giudizio di opposizione.

In secondo luogo, prosegue la Corte, anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è consentito l’intervento ex art. 105 c.p.c., che è un’altra modalità di realizzazione di un cumulo soggettivo e oggettivo.

Infine, conclude sul punto la Corte, ai sensi dell’art. 274 c.p.c. è possibile la riunione di cause connesse pendenti dinanzi allo stesso ufficio, sicché, nel caso di specie, al cumulo si sarebbe comunque giunti anche se la ditta individuale di catering avesse instaurato un autonomo giudizio nel mentre la ditta individuale di pasticceria radicava l’opposizione.

QUESTIONI

L’opposizione a decreto ingiuntivo ha nel tempo sollevato diversi dubbi in merito ai poteri e alle facoltà delle parti in questo giudizio “a parti invertite”.

E’ infatti nozione istituzionale quella per la quale il procedimento di opposizione dà vita ad un giudizio ordinario che, tuttavia, non è autonomo, ma è una fase (peraltro eventuale) di un giudizio che nasce con la precedente fase ingiuntiva. Ne deriva che il giudizio di opposizione vede i soggetti, formalmente qualificati come “attore” e “convenuto”, nella posizione rispettivamente assunta in quella prima fase, sicché il detto attore formale (l’opponente) si trova nella posizione sostanziale di convenuto, mentre il convenuto formale (l’opposto) è nella posizione sostanziale dell’attore.

E’ questa inversione dei ruoli che ha generato, nel tempo, alcune tematiche di rilievo, con problemi non ancora sopiti soprattutto con riguardo all’estensibilità oggettiva e soggettiva di questo giudizio.

La stessa pronuncia in commento ricorda, ad esempio, che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si possono chiamare in causa dei terzi, citando in proposito Cass. 16336/2020. La pronuncia in esame, quindi, conferma questo orientamento, sebbene paia anche confermare che l’opponente, in ragione della detta inversione sostanziale dei ruoli, non può procedere direttamente, con l’atto di opposizione (che pure ha veste di citazione), a citare un terzo in causa, ma deve chiedere al giudice l’autorizzazione alla chiamata ai sensi dell’art. 269, secondo comma, c.p.c., come, appunto, previsto in via ordinaria per il convenuto (orientamento, questo, che non è stato e non è esente da critiche in ragione del conseguente appesantimento, sovente ingiustificato, della procedura).

Ma l’estensione soggettiva (e oggettiva) del giudizio di opposizione può avvenire anche per volontà del terzo, ammesso ad intervenire ex art. 105 c.p.c., orientamento che pure la pronuncia in commento avalla con il richiamo a Cass. 476/2009. La soluzione, tuttavia, non pare ancora completamente accettata dalla giurisprudenza di merito, che l’interprete e, soprattutto, l’operatore non può ignorare: la recente pronuncia del Tribunale di Torino del 21.6.2021, ad esempio, è ferma nel ritenere che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo “l’intervento volontario di terzi e le relative domande di merito dagli stessi proposte sono inammissibili”, perché “le parti nella fase di opposizione a decreto ingiuntivo, infatti, possono essere unicamente, da un lato colui che ha ottenuto il decreto ingiuntivo e, dall’altro colui contro il quale tale decreto ingiuntivo è stato ottenuto”, potendo un terzo avere ingresso solo con l’autorizzazione alla chiamata chiesta dall’opponente o con quella chiesta dall’opposto in presenza dei presupposti del quinto comma dell’art. 183 c.p.c..

Infine, anche un cumulo soggettivo e oggettivo derivante dalla riunione di procedimenti connessi ex art. 274 c.p.c. è una possibilità ammessa dalla sentenza qui in commento.

Queste diverse modalità previste dal nostro codice di procedura per realizzare un cumulo soggettivo e oggettivo anche nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo rappresentano la base, nel ragionamento della Corte, per sostenere una ulteriore modalità di costituzione di tale cumulo (in via pressoché originaria): benché il procedimento ex art. 633 ss c.p.c. individui in modo preciso le sue parti e la sua causa petendi, in sede di opposizione quegli elementi oggettivi e soggettivi possono essere ampliati sin dall’instaurazione del giudizio ad opera dell’opponente, e ciò non solo mediante una sua domanda riconvenzionale o con l’istanza di chiamata di terzo delle quali si è detto, bensì anche con la contestuale formulazione (da intendersi come materialmente effettuata con il medesimo atto) di domande contro l’opponente anche ad opera di un terzo soggetto (sempre nel rispetto di criteri di connessione o identità delle questione da trattare).

Anche nell’opposizione a decreto ingiuntivo, pertanto, il “lato attivo”, da intendersi come quello avverso alla parte opposta, può estendersi ai sensi dell’art. 103 c.p.c. (con ciò peraltro evitando che si possano porre problemi di competenza).

Anche se non detto in modo esplicito, la Suprema Corte propugna così una soluzione volta a favorire l’economicità processuale, andando al di là di (apparentemente) rigide strutture processuali che, nel caso che ci occupa, affondano le radici nelle particolarità del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (in particolare, la sopra più volte citata struttura “a parti invertite”). E, in effetti, avallando degli orientamenti volti a favorire il simultaneus processus, e dei quali si è dato conto (seppur brevemente e parzialmente), la Corte rivela il favor per la realizzazione di cumuli oggettivi e soggettivi in modo più semplice e con minor appesantimento, anche in termini di tempo e costi, della struttura processuale. Rimane del resto ferma ad ogni effetto, e la pronuncia in oggetto lo precisa, l’”autonomia dei singoli giudizi” e il fatto che il cumulo “non pregiudica la sorte delle singole azioni”, favorendo esso, anzi, la possibilità di pronunce coordinate e non contrastanti su domande connesse.

Se si condivide, come si ritiene, la soluzione qui adottata dalla Corte, rimane tuttavia la perplessità per il mantenimento, allora, di una struttura complessa per la chiamata di terzo ad opera dell’opponente, sicuramente giustificabile alla luce dei principi processuali, un po’ meno nell’ottica dell’economicità processale sostenuta dalla pronuncia in commento.

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