23 Aprile 2024

Litisconsorzio alternativo passivo e oneri della parte in sede di impugnazione: la questione nuovamente al vaglio delle Sezioni Unite

di Riccardo Rossi, Avvocato Scarica in PDF

Cass., Sez. IV, ord., 6 febbraio 2024, n. 3358 Pres. Di Paolantonio – Rel. Cavallari

Litisconsorzio – Cumulo soggettivo passivo alternativo – Petitum – Impugnazioni – Oneri della parte – Soccombenza – Appello incidentale – Riproposizione domande (c.p.c. 103, 343, 346)

[1] Il Collegio ritiene opportuno rimettere all’attenzione delle Sezioni Unite il seguente quesito: se, in caso di cumulo soggettivo passivo alternativo, l’appellato vincitore in primo grado sia tenuto, in presenza di appello principale del convenuto soccombente nello stesso grado, a presentare appello incidentale, eventualmente condizionato, o a riproporre ex art. 346 c.p.c. le domande non accolte dal giudice precedente, per evitare che, qualora detto appello principale sia accolto, passi definitivamente in giudicato la parte della decisione del primo giudice relativa alla posizione degli altri convenuti risultati non soccombenti.

CASO

[1] I fatti di causa possono essere brevemente riassunti come segue.

V., dipendente dal 1999 del Ministero dell’Interno, nel 2001 veniva trasferito alle dipendenze del Comune di Latina con la qualifica di operatore ufficio, categoria A, posizione economica A3, per poi essere, nel 2003, in seguito a un protocollo d’intesa tra Regione Lazio, INPS e Comune di Latina, assegnato alle dipendenze dell’INPS, con mansioni riconducibili all’area C.

Lo stesso R.V. proponeva dunque domanda di accertamento relativo allo svolgimento di mansioni superiori dal 14 luglio 2003, con richiesta di condanna a pagare la somma di € 22.133,00 a titolo di differenze retributive nei confronti, alternativamente, della Regione Lazio, del Comune di Latina ovvero dell’INPS, rimettendo all’autorità giudiziaria di individuare, fra quelli indicati, il soggetto tenuto ad adempiere l’obbligo di versare il corrispettivo dovuto per la prestazione resa.

Il giudizio, incardinato avanti al Tribunale di Latina, terminava con l’accoglimento della domanda avanzata contro l’INPS, con “assoluzione” correlativa del Comune di Latina e della Regione Lazio.

L’INPS proponeva appello e nel giudizio di seconde cure si costituiva R.V., proponendo appello incidentale per la sola parte relativa alle spese di lite.

Si costituivano, altresì, la Regione Lazio e il Comune di Latina, il quale riproponeva in via incidentale l’eccezione di prescrizione, ritenuta assorbita dal primo giudice.

La Corte d’appello di Roma accoglieva l’appello principale dell’INPS, ritenendo che questo non fosse il soggetto passivo dell’obbligazione in esame, ma affermava al medesimo tempo di non doversi pronunciare in ordine alla responsabilità del Comune di Latina e della Regione Lazio, in quanto R.V., nel costituirsi in secondo grado, non aveva proposto appello incidentale, eventualmente condizionato, al fine di ottenere la condanna degli enti convenuti diversi dall’INPS e neppure aveva ripresentato le domande originarie ai sensi dell’art. 346 c.p.c. Come detto, infatti, egli si era limitato a chiedere il rigetto dell’appello principale dell’INPS e aveva articolato, a sua volta, appello incidentale solo in ordine al profilo delle spese di lite.

R.V. proponeva, dunque, ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Per quanto qui interessa, lo stesso lamentava, in particolare, che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere onere dello stesso, in sede di gravame, proporre appello incidentale condizionato al fine di ottenere il riesame e l’accoglimento delle pretese nei confronti del Comune di Latina e della Regione Lazio, in quanto la Corte avrebbe dovuto riesaminare, in ogni caso, anche le posizioni dei due ultimi soggetti citati.

SOLUZIONE

[1] La Sezione IV della Cassazione ha deciso di rimettere gli atti al Primo Presidente affinché valuti l’opportunità di assegnare la trattazione e la decisione del ricorso alle Sezioni Unite.

La questione che si è inteso demandare alla Corte nella sua più alta composizione è stata, esattamente, la seguente: quale condotta processuale debba tenere l’originario attore al fine di ottenere dal giudice di secondo grado, nell’eventualità che l’appello del convenuto soccombente in primo grado sia accolto, una pronuncia di condanna nei confronti degli altri convenuti ancora presenti in giudizio e non soccombenti in esito al primo giudizio.

La Corte ricorda che le possibilità sono tre e ognuna di esse comporta conseguenze pratiche di rilievo, in quanto, in base all’adesione all’una o altra tesi, mutano gli oneri della parte in sede di impugnazione.

Anzitutto, si può ritenere che l’originario attore sia risultato soccombente in primo grado nei confronti dei convenuti non condannati. Ne consegue che egli dovrà proporre appello incidentale contro detti convenuti, condizionato all’accoglimento dell’appello principale dell’unico convenuto che in primo grado era stato condannato.

Ancora, si può affermare che, invece, l’attore originario non sia vero e proprio soccombente. Da ciò deriva che egli non dovrà proporre appello incidentale condizionato, ma solo riproporre le domande non accolte verso gli altri convenuti ai sensi dell’art. 346 c.p.c.

Infine, si può considerare l’attore originario totalmente vincitore in primo grado e ipotizzare che l’unico convenuto soccombente, proponendo appello, abbia rimesso in discussione la questione dell’individuazione del debitore della prestazione richiesta. In questa eventualità, l’appello del convenuto condannato impedirebbe il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, con l’effetto che il creditore non dovrebbe né presentare appello incidentale condizionato né riproporre le domande verso gli altri convenuti ex art. 346 c.p.c., dovendo il giudice di secondo grado, ove accolga l’appello principale, decidere quale degli altri convenuti sia il debitore.

QUESTIONI

[1] La questione processuale oggetto del contendere riguarda la nota figura del c.d. litisconsorzio alternativo passivo (conosciuto anche come “cumulo soggettivo passivo alternativo”), fenomeno che rappresenta una species del genus litisconsorzio facoltativo previsto all’art. 103 c.p.c. (Mandrioli, Diritto processuale civile, I, XXI ed., Torino, 2011, 426, nt. 29) e che ricorre nel caso in cui l’attore proponga domanda nei confronti di due (o più) convenuti, con la richiesta di accoglimento della stessa nei confronti di uno o dell’altro o di uno qualsiasi degli stessi, con la prospettazione di ciascuna alternativa come ad excludendum l’altra.

Dunque, in tale fattispecie la domanda si caratterizza specificamente per essere indeterminata solo dal lato soggettivo passivo, mentre causa petendi e petitum non variano.

In sostanza, l’attore avanza le proprie pretese senza indicare quale, tra i plurimi convenuti, debba essere condannato a fornire la prestazione richiesta, agendo così nella totale indifferenza rispetto al soggetto di cui richiede condanna.

Come anticipato, il problema prende genesi allorquando, all’esito del giudizio di prime cure, venga condannato uno dei vocati e questi proponga successivamente appello avverso la sentenza a lui sfavorevole, trattandosi, a questo punto, di determinare la condotta processuale che l’originario attore, convenuto in appello, debba tenere al fine di far riesaminare alla Corte d’appello anche la domanda verso gli altri convenuti non condannati per il caso venisse accolto l’interposto gravame.

Sull’atavica questione, già oggetto di attenzioni da parte della dottrina tradizionale (v. Mortara, voce Appello Civile, in Digesto It., III, 2, Torino, 1890, n. 1550 ss; Attardi, Note sull’effetto devolutivo dell’appello, in Giur. It., 1961, IV, 150 ss.; Tarzia, Appunti sulle domande alternative, in Riv. Dir. Proc., 1964, 252, ss.), aveva avuto occasione di esprimersi la Cassazione a Sezioni Unite nel noto precedente del 2002 (Cass., S.U., 29 luglio 2002, n. 11202, in Giur. It., 2003, p. 658, con nota critica di Consolo, Le Sezioni unite sul litisconsorzio alternativo in appello).

La questione affrontata – si ribadisce: contegno rituale dell’originario attore appellato dal convenuto soccombente in primo grado per avere, in caso di accoglimento delle doglianze di quest’ultimo, una pronuncia della Corte d’appello sulla posizione degli altri originari convenuti – vedeva la convivenza dei tre orientamenti sopra esposti, ovvero: i) necessità per lo stesso di proporre appello incidentale condizionato, in quanto l’accoglimento dell’impugnazione avversaria lo avrebbe esposto, altrimenti, a definitiva soccombenza (v., in particolare, Cass. 15 marzo 1995, n. 2992, e Cass. 23 marzo 2002, n. 4171); ii) pur non onerato di avanzare appello incidentale, l’originario attore avrebbe dovuto riproporre a norma dell’art. 346 c.p.c. le domande già presentate in primo grado, in quanto l’ipotesi ricadrebbe nello spettro di applicazione della norma, che fa riferimento alle domande “non accolte”; iii) insussistenza di un onere tanto di appello incidentale che di riproposizione delle domande formulate in primo grado, in quanto l’impugnazione del convenuto condannato sarebbe sufficiente a devolvere l’intero unico rapporto al giudice d’appello (v. Cass. 1° aprile 1999, n. 3144).

Le Sezioni Unite 2002 accoglievano la tesi illustrata sub ii), fondando la decisione, tuttavia, sul presupposto che l’art. 346 c.p.c. si riferisca tanto alle domande assorbite, quanto a quelle respinte, soluzione che pare rievocare quanto già sostenuto in dottrina (v. Mortara, op cit.), pur, epperò, in un contesto positivo che non vedeva l’esistenza di un equivalente normativo dell’odierno art. 346 c.p.c.

In ogni caso, tale incongruenza veniva rilevata in un successivo arresto della Cassazione (Cass., S.U., 19 aprile 2016, n. 7700), la quale faceva notare come il riferimento dell’art. 346 c.p.c. alle domande “non accolte” dovesse essere inteso come domande che il giudice non ha esaminato; in altri termini, assorbite (interpretazione poi accolta da Cass. S.U., 21 marzo 2019, n. 7940). È proprio per questo che l’ordinanza in commento si propone di far riesaminare il principio espresso dalle Sezioni Unite del 2002, precisando che l’esito potrebbe essere differente o eguale, ma con diversa motivazione.

Nell’attesa della decisione, operativamente, pare ragionevole seguire quanto affermato dalle Sezioni Unite del 2002, pur tenendo in considerazione, quantomeno teoricamente, che, a séguito del citato precedente relativo all’interpretazione dell’art. 346 c.p.c., non potrebbe forse concepirsi una soluzione generalizzante.

Al contrario, potrebbe essere opportuno distinguere il caso in cui il giudice effettivamente rigetti una delle domande alternative proposte dall’originario attore, accogliendone un’altra, così onerando lo stesso di proporre appello incidentale, in quanto l’inattualità dell’interesse alla proposizione dell’impugnazione (principale) – avendo ottenuto quanto richiesto e, dunque, essendo egli vincitore in primo grado – potrebbe bene rivivere nell’ipotesi di accoglimento dell’appello avanzato dal convenuto soccombente nel primo giudizio, dal caso in cui il giudice di prime cure si limiti ad accogliere una delle richieste proposte, ritenendo assorbite tutte le altre, ipotesi in cui, per l’originario attore, dovrebbe poter essere sufficiente riproporre, ex art. 346 c.p.c., le proprie domande.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Diritto della proprietà intellettuale