1 Marzo 2022

Locazione di bene demaniale gravato da uso civico: nullità del contratto non conforme al diritto collettivo

di Ilaria Ottolina, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 21 ottobre 2021, n. 29344

Terreno demaniale gravato da uso civico – concessione in godimento a soggetto privato – atti di concessione amministrativa o contratti di locazione – condizioni di validità – conformità della destinazione del bene all’uso civico e temporaneità del godimento – regime ordinario dell’onere della prova – non sussiste – nullità del contratto.

Riferimenti normativi: Legge n. 1766/1927 – Regio Decreto n. 332/1928 – Legge Regione Campania n. 11/1981 – art. 1418 c.c. – art. 2697 c.c. 

“La concessione in godimento, mediante contratto di locazione, di terreni demaniali soggetti ad uso civico è subordinata alla condizione che la destinazione concreta impressa al bene sia conforme all’esercizio dell’uso civico o, se diversa, che la stessa sia comunque temporanea e tale da non determinare l’alterazione della qualità originaria del bene. L’onere della prova della sussistenza di tali requisiti incombe sulla parte che intende far valere in giudizio diritti derivanti dal contratto. In mancanza il contratto deve ritenersi nullo per contrasto con norma imperativa”.

“Sulla rilevanza della natura pubblica dell’interesse tutelato, ai fini dell’individuazione del carattere imperativo della norma e della conseguente nullità dell’atto negoziale che ne determini la violazione, v. Cass. Sez. U., 21/08/1972, n. 2697, ove è affermato il principio, tuttora incontrastato e al quale va data continuità, secondo cui “poiché a norma degli articoli 1418, 1419 e 1339 c.c., il contratto è nullo quando è contrario a norma imperativa, salva l’eccezione di una diversa disposizione di legge, allorquando si sia in presenza di una norma proibitiva non formalmente perfetta, cioè priva della sanzione dell’invalidità dell’atto proibito, occorre specificamente controllare la natura della disposizione violata per dedurre la invalidità o la semplice irregolarità dell’atto e tale controllo si risolve nell’indagine sullo scopo della legge ed in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato, senza che soccorra il criterio estrinseco della forma” …”.

“Ne deriverebbe anche, per ulteriore conseguenza, l’impossibilità di pronunciare la risoluzione del contratto di locazione (la risoluzione contrattuale essendo coerente solo con l’esistenza di un contratto valido: v. Cass. Sez. U. 04/09/2012 n. 14828, a cui hanno fatto poi seguito, come noto, Cass. Sez. U., 12/12/2014, n. 26242-3) …”.

CASO 

La sentenza in commento esamina il caso in cui un bene demaniale sia gravato da uso civico e, al contempo, sia concesso in locazione ad un singolo, rammentando quali siano i presupposti ed i limiti entro i quali il contratto di locazione (o l’atto di concessione amministrativa) possa essere ritenuto valido.

Questa è la vicenda: su domanda dell’Amministrazione dei beni demaniali, in qualità di locatore, il Tribunale di Vallo della Lucania dichiarava risolto per grave inadempimento il contratto di locazione concluso con un privato conduttore, che veniva condannato al rilascio del bene immobile – gravato, come anzidetto, da uso civico – e al pagamento dei canoni maturati e maturandi fino all’effettivo rilascio.

Il privato appellava la sentenza chiedendo, in via principale e per quanto maggiormente interessa in questa sede, che venisse dichiarata la nullità del contratto di locazione, in quanto bene immobile gravato da uso civico (in subordine, veniva invocato il rigetto della domanda di risoluzione del contratto e, in ulteriore subordine, veniva opposto un diverso e minore ammontare delle somme dovute a titolo di canoni scaduti).

Ebbene, la Corte d’Appello di Salerno accoglieva il gravame solo in ragione di quest’ultimo e residuale motivo, riducendo di conseguenza l’importo dovuto dal conduttore; l’eccepita domanda di accertamento della nullità del contratto di locazione, nel caso di bene gravato da uso civico, veniva invece rigettata dal Giudice di secondo grado.

Sicché il privato conduttore proponeva ricorso in Cassazione, sulla scorta di quattro motivi.

SOLUZIONE 

La Corte di Cassazione accoglieva il primo e il quarto motivo di ricorso [vale a dire la domanda di accertamento della nullità del contratto di locazione, nonché della nullità derivata ai capi della sentenza concernenti la risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento del conduttore e al pagamento dei canoni scaduti e a scadere, “… con la sola eccezione dell’ordine di rilascio del terreno dal momento che questo trova, comunque, in un caso (nullità del contratto) o nell’altro (risoluzione per inadempimento), piena giustificazione…”], dichiarando assorbiti gli altri due motivi.

La sentenza in commento sanciva infatti che La concessione in godimento, mediante contratto di locazione, di terreni demaniali soggetti ad uso civico è subordinata alla condizione che la destinazione concreta impressa al bene sia conforme all’esercizio dell’uso civico o, se diversa, che la stessa sia comunque temporanea e tale da non determinare l’alterazione della qualità originaria del bene. L’onere della prova della sussistenza di tali requisiti incombe sulla parte che intende far valere in giudizio diritti derivanti dal contratto. In mancanza il contratto deve ritenersi nullo per contrasto con norma imperativa” e che “Ne deriverebbe anche, per ulteriore conseguenza, l’impossibilità di pronunciare la risoluzione del contratto di locazione (la risoluzione contrattuale essendo coerente solo con l’esistenza di un contratto valido …”.

Rinviava quindi alla Corte d’Appello di Salerno l’accertamento (di merito), in diversa composizione, sulla sussistenza delle condizioni espresse.

QUESTIONI 

La decisione in commento offre l’occasione per approfondire alcune interessanti questioni giuridiche, a partire dall’istituto degli usi civici: quali sono le condizioni per la concessione/locazione a singoli privati di beni gravati da uso civico e quali siano le conseguenze in caso di contrasto del contratto con il sottostante uso civico.

1) Cosa sono gli usi civici

Gli usi civici sono stati introdotti (ma non precisamente definiti) dalla Legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Riordinamento degli usi civici) e dal Regio Decreto 26 febbraio 1928, n. 332 (Regolamento di esecuzione della legge sul riordinamento degli usi civici).

Come è stato affermato da certa dottrina[1], gli usi civici sono “… un residuo di antiche forme di diritti collettivi. Oggi sono diritti spettanti sulla proprietà altrui (sia pubblica, sia privata) a una collettività di persone. Possono essere i cittadini di un comune che hanno diritto a far legna in un bosco, i pescatori di una zona che vanno a pescare in una palude di proprietà privata o comunale, i pastori di una vallata che hanno diritto di pascolare il gregge in un determinato possedimento …”.

Gli usi civici configurano in capo ai beneficiari dei diritti collettivi di carattere pubblico, sostanzialmente inalienabili e imprescrittibili; tra i cittadini a cui spetta il diritto esiste un rapporto speciale di comunione.

Da notare che essi spettano al singolo in quanto membro di una collettività e non come individuo: per quanto la natura giuridica degli usi civici non sia pacifica, può ritenersi maggiormente accreditata la tesi di chi li qualifica quali diritti reali su cosa altrui (ius in re aliena).

Come si è accennato poc’anzi, esistono due tipologie di usi civici, a seconda che siano costituiti su beni pubblici (in quanto appartenenti alla comunità di abitanti) ovvero su fondi privati: ebbene, premesso che in generale si tratta di una realtà che sopravvive ormai solo in alcune zone rurali o montane del Paese, nel primo caso – quello della sentenza in commento – l’istituto in parola è soggetto ad un regime pubblicistico speciale e non è passibile di rinuncia o alienazione; nel secondo caso, invece, gli usi civici sono in fase di liquidazione, con conseguente abbandono della facoltà di utilizzo diretto da parte del singolo beneficiario e introduzione di una modalità di utilizzo verso pagamento di denaro (canone) o in natura.

2) Condizioni per la concessione/locazione a singoli privati di beni gravati da uso civico: Cassazione civ., sez. II, 12/05/1999, n. 4694

Posta la natura giuridica di diritti collettivi di carattere pubblico degli usi civici, la Suprema Corte in commento ha dovuto affrontare il tema della legittimità dell’atto dispositivo, nei confronti di un soggetto terzo, di un bene (pubblico) gravato da uso civico.

Si è visto che la Corte d’Appello di Salerno aveva, in buona sostanza, considerato sempre legittimo detto trasferimento, ritenendo di poter radicare l’assunto all’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione (segnatamente, Cass. civ., sez. II, 12/05/1999, n. 4694), a cui tenore “… [è] del tutto legittimo il trasferimento a privati del godimento dei beni di uso civico mediante atti di concessione amministrativa oppure contratti di locazione in base al rilievo che in tali ipotesi la durata del rapporto è predeterminata e non si registrano riflessi negativi sul carattere originario dei beni gravati da uso civico …”[2].

Sicché, in ragione di tale argomentazione, aveva rigettato il motivo di appello avanzato dal privato conduttore, in relazione alla pretesa nullità del contratto di locazione.

La Suprema Corte, tuttavia, rileva come il Giudice di secondo grado sia incorso in un errore di diritto.

Invero, il caso oggetto della sentenza n. 4694/1999 aveva riguardato la concessione per uso cave di terreni di uso civico: in tale occasione la Cassazione – pur riconoscendo legittime le predette concessioni – non si era però astenuta dal precisare i limiti entro i quali tale riconoscimento possa essere validamente effettuato.

Difatti, lungi dal consentire l’indiscriminata facoltà di concedere in locazione beni demaniali gravati da uso pubblico, il Giudice di legittimità aveva piuttosto subordinato la concessione in godimento di beni di uso civico al seguente accertamento:

“che la destinazione concreta impressa al bene sia conforme all’esercizio dell’uso civico;

ove invece sia diversa, la stessa sia comunque temporanea e tale da non determinare l’alterazione della qualità originaria di essi: verifica che dev’essere condotta mediante procedimento amministrativo, all’esito del quale venga autorizzato il cambio di destinazione del bene civico[3].

La Corte di Cassazione in commento ridimensiona quindi l’errata interpretazione compiuta dalla Corte d’Appello di Salerno nei seguenti termini: Essendo l’atto dispositivo a porsi quale eccezione alla regola che riserva esclusivamente alla comunità il godimento del bene, è evidente che ove non si abbia sufficiente contezza del rispetto di detti limiti l’atto dispositivo andrà considerato in contrasto con la previsione di legge.

L’onere della prova si appunta in capo alla parte che intende far valere in giudizio diritti derivanti dal contratto, secondo la regola ordinaria di cui all’art. 2697 c.c.: nel caso di specie pertanto, vista la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte d’Appello, quest’ultima dovrà decidere sul punto alla luce degli elementi offerti dalla parte pubblica, già acquisiti al giudizio (“… l’eventuale incertezza … si risolverebbe in danno della parte che su di esso intende fondare i diritti azionati in giudizio”).

3) Contrasto con l’uso civico: effetti giuridici sul contratto di locazione (sentenza Sezioni Unite, 21/08/1972, n. 2697)

Ovviamente – prosegue la sentenza in commento – nel caso in cui, all’esito dell’accertamento da effettuare, perdurassero incertezze circa la conformità della destinazione del bene locato all’uso civico o, in caso di contrasto con esso, circa la temporaneità e, comunque, la non alterazione della qualità originaria del bene, il contratto di locazione sarebbe affetto da nullità ex art. 1418, commi 1 e 2, c.c., rispetto alla Legge n. 1766/1927, artt. 12 e 21 (Riordinamento degli usi civici), al Decreto Regio n. 332/1928, art. 41 (Regolamento di esecuzione della legge sul riordinamento degli usi civici) e alla Legge Regione Campania n. 11/1981, art. 2 (Norme in materia di usi civici).

Sotto questo profilo, la dichiarata risoluzione del contratto di locazione per grave inadempimento contrattuale è errata in quanto la risoluzione presuppone un contratto comunque valido[4].

Vale infine la pena rammentare anche l’ulteriore principio giuridico richiamato dalla Suprema Corte in commento, vale a dire quello espresso da Cass. civ., Sez. Unite, 21/08/1972, n. 2697[5], secondo la quale “… allorquando si sia in presenza di una norma proibitiva non formalmente perfetta, cioè priva della sanzione dell’invalidità dell’atto proibito, occorre specificamente controllare la natura della disposizione violata per dedurre l’invalidità o la semplice irregolarità dell’atto; tale controllo si risolve nella indagine sullo scopo della legge e in particolare sulla natura della tutela apprestata, se cioè di interesse pubblico o privato, senza che soccorra il criterio estrinseco della forma”.

Detto importante principio si pone quale corollario della (eventuale) violazione dei limiti posti alla concessione in godimento di bene gravato da uso civico: la nullità del contratto deriverebbe dal fatto che la Legge n. 1766/1927 intende tutelare interessi sovraordinati di natura pubblica, la cui rilevanza determina il carattere imperativo della norma stessa – ancorché non formalmente espresso – e la conseguente nullità dell’atto negoziale in contrasto con essa.

[1] TRABUCCHI A., Istituzioni di diritto civile, Padova, 1991, pag. 447.

[2] Conformi: Cass. civ., S.U., 10/03/1995, n. 2806; Cass. civ., sez. III, 05/05/1993, n. 5187; Cass. civ., 24/03/1983, n. 2069.

[3] D’altra parte, la previsione è in linea con l’art. 12, comma 2, Legge n. 1766/1927, secondo la quale “I Comuni e le associazioni non potranno, senza l’autorizzazione del Ministero dell’economia nazionale, alienarli o mutarne la destinazione”.

[4] Cass. civ., Sez. Unite, 04/09/2012, n. 14828; Cass. civ., Sez. Unite, 12/12/2014, n. 26242 e 26243.

[5] Conformi: Cass. civ., 27/11/1975, n. 3974; Cass. civ., 18/07/2003, n. 11256; Cass. civ., 30/12/2011, n. 30634.

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