Litispendenza fra opposizione a precetto e opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.
di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDFCass. civ. Sez. III, Sent., (ud. 15-01-2019) 17-10-2019, n. 26285
Sussiste litispendenza tra opposizione a precetto e opposizione all’esecuzione, successivamente proposta avverso il medesimo titolo esecutivo, ove le due azioni siano fondate su fatti costitutivi identici, concernenti l’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata e sempreché le cause pendano innanzi a giudici diversi. Nel caso invece in cui le due opposizioni, riassunta la seconda nel merito, risultino pendenti innanzi al medesimo ufficio giudiziario, dovrà esserne disposta la riunione ai sensi dell’art. 273 c.p.c. Qualora ciò non sia possibile per impedimenti di carattere processuale, la seconda causa dovrà essere sospesa pregiudizialmente ai sensi dell’art. 295 c.p.c.
CASO
Una società creditrice otteneva nei confronti di un condominio un’ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. per il pagamento di fatture inevase; a seguito della notifica del titolo esecutivo e del precetto, il Condominio provvedeva ad un parziale pagamento.
Quanto al residuo, veniva notificato tuttavia dalla società atto di precetto e un successivo atto di pignoramento presso terzi.
Il Condominio si opponeva al precetto ex art 615, comma 1, c.p.c., sostenendo l’intervenuto pagamento integrale nonché la legittimità della forma dell’opposizione (art. 615 c.p.c. comma 1), ritenendo il giudice adìto funzionalmente competente, in ragione dell’avvenuto perfezionamento della notifica del pignoramento presso terzi posteriormente alla notifica dell’atto di opposizione a precetto. Il Tribunale accoglieva l’opposizione.
Avverso l’atto di pignoramento presso terzi, inoltre, il condominio proponeva opposizione ai sensi dell’art 615 c.p.c. comma 2. Il giudice dell’esecuzione, preso atto della sospensione del titolo esecutivo disposta dal giudice dell’opposizione a precetto a mente del comma 1 dell’art. 615 c.p.c., sospendeva la procedura esecutiva ai sensi dell’art. 623 c.p.c., assegnando termine per instaurare il giudizio di merito.
Ottemperando a tale onere, la società introduceva il giudizio dinanzi al Giudice di pace di Milano, competente per valore, al quale chiedeva di dichiarare l’inesistenza giuridica o comunque la nullità del (primo) provvedimento di sospensione del titolo esecutivo (adottato ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1) e di revocare, invece, il (secondo) provvedimento di sospensione dell’esecuzione, giacché al momento della notifica, sia del precetto che dell’atto di pignoramento, il debito del Condominio non risultava estinto. Le domande venivano respinte.
La società appellava la decisione e il Tribunale di Milano, in funzione di giudice d’appello, riformando la sentenza appellata, dichiarava “la litispendenza tra il processo di cognizione in cui tale sentenza è stata emessa ed il processo di cognizione in cui è stata pronunciata la sentenza in data 11.3.2014 del Tribunale di Milano, riguardando il primo di tali processi – instaurato successivamente all’altro – la medesima opposizione all’esecuzione oggetto del secondo“; compensava le spese di giudizio.
La società proponeva ricorso ordinario per cassazione.
SOLUZIONE
La Corte di cassazione ha convertito il ricorso per cassazione della società in regolamento necessario di competenza, dichiarandolo inammissibile perché tardivamente proposto. Infatti, le Sezioni unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito che la litispendenza è un istituto che concorre all’identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa. Pertanto, la sentenza con cui si dichiari la litispendenza, essendo sostanzialmente assimilabile ad una decisione su questioni di competenza, può essere impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza (Sez. U, Ordinanza n. 17443 del 31/07/2014). Tale conclusione va mantenuta ferma anche quando la litispendenza è dichiarata soltanto all’esito del giudizio di appello, con conseguente riforma della decisione di primo grado riguardante invece anche il merito. Infatti, l’art. 42 c.p.c. non distingue fra sentenza di primo o di secondo grado e configura il regolamento necessario di competenza come l’unico mezzo d’impugnazione esperibile avverso qualsiasi pronuncia sulla sola competenza. Consegue che, quando la litispendenza è dichiarata in grado di appello, l’impugnazione proposta nelle forme del ricorso ordinario per cassazione è inammissibile (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 17025 del 10/07/2017).
QUESTIONI
La questione sottoposta all’attenzione della Corte concerne la possibilità di definire in termini di litispendenza il rapporto fra l’opposizione a precetto proposta a norma dell’art. 615 c.p.c., comma 1, e cioè prima che abbia avuto inizio l’esecuzione forzata, e l’opposizione all’esecuzione, avanzata ai sensi del comma 2 del medesimo articolo e proposta successivamente, per i medesimi motivi, innanzi al giudice dell’esecuzione.
La litispendenza è un istituto che concorre all’identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa, evitando mediante il criterio della prevenzione il simultaneus processus e quindi un eventuale contrasto di giudicati.
Le cause debbono pendere avanti ad uffici giudiziari diversi, fra le stesse parti e purché si riscontri identità di causa petendi e di petitum (Cass. civ., sent. n. 1302 del 26/01/2004).
Occorre quindi verificare se le opposizioni proposte ai sensi dell’art 615 c.p.c. comma 1 e comma 2 diano luogo ad un simultaneo esercizio della funzione giurisdizionale sulla stessa controversia.
In primo luogo si deve esaminare il petitum delle due azioni.
Nonostante il potere di sospensione conferito al giudice dall’art. 615 c.p.c., comma 1, riguardi testualmente l’efficacia esecutiva del titolo, si deve evidenziare come l’oggetto dell’opposizione pre-esecutiva sia la contestazione del diritto del creditore ad agire in via esecutiva sulla base del precetto come in concreto formulato e intimato; si mira cioè a contrastare quella particolare connotazione del diritto di procedere in executivis impressa con la specifica minaccia contenuta nel precetto medesimo (Cass. civ. sent. n. 19889, 23/07/2019).
Ne deriva che l’opposizione proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, non integra, in senso tecnico, un’impugnazione del titolo posto a base del precetto, ma è volta a contestare il diritto del creditore ad agire in executivis. Parimenti, nell’opposizione all’esecuzione (già iniziata) il petitum è da individuarsi proprio nella contestazione ad agire in via esecutiva.
In entrambi i casi, quindi, la domanda principale è volta ad accertare l’insussistenza, in tutto o in parte, del diritto del creditore a procedere esecutivamente. Da ciò emerge l’identità di petitum delle due azioni: il diritto ad agire in via esecutiva il cui esercizio, nel caso di opposizione a precetto, è stato solo preannunciato, mentre nel caso di opposizione all’esecuzione è stato concretamente attuato.
Né pare potersi aderire alla tesi, pur sostenuta dalla Corte (ordinanza 10 gennaio 2017 n. 302), che farebbe derivare la diversità dei due giudizi dalla diversità degli atti opposti, rispettivamente il precetto e il pignoramento. Restano, infatti, irrilevanti gli atti avverso i quali si propone l’opposizione, poiché ad essere oggetto di contestazione non è la legittimità di detto atto (come nella opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.) quanto, piuttosto, il titolo esecutivo, che sta a monte tanto degli atti propedeutici all’esecuzione quanto della susseguente esecuzione forzata (così Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., (ud. 05-02-2019) 12-04-2019, n. 10415).
Quanto all’identità della causa petendi delle due azioni oppositive, la Corte ritiene che debba essere accertata di volta in volta, in considerazione delle ragioni dedotte dall’opponente.
Infine, va ricordato che la litispendenza opera solo se le cause siano pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi secondo quanto previsto dall’art. 39 c.p.c.
Invero, le ipotesi in cui l’opposizione pre-esecutiva dovrà essere instaurata innanzi ad un giudice diverso da quello che sarà territorialmente competente per l’opposizione all’esecuzione già intrapresa sono ristrette a casi specifici quali sono quelli ricordati dalla Cassazione, vale a dire il caso in cui il creditore dichiari la propria residenza o elegga il domicilio in un circondario dove si trovano beni del debitore diversi da quelli che poi saranno effettivamente pignorati; ovvero quello in cui l’atto di precetto non contenga la dichiarazione di residenza, né l’elezione di domicilio e sia notificato al debitore in un luogo diverso da quello in cui sarà intrapresa l’azione esecutiva; e infine l’ipotesi nella quale il creditore effettui una elezione di domicilio “anomala” e il debitore, nel proporre opposizione, aderisca a tale indicazione, qui l’incompetenza territoriale non verrà neppure rilevata d’ufficio.
Solo nei casi citati potrà parlarsi di litispendenza: viceversa, ove le cause identiche o connesse pendono dinanzi al medesimo ufficio giudiziario, dovranno trovare applicazione le norme sulla riunione ovvero l’istituto della sospensione per pregiudizialità ex artt. 295 e 337 c.p.c. (ex plurimis: Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21761 del 23/09/2013; Sez. 3, Ordinanza n. 9510 del 21/04/2010; Sez. 3, Sentenza n. 11357 del 16/05/2006).
Da quanto esposto, quindi, emerge che fra le due opposizioni ex artt. 615 c. 1 e c 2 sussiste litispendenza, dovendosi ritenere che la relazione fra un’opposizione a precetto ed un’opposizione all’esecuzione iniziata successivamente, le quali siano fondate su fatti costitutivi dell’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata identici, sia una relazione di identità di causam petendi, et petitum (perché il bene della vita che si vuole conseguire è il medesimo: l’arresto dell’azione esecutiva minacciata e poi intrapresa).