5 Aprile 2022

Locazioni turistiche e residenza del locatore

di Donatella Marino, Avvocato Scarica in PDF

Sintesi

Anche nell’ipotesi in cui offra in locazione per alcuni periodi il proprio bene immobile il proprietario (o la persona fisica avente idoneo diritto di godimento) può porvi o mantenervi la propria residenza se, di fatto e consapevolmente, vi dimora abitualmente. L’art. 43 c.c. indica le circostanze della “dimora abituale” e della corrispondente “intenzionalità” come condizioni necessarie e sufficienti al fine di determinare la residenza. Trattasi di elementi puramente fattuali cui il dato formale anagrafico giuridicamente rilevante deve corrispondere. Sul punto, la giurisprudenza è uniforme e costante. Ne consegue che, trattandosi di materia riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’Art. 117 co. 2 i) e l) della Costituzione, una norma regionale volta a disciplinare questioni anagrafiche sarebbe esposta alla censura di illegittimità.

Il concetto di residenza nella normativa

Nell’ordinamento italiano, ai sensi dell’art. 43 c.c., “La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Il regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con il DPR 30 maggio 1989, n. 223, in attuazione della L. 24 dicembre 1954, n. 1228 sull’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, all’art. 3 specifica inoltre che: “1. Per persone residenti nel comune s’intendono quelle aventi la propria dimora abituale nel comune” e al tempo stesso specifica al co. 2 che “Non cessano di appartenere alla popolazione residente le persone temporaneamente dimoranti in altri comuni o all’estero per l’esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata.”

Pertanto (fatte salve le tematiche relative alla occupazione sine titulo, irrilevanti ai nostri fini), il concetto di residenza anagrafica in un luogo è lo sviluppo formale giuridicamente rilevante del dato fattuale di dimora abituale ed è compatibile con la circostanza del “non abitarvi”  per  “cause di durata limitata” .

Il concetto di residenza nella giurisprudenza

Chiamata ad interpretare la nozione codicistica di  dimora abituale, la giurisprudenza  di Cassazione ne ha individuato, in maniera pressoché costante, due  componenti. Un componente di natura oggettiva, ovvero il dato fattuale della permanenza con una certa abitualità in un determinato luogo e una di natura soggettiva, ovvero l’intenzione del soggetto di mantenervi un legame stabile. Secondo la Suprema Corte di Cassazione infatti: “la residenza di una persona, secondo la previsione dell’articolo 43 del Codice civile, è determinata dall’abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, che si caratterizza per l’elemento oggettivo della permanenza e per l’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento di normali relaziono sociali (cfr., ex plurimis le sentenze nn. 1738 del 1986 e 791 del 1985)”(Cass. n. 25726/2011).

Il requisito dell’abitualità, va individuato attraverso il filtro dell’intenzionalità, in quanto “non può essere valutato solo in base all’elemento oggettivo della durata della dimora o all’interesse, eventualmente temporaneo, che il soggetto abbia a stare in un determinato luogo, ma deve trovare riscontro nella volontà dell’interessato.” Infatti “La residenza non viene meno per una più o meno prolungata assenza, specie se occasionata da motivi contingenti (villeggiatura, viaggi, studi, lavoro) sempre che la persona vi conservi l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali” (Cass. n. 1738/1986 e n. 5554/1983). 

La nozione di residenza nel nostro ordinamento non si fonda pertanto su una definizione formale ma su una posizione giuridicamente rilevante determinata da elementi fattuali oggettivi e soggettivi.

Essere iscritti alle liste anagrafiche tenute dal Comune sulla base dei criteri sopra indicati è, conseguentemente, non solo un dovere ma anche un diritto soggettivo del cittadino. (cfr. Cass. S.U. n. 499/2000).

La residenza anagrafica nel contratto di locazione

Il proprietario persona fisica, così come ogni avente diritto al godimento di un bene immobile ad uso abitativo, può (nei limiti, in questo secondo caso, degli accordi con il proprietario) fruirne direttamente oppure concederne l’utilizzo a terzi, per esempio offrendolo in locazione, se e nei periodi in cui non vi abita.

Alcune criticità sono però emerse laddove alcune Regioni e Comuni sono intervenuti sulla materia, prevalentemente laddove ricorrevano soluzioni locative riconducibili a

  • locazioni di natura transitoria, disciplinate nella L. 9 dicembre 1998, n. 431, o
  • locazioni con finalità turistica, riprese dall’art. 53 del c.d. Codice del Turismo (All. 1 D.Lgs 23 maggio 2011, n. 79) che ne rinvia la disciplina al Codice Civile

soprattutto se tali locazioni sono di breve periodo (v. anche, per gli aspetti fiscali, il D-L 24 aprile 2017, n. 50 – conv. con modificazioni dalla L. 21 giugno 2017, n. 96).

Se, quanto al conduttore, la “esigenza di transitorietà” o la “finalità esclusivamente turistica” , (quando le locazioni prevedono una breve durata) sono per lo più incompatibili, già in astratto, con i requisiti necessari per porre la residenza nell’alloggio locato, diversa è la posizione del locatore: ogni fattispecie deve essere esaminata in concreto, sulla base delle risultanze oggettive specifiche che evidenzino la ricorrenza dei requisiti fattuali richiesti.

La posizione delle Regioni in materia di locazione e residenza

In linea con la loro competenza amministrativa residuale di cui all’art. 117 co.4 Cost., che include conseguentemente anche la materia del turismo, le Regioni spesso intervengono nelle situazioni in cui i proprietari (o altri soggetti aventi la disponibilità di alloggi) si privano dell’alloggio per offrirlo in locazione a turisti per periodi brevi. La ratio e lo scopo di tali normative regionali sono infatti la previsione di adempimenti, talvolta mutuati da quelli previsti per i gestori di strutture ricettive, volti a tutelare il viaggiatore turista. Nulla cambia, quanto all’aspetto della residenza, laddove sono coinvolti gestori professionisti, se non per la necessità, per questi ultimi, di coniugare con gli adempimenti amministrativi anche gli obblighi civilistici verso il consumatore/viaggiatore, specie se operano on line.

Coerentemente con il riparto di competenze previsto dalla Costituzione italiana tuttavia (art. 117) le Regioni non possono né devono disporre in materia di residenza dei soggetti coinvolti. Il diritto di porre e mantenere la residenza anagrafica nell’alloggio posto in locazione, ancorché a turisti, è legato esclusivamente all’esistenza in concreto dei requisiti fattuali sopra indicati.

Pertanto, per verificare se una persona fisica che offre in locazione un alloggio in cui dichiara di aver posto la residenza stia agendo in linea con il nostro ordinamento, l’Autorità preposta dovrà di volta di volta in volta accertare l’effettiva ricorrenza dei requisiti fattuali sopra indicati. Dovrà in particolare valutare:

  • se la frequenza, la modalità e la durata delle locazioni incide sulla possibilità del locatore di dimorare abitualmente nella unità abitativa in cui ha dichiarato di risiedere
  • se la permanenza nell’alloggio è in linea con le proprie consuetudini di vita
  • se il luogo in cui ha posto la residenza rimane il centro delle sue ordinarie relazioni familiari e sociali.

Conclusione

Una persona fisica che ha posto la propria residenza anagrafica nel luogo che costituisce la propria dimora abituale e ove ha posto il centro delle proprie relazioni familiari e sociali può pertanto trovarsi temporaneamente o saltuariamente a dimorare in un luogo diverso per qualsiasi ragione (a titolo esemplificativo, per villeggiatura, per lavoro, per motivi di studio o analoghi) senza che ciò incida o abbia alcuna rilevanza sulla propria residenza. In tali casi, in linea con i principi costituzionali, non esiste in astratto (nè potrebbe validamente esistere) una incompatibilità tra residenza anagrafica del locatore e l’offerta in locazione dell’alloggio in cui risiede quando alloggia altrove, purché tali locazioni siano tali da non far venire meno i due requisiti indicati dal Legislatore nazionale come condizioni fattuali necessarie e sufficienti per l’individuazione del luogo di residenza anagrafica.