L’onere della parte di presentare nel fascicolo un indice dei documenti offerti come prova
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. I, 13 giugno 2022, n. 19006, Pres. Cristiano – Est. Tricomi
[1] Costituzione delle parti – Fascicoli di parte – Onere di indicazione specifica dei documenti prodotti (art. 163 c.p.c.; artt. 74, 87, disp. att. c.p.c.)
Massima: Quando la domanda si fonda su documenti, l’attore ha l’onere di indicare in modo specifico nell’atto introduttivo del giudizio (art. 163 c.p.c., comma 3, n. 5) quelli che offre in comunicazione e, altresì, di inserirli nel fascicolo di parte e di elencarli nel relativo indice, che deve essere sottoscritto dal cancelliere ex art. 74 disp. att. c.p.c., e comunicato alle altre parti ex art. 87 disp. att. c.p.c.. Compito del giudice è infatti quello di decidere sulla base della documentazione prodotta, menzionata dalla parte negli atti difensivi a sostegno dei propri assunti ed ordinatamente contenuta nel fascicolo di parte dalla stessa formato, e non anche quello di “trovare” la documentazione che non si rinvenga sotto i numeri dell’indice che la indicano, per essere il fascicolo di parte disordinatamente tenuto e confusamente composto, o perché l’indice si limiti a rinviare indistintamente a tutti i documenti raccolti all’interno di un supporto informatico, senza esplicitare il contenuto e la rilevanza di ciascuno di essi nei modi prescritti dalla disciplina processualcivilistica.
CASO
[1] La vicenda giudiziaria approdata dinanzi alla Suprema Corte scaturisce dalla presentazione, da parte di un professionista, di un’istanza di ammissione al passivo di un fallimento di un credito privilegiato ex art. 2751-bis, n. 2), c.c.
La domanda veniva respinta dal giudice delegato per carenza di prova, con decreto contro il quale il creditore proponeva opposizione ex art. 98 l.fall.
Il Tribunale rigettava l’opposizione, condannando l’opponente alla rifusione delle spese legali, rilevando come non fossero stati provati il mandato ricevuto dal professionista, l’attività svolta e i costi anticipati. In particolare, i giudicanti pervenivano a tale conclusone dopo aver ritenuto inammissibile la produzione di circa 12.000 e-mail, allegate in atti su supporto informatico, e dunque effettuata irritualmente, omesse le forme di cui agli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c.
Contro tale decisione veniva proposto ricorso per cassazione con il quale, in particolare, il creditore denunciava violazione o falsa applicazione degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c., per avere il Tribunale ritenuto inammissibile la prova costituita dal “Supporto USB contenente 12.000 e-mail inerenti attività dell’opponente”. Il ricorrente ha contestato tale statuizione deducendo che le comunicazioni e-mail – per loro natura dematerializzate – erano state ordinate analiticamente, all’interno del supporto informatico, per argomento e codice elettronico, ciascuno inserito in una distinta e specifica cartella (sotto-indicizzata per ordine alfabetico) munita di denominazione descrittiva del contenuto; inoltre, ha rilevato come il cancelliere avesse regolarmente vidimato l’elenco dei documenti all’atto della ricezione del fascicolo; infine, ha assunto la decisività del contenuto di tale documento ai fini dell’esito della controversia.
SOLUZIONE
[1] La Cassazione giudica il motivo di ricorso proposto infondato.
Nel caso di specie, il ricorrente non avrebbe assolto all’onere di indicare in modo specifico, nell’atto introduttivo del giudizio, i documenti offerti in comunicazione, di inserirli nel fascicolo di parte e di elencarli nel relativo indice, che deve essere sottoscritto dal cancelliere ex art. 74 disp. att. c.p.c. e comunicato alle altre parti ex art. 87 disp. att. c.p.c.
Infatti, l’indice del fascicolo di parte del ricorrente non faceva cenno alla documentazione di cui si assumeva la rilevanza probatoria – costituita da un elevatissimo numero di e-mail -, ma elencava fra le produzioni il solo supporto informatico in cui le mail sarebbero state riversate e di cui, unicamente, il cancelliere ha attestato il deposito (vidimando l’indice in cui il supporto informatico veniva identificato come documento).
La Cassazione ha inoltre privato di rilevanza il fatto (peraltro indimostrato) che all’interno di tale supporto i files fossero stati organizzati in cartelle indicizzate: correttamente il Tribunale ha osservato come fosse piuttosto l’indice del fascicolo di parte a dover contenere l’elenco dettagliato delle mail, delle quali l’opponente avrebbe anche dovuto illustrare la specifica rilevanza rispetto alla propria tesi difensiva.
A conferma del principio di diritto affermato, il provvedimento richiama il precedente di cui a Cass., 27 maggio 2011, n. 11617, secondo cui “Compito del giudice è […] quello di decidere sulla base della documentazione prodotta, menzionata dalla parte negli atti difensivi a sostegno dei propri assunti ed ordinatamente contenuta nel fascicolo di parte dalla stessa formato, e non anche quello di “trovare” la documentazione che non si rinvenga sotto i numeri dell’indice che la indicano, per essere il fascicolo di parte disordinatamente tenuto e confusamente composto, o perché l’indice si limiti a rinviare indistintamente a tutti i documenti raccolti all’interno di un supporto informatico, senza esplicitare il contenuto e la rilevanza di ciascuno di essi nei modi prescritti dalla disciplina processualcivilistica”.
QUESTIONI
[1] Con la pronuncia in commento, la Cassazione si è espressa sulla questione – preliminare e assorbente rispetto a quella inerente alla loro validità e rilevanza – riguardante la ritualità della modalità di produzione in giudizio delle e-mail contenute in un supporto informatico.
Ai sensi dell’art. 163, 3°co., n. 5), c.p.c., quando la domanda si fonda su documenti l’attore ha l’onere di indicare in modo specifico quelli che offre in comunicazione: per capire in cosa si sostanzi tale onere di indicazione specifica, è però necessario richiamare altre due norme, già più volte menzionate nel corso del presente commento.
La prima di esse è rappresentata dall’art. 74 disp. att. c.p.c., rubricato «Contenuto del fascicolo di parte», ai sensi del quale «Gli atti e i documenti di causa sono inseriti in sezioni separate del fascicolo di parte. Gli atti sono costituiti dagli originali o dalle copie notificate della citazione, della comparsa di risposta o d’intervento, delle memorie, delle comparse conclusionali e delle sentenze. Sulla copertina del fascicolo debbono essere iscritte le indicazioni richieste per il fascicolo d’ufficio. Il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti, sottoscrive l’indice del fascicolo ogni volta che viene inserito in esso un atto o documento».
La seconda norma corrisponde al successivo art. 87 disp. att., dedicato alla «Produzione di documenti», a tenore del quale «I documenti offerti in comunicazione dalle parti dopo la costituzione sono prodotti mediante deposito in cancelleria, ed il relativo elenco deve essere comunicato alle altre parti nelle forme stabilite dall’articolo 170 ultimo comma del codice. Possono anche essere prodotti all’udienza; in questo caso dei documenti prodotti si fa menzione nel verbale».
Da tali norme è possibile desumere che l’indice del fascicolo – sottoscritto dal cancelliere – contiene menzione dell’elenco dei documenti prodotti, ossia delle singole prove documentali che la parte offre in comunicazione.
Che questo sia il senso in cui, comunemente, la giurisprudenza di legittimità intende la norma, può trovare conferma nel recente arresto di Cass., 23 febbraio 2022, n. 5893, secondo la quale “La sottoscrizione apposta dal cancelliere, a norma dell’art. 74 disp. att. c.p.c., ha valore di certificazione della effettiva presenza nel fascicolo di parte dei documenti indicati nell’indice e può essere contestata solo con la proposizione della querela di falso [corsivo nostro]”.
Chiarito, dunque, come l’indice del fascicolo di parte debba indicare analiticamente i documenti prodotti dalla parte medesima, è agevole aderire alla soluzione prescelta dai giudici di merito, poi confermata in sede di legittimità.
Nel caso di specie, come visto, la parte ha indicato nell’indice del proprio fascicolo la prova “Supporto USB contenente 12.000 e-mail inerenti attività dell’opponente”: con ciò senza, evidentemente, offrire indicazione analitica del singolo documento (singola e-mail) prodotta. La modalità di rituale produzione in giudizio di tali documenti, infatti, sarebbe dovuta coincidere con l’indicazione delle singole e-mail prodotte, e non del solo supporto informatico contenente le stesse.
Tale modalità di produzione dei documenti, peraltro, non si risolve in un mero formalismo, ma è funzionale al perseguimento di altri e più alti valori, riconducibili ai principi del giusto processo consacrati nell’art. 111 Cost., oltre che nel precedente art. 24: una ordinata e precisa indicazione dei documenti prodotti a sostegno delle proprie ragioni, infatti, non solo rende più effettiva la garanzia del diritto di difesa e al contraddittorio della controparte (che più agevolmente potrà orientare la propria strategia difensiva, sulla base della specifica indicazione delle prove offerte dall’avversario), ma risulta altresì funzionale alla ragionevole durata del processo, nella misura in cui può evitare al giudice un inutile dispendio di tempo per reperire la documentazione cui la parte si riferisce nei propri atti processuali, ma che non possa essere rinvenuta all’interno dell’indice del fascicolo di parte, per non avere la parte stessa provveduto a compilarlo secondo le modalità sin qui descritte.
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