26 Luglio 2016

L’opposizione alla distribuzione della somma ricavata è un giudizio di cognizione con le relative garanzie della pienezza del contraddittorio

di Giuseppe Bertolino Scarica in PDF

Cassazione civile, Sezione III, Sentenza, 25 maggio 2016, n. 10752
Pres. Amendola – Rel. Frasca – P.M. Soldi (concl. conf.)

Opposizione alla distribuzione – natura – giudizio di cognizione – necessità del contraddittorio – accertamenti necessari – poteri istruttori (art. 512 cod. proc. civ.; art. 2697 cod. civ.) 

[1] La controversia sulla sussistenza o sull’ammontare del credito sorta, ex art. 512 cod. proc. civ., in sede di distribuzione della somma ricavata dà luogo ad un giudizio di cognizione, con tutte le relative garanzie della pienezza del contraddittorio, con la conseguenza che nel detto giudizio è consentita l’ammissione di prove a dimostrazione dell’esistenza e dell’ammontare del credito 

CASO

[1] Il debitore in una procedura esecutiva immobiliare proponeva opposizione alla distribuzione, ex art. 512 cod. proc. civ., deducendo l’erroneità del progetto di distribuzione predisposto dal C.T.U., e lamentando che le somme attribuite alla Banca creditrice procedente fossero eccessive, in quanto derivanti dall’applicazione al rapporto di clausole nulle per anatocismo, interessi ultra legali e commissione di massimo scoperto.
Il Giudice dell’esecuzione rigettava le contestazioni con ordinanza ed il debitore proponeva opposizione agli atti esecutivi avverso la medesima.
Nella fase sommaria del giudizio di opposizione il Giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza di sospensione della distribuzione del ricavato e fissava un termine per introdurre un giudizio di merito ex art. 618 cod. proc. civ.
Il debitore introduceva il giudizio di merito, nel quale chiedeva al Tribunale di accertare l’effettivo ammontare del credito della Banca procedente. In via istruttoria chiedeva al Tribunale di ordinare alla banca l’esibizione dei documenti comprovanti il credito; chiedeva pure che fosse disposta C.T.U. contabile.
Il Tribunale di Lucca rigettava l’opposizione e le richieste istruttorie, affermando che era onere del debitore provare la inesistenza del diritto della banca e che la richiesta di C.T.U. aveva funzione esplorativa.
Avverso la sentenza il debitore proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso.
La Suprema Corte ha affermato che l’errore commesso dal Giudice dell’esecuzione, e poi avallato dal Tribunale, è stato quello di non considerare che, nel regime dell’art. 512 cod. proc. civ. vigente, trovano applicazione gli ordinari principi che regolano l’onere della prova.
La cognizione sommaria, rimessa dall’art. 512 cod. proc. civ. al giudice dell’esecuzione, è regolata dal principio per cui chi solleva la contestazione della posizione di vantaggio altrui non è onerato di dare la prova negativa dell’insussistenza di quegli elementi.
Viceversa, chi rivendica la posizione di vantaggio deve “dare dimostrazione dei fatti che la giustificano di fronte alla contestazione del soggetto contro il quale il vanto è rivolto”, sempre che non si tratti di elementi direttamente risultanti dal titolo esecutivo e da esso risultanti e in esso rappresentati.
Sulla base delle superiori premesse, la Corte di cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata.

QUESTIONI

[1] Le opposizioni regolate dall’art. 512 cod. proc. civ. sono dirette ad accertare il diritto di partecipare alla distribuzione del ricavato e hanno, dunque, ad oggetto il credito nella sua esistenza, nel suo ammontare e nel suo carattere privilegiato.
L’art. 512 cod. proc. civ., così come modificato dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni in legge 14 maggio 2005, n. 80, prevede una radicale semplificazione del procedimento da seguirsi per la risoluzione delle controversie sorte in sede di distribuzione stabilendo, in caso di contestazione, la diretta cognizione del giudice dell’esecuzione e, in seconda battuta, l’impugnazione avverso l’ordinanza di tale giudice nelle forme e nei termini di cui all’art.617 cod. proc. civ., secondo comma.
La sentenza in esame ha il pregio di chiarire la struttura e la ripartizione dell’onere della prova nella c.d. opposizione distributiva.
La Suprema Corte afferma che nella prima fase il contrasto sulle questioni inerenti la distribuzione è prospettato al giudice dell’esecuzione, che così viene naturalmente investito del dovere di provvedere e di farlo all’esito di un procedimento, tipizzato dalla legge con la prescrizione “sentite le parti” (e dunque, nel contraddittorio) e con quella del dovere di compimento dei “necessari accertamenti”, in ogni caso con un’attività ispirata al canone della sommarietà.
Nella seconda fase, se è necessaria l’acquisizione di conoscenze per risolvere la controversia, il Tribunale deve procedere ad attività istruttoria.
La previsione di tale attività come “necessaria” in funzione dell’accertamento commesso dal giudice dell’esecuzione significa che, se tale attività è utile a quello scopo, deve essere espletata.
La sentenza in esame, tenuto conto della natura del procedimento di risoluzione delle controversie disegnato dal legislatore del 2005, ha il pregio di ribadire, nel solco della precedente  giurisprudenza di legittimità, che la controversia sulla sussistenza o sull’ammontare del credito sorta in sede di distribuzione della somma ricavata dà luogo ad un giudizio di cognizione, con tutte le relative garanzie della pienezza del contraddittorio, con la conseguenza che nel detto giudizio, è consentita l’ammissione di prove a dimostrazione dell’esistenza e dell’ammontare del credito.
La pronuncia è da condividere poiché il procedimento in commento, pur dovendosi svolgere in modo assolutamente informale, ha natura giurisdizionale e quindi deve essere conforme ai principi costituzionali del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.
L’attività istruttoria che il legislatore affida direttamente al potere del giudice dell’esecuzione, da svolgersi sulla base delle allegazioni delle parti, è giustificata sia quale esplicazione del potere di cui all’art. 484 cod. proc. civ., primo comma, sia per diretta previsione stabilita dalle due prescrizioni sopra riportate, segnatamente dal riferimento alla necessità degli accertamenti.
Anche secondo la dottrina in sede di contestazioni ex art. 512 cod. proc. civ. è ammissibile l’espletamento di qualsiasi attività istruttoria, potendo le parti avvalersi di prove sia precostituite sia costituende (Merlin, Le controversie distributive, in AA.VV., Il processo civile di riforma in riforma, II, Milano, 2006, pag. 140, la quale – pur sottolineando il carattere non formalizzato dell’attività istruttoria – reputa ammissibile l’assunzione di prove diverse da quelle documentali; Arieta, De Santis, L’esecuzione forzata, in Tratt. Montesano-Arieta, III, 2, Padova, 2007, pag. 801, il quale, tra l’altro, ricorda tra gli atti istruttori suscettibili di essere compiuti in questa sede sia l’emanazione di un ordine di esibizione di documenti contabili sia la ammissione di una consulenza contabile; Soldi, Il progetto di distribuzione e le controversie distributive, in Riv. esec. forzata, 2007, pag. 43).
In ordine al riparto dell’onere della prova, la sentenza é conforme alla più attenta dottrina (Luiso, Diritto processuale civile, Milano, 2011, pag. 185), ritenendo che nelle controversie di cui alla disposizione in commento, nonostante l’iniziativa sia di altri, il creditore contestato assume il ruolo di colui che afferma l’esistenza del proprio diritto, sicché é a questi che incombe provare i fatti costitutivi del relativo diritto.
Sul punto i giudici di legittimità hanno avuto modo di precisare che “L’onere di provare i fatti costitutivi del diritto, grava sempre sul soggetto che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, seppure convenuto in un giudizio di accertamento negativo” (Cass. civ. , Sez. II, 31 ottobre 2013, n. 24568; Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 4 ottobre 2012, n. 16917).
Sulla scorta di questo orientamento, secondo la sentenza in esame, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. non sarebbe esclusa dalla eventuale natura di giudizio di accertamento negativo dell’opposizione distributiva, perché nel giudizio di opposizione distributiva è il creditore ad assumere il ruolo di attore in senso sostanziale.