L’opposizione agli atti esecutivi è l’unico strumento per contestare la validità dell’ordinanza di assegnazione nella espropriazione presso terzi
di Giulia Carlozzo Scarica in PDF
Trib. Palermo, ord. 12 dicembre 2016 – Marinuzzi
[1] Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie – pignoramento presso terzi – ordinanza di assegnazione –opposizione all’esecuzione – inammissibilità – fattispecie
(cod. proc. civ. artt. 533, 543, 547, 615, 617).
[2] Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie – pignoramento presso terzi – opposizione all’esecuzione – condanna alle spese – fattispecie
(cod. proc. civ. artt. 91, 615, 616, 624, 669 septies).
[1] Il terzo pignorato, che intende contestare il contenuto dell’ordinanza di assegnazione, non può proporre opposizione all’esecuzione ma deve proporre opposizione agli atti esecutivi nel termine di venti giorni dalla conoscenza dell’ordinanza.
[2] L’ordinanza del giudice dell’esecuzione che provvede sull’istanza di sospensione ex art. 624 c.p.c. deve contenere la pronuncia sulle spese di lite.
CASO
[1-2] A seguito di notifica di un pignoramento presso terzi, il terzo pignorato rende la dichiarazione ex art. 547 c.p.c.
Il Giudice dell’esecuzione emette ordinanza di assegnazione, in favore del creditore.
Il creditore notifica al terzo pignorato l’ordinanza di assegnazione, ma il terzo di rifiuta di eseguire il pagamento.
Pertanto, il creditore è costretto ad eseguire un secondo pignoramento presso terzi, in forza del titolo costituito dall’ordinanza di assegnazione, ai danni del terzo che aveva reso la dichiarazione.
Il debitore (che era terzo pignorato nel primo pignoramento) a questo punto propone opposizione all’esecuzione e chiede la sospensione ex art. 624 c.p.c., adducendo come motivazione che il mancato pagamento delle somme era dovuto al fatto che le stesse somme erano state pignorate da più creditori.
Il Giudice dell’Esecuzione, dopo avere rigettato inaudita altera parte l’istanza di sospensione, a seguito di costituzione del contraddittorio conferma il rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecuzione e condanna l’opponente al pagamento delle spese.
SOLUZIONE
[1-2] Il tribunale di Palermo, in conformità con l’orientamento della Suprema Corte, ha rigettato l’opposizione all’esecuzione proposta dal debitore, in ragione del fatto che l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione nell’espropriazione forzata presso terzi qualifica la dichiarazione resa dal terzo come positiva ed emette il relativo provvedimento di assegnazione, costituisce un atto del processo esecutivo.
Ne consegue che detto provvedimento deve essere impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi nel termine perentorio di venti giorni dalla notifica del titolo, e non con l’opposizione all’esecuzione (Cass. 22 febbraio 2008 n. 4578, Cass. 20 novembre 2012; Cass. 25 febbraio 2016 n. 3712; Cass. 16 maggio 2005 n. 10180; Cass. 5 luglio 2008, n. 3208).
Nel caso di specie l’opponente aveva reso la dichiarazione ai sensi dell’art. 547 cod. proc. civ. e tale dichiarazione era stata qualificata come positiva dal Giudice dell’esecuzione che, conseguentemente aveva emesso ordinanza di assegnazione ex art. 533 c.p.c.
Pertanto, le contestazioni “relative alla regolarità formale” dell’ordinanza di assegnazione dovevano essere proposte con l’opposizione agli atti esecutivi, quale unico rimedio validamente utilizzabile, atteso che tale strumento è esperibile non solo quando si censurano vizi formali propri o degli atti che l’anno preceduta, ma anche quando si intenda contestare l’interpretazione che il giudice dell’esecuzione ha dato alla dichiarazione del terzo, anche quanto alla entità e alla esigibilità del credito.
Ne consegue che qualora il creditore assegnatario si avvalga di detta ordinanza, quale titolo esecutivo nel confronti del terzo assegnato dell’ordinanza predetta, è preclusa al «terzo» la deduzione, mediante opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 cod. proc. civ., di quei medesimi vizi che avrebbe potuto far vale con l’opposizione agli atti esecutivi (Cass. 20 novembre 2012 n. 20310).
Il terzo avrebbe dovuto proporre l’opposizione agli atti esecutivi mediante ricorso al Giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. nel termine di venti giorni dalla ricezione della notifica dell’ordinanza di assegnazione da parte del creditore.
Sulla base delle superiori considerazioni, il tribunale correttamente ha dichiarato inammissibile l’opposizione all’esecuzione, proposta contro il successivo atto di pignoramento promosso dal creditore assegnatario.
Nel caso di specie l’opponente lamentava che il Giudice dell’esecuzione avrebbe erroneamente interpretato come integralmente positiva la dichiarazione ex art. 547 c.p.c., che invece, a dire dell’opponente, era solo parzialmente positiva.
Osserva ancora il tribunale che l’ordinanza di assegnazione resa dal giudice dell’esecuzione ad esito di un pignoramento presso terzi, sebbene non idonea al giudicato, costituisce comunque un titolo di formazione giudiziale, con le conseguenti limitazione che ne derivano in tema di opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi.
Conseguentemente, il terzo pignorato può avvalersi del rimedio dell’opposizione all’esecuzione nei limiti previsti dall’ordinamento, ovvero unicamente per fare valere fatti impedivi o estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo (sul punto cfr. anche Cass. 18.5.2009, n. 11404).
Correttamente, infine il tribunale ha condannato l’opponente al pagamento delle spese di lite.
QUESTIONI
[1-2] La decisione del tribunale di Palermo richiama, come precedenti, importanti e consolidate pronunce della Corte di cassazione (Cass. 25 febbraio 2016 n. 3712; Cass. 20 novembre 2012 n. 20310; Cass. 5 luglio 2008, n. 3208; Cass. 22 febbraio 2008 n. 4578; Cass. 16 maggio 2005 n. 10180).
La decisione del tribunale di Palermo affronta due tematiche importanti.
In primo luogo sottolinea e conferma un principio consolidato della Suprema Corte in forza del quale l’opposizione agli atti esecutivi costituisce l’unico rimedio esperibile avverso l’ordinanza di assegnazione del credito ex art. 533 cod. proc. civ., non soltanto quanto vengono contestati vizi formali proprio o di precedenti atti, ma anche quando si intenda contestare l’interpretazione data dal giudice dell’esecuzione alla dichiarazione resa dal terzo.
Il tribunale precisa che l’ordinanza di assegnazione può essere “neutralizzata” soltanto con la deduzione di fatti modificativi, impeditivi ed estintivi del rapporto sostanziale che siano successivi alla formazione del titolo, in quanto l’opposizione all’esecuzione non può essere fatta valere contro un pignoramento promosso dal creditore in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale per fare valere vizi antecedenti alla sua formazione.
Infine il tribunale condanna il debitore opponente alla refusione delle spese sia in forza dell’art. 669 seties cod. proc. civ., sia in ragione del fatto che il provvedimento di rigetto dell’istanza cautelare ha attitudine a definire la vicenda ai sensi dell’art. 91 cod. proc. civ., atteso che la fase di cognizione piena, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. civ., è una fase meramente eventuale.
Sul punto, come rileva il tribunale, è intervenuta la Suprema Corte che ha sancito l’obbligo per il giudice dell’esecuzione di provvedere sulle spese in caso definizione della fase cautelare nell’opposizione all’esecuzione potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell’ambito del giudizio di merito. Le spese, che seguono la soccombenza, devono liquidarsi sulla base della natura e del valore della controversia (Cass. 24.10.2011 n. 22033).