Liquidazione giudiziale delle parcelle: l’avvocato deve (allegare e) documentare specificamente le attività effettivamente svolte
di Stefano Nicita Scarica in PDFCass. civ., 30 settembre 2015, n. 19520 (sent.)
Pres. RUSSO – Est. BARRECA
Spese giudiziali – Onorari dell’avvocato – Liquidazione a carico del cliente – Valore manifestamente diverso da quello presunto – Valore effettivo della controversia
(C.p.c. artt. 10,14, 91, 92; C.c. artt. 2233, 2697; L. n. 794 del 1942, art. 28 e 29; D.M. n. 127 del 2004, art.6, comma 1; D. Lgt. n. 150 del 2011 art.14)
[1] In tema di liquidazione degli onorari in favore dell’avvocato per l’opera prestata in un giudizio di azione revocatoria occorre differenziare (ex D.M. n. 127 del 2004, art. 6, commi 1 e 2) tra criterio di determinazione degli onorari a carico del cliente e criterio di determinazione degli onorari a carico del soccombente. Nel primo caso (a differenza del secondo) il valore della causa, laddove risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile, va determinato non già sulla base del credito a tutela del quale si è agito in via revocatoria, bensì sulla base del valore effettivo della controversia e dell’attività professionale specificamente allegata e documentata dall’avvocato.
Spese giudiziali – Soccombenza reciproca – Compensazione spese giudiziali.
(C.p.c. artt. 91, 92; C.c. artt. 2233 L. n. 794 del 1942, art. 28 e 29; D.M. n. 127 del 2004, art.6, comma1; D. Lgt. n. 150 del 2011 art.14)
[2] La soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le parti delle spese processuali (art. 92 c.p.c., comma 2), ricorre in tre possibili casi: a) una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate nello stesso processo fra le stesse parti; b) l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri; c) quando la parzialità dell’accoglimento sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico capo.
IL CASO
[1] Nel luglio 2011, il Tribunale di Lecce, decide sull’istanza di liquidazione di onorario proposta da un avvocato nei confronti del proprio cliente (ai sensi della L. n. 794 del 1942, artt. 28 e 29) per l’opera prestata in un precedente giudizio di azione revocatoria. Nella fattispecie, il Tribunale liquida una somma complessiva non determinata in base al valore del credito, alla cui tutela era diretta l’azione revocatoria (reputato criterio applicabile soltanto nella liquidazione giudiziale a carico della parte soccombente in giudizio), bensì in base al valore effettivo della controversia (reputato, ex D.M. n. 127 del 2004, art. 6, comma 2, criterio applicabile nella liquidazione degli onorari a carico del cliente).
Il Tribunale, inoltre, compensa tra le parti le spese del procedimento di liquidazione, ravvisando una soccombenza reciproca e reputando la controversia di valore indeterminato.
L’avvocato ricorre per Cassazione contro questo provvedimento.
LA SOLUZIONE
[1-2] La Suprema Corte, rigetta il ricorso e conferma le statuizioni del Tribunale di Lecce, precisando in motivazione di uniformarsi all’orientamento maggioritario in materia della nozione di soccombenza reciproca, secondo quanto riportato nella massima (Conf. Cass. civ. Ord., 21 ottobre 2009, n. 22381, in Mass. Giur. It. 2009 e Cass. civ. Ord., 23 settembre 2013, n. 21684, in CED Cassazione, 2013).
LA QUESTIONE
[1] La misura del compenso dovuto al prestatore d’opera intellettuale deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione, così prevede la norma del Codice civile (art.2233). In materia di professioni legali, il D.M. n. 127 del 2004, art. 6, ai commi 1 e 2, regola diversamente i criteri di determinazione del valore della controversia che concorre a determinare l’importanza dell’opera svolta dall’avvocato: nella liquidazione degli onorari a carico del soccombente, il valore della causa è determinato a norma del codice di procedura civile, invece, nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile.
Sul punto la Corte tiene fermo il principio sancito dalla norma.
La pronuncia merita attenzione sul punto relativo al regime probatorio dell’attività professionale svolta. La Corte sottolinea che nel liquidare diritti ed onorari, nell’ambito del procedimento iniziato ai sensi della L. n. 794 del 1942, art. 28, il giudice deve tener conto “soltanto dell’attività professionale specificamente documentata dall’avvocato”, mentre ritiene che non sia ammissibile lamentare che il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto di quanto risultante dal fascicolo d’ufficio o di quanto non contestato dalla controparte. In effetti, il prestatore d’opera “avrebbe dovuto dedurre di avere prodotto la parcella contenente le voci relative alle attività svolte, rispetto alla quale soltanto avrebbe potuto invocare la presunzione di veridicità riconosciuta dalla giurisprudenza“ (cfr. Cass. civ., 15 giugno 2001, n. 8160, in Mass. Giur. It, 2001 e Cass. civ. Sez. Unite, 18 giugno 2010, n. 14699, in CED Cassazione, 2010).
[2] In relazione alla compensazione delle spese, poi, la Corte aderisce all’orientamento di giurisprudenza che definisce la nozione di soccombenza reciproca nei tre casi indicati in massima. Come è noto, la “compensazione per soccombenza reciproca” trova riferimento normativo nel disposto dell’art. 92 c.p.c. Tale fattispecie costituisce un’eccezione al generale principio della soccombenza (SCARSELLI, Le spese giudiziali civili, Milano, 1998, 213; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, 21ª ed., Torino, 2011, 405; GRASSO, Della responsabilità delle parti per le spese e per i danni processuali, in Comm. c.p.c. Allorio, I, Torino, 1973, 1001) e si giustifica in base a canoni incentrati sul c.d. criterio della causalità ovvero ponendo attenzione al comportamento delle parti nella controversia, agli interessi in gioco e alla “colpa” nella proposizione e prosecuzione della controversia (LORENZETTO PESERICO, Spese giudiziali, in Digesto civ., XVIII, Torino, 1988, rist. 1995, 673; VERDE, Profili del processo civile, I, 7ª ed., Napoli, 2008, 295; BONGIORNO, Spese giudiziali, in EG, XXX, Roma, 1993, 3). La giurisprudenza conforme considera soccombenza reciproca il caso di pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti (cfr. Cass. civ., 26 maggio 2006, n. 12629, in Mass. Giur. It., 2006) e così anche il caso di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri (cfr. Cass. civ. Ord., 21 ottobre 2009, n. 22381, cit.; Cass. civ., 06 dicembre 2003, n. 18705, in Mass. Giur. It., 2003; Cass. civ., 23 giugno 2000, n. 8532, Mass. Giur. It., 2000). L’ipotesi di accoglimento pieno della domanda sulla base di argomentazioni prospettate in via subordinata, dopo il rigetto di altre deduzioni spiegate in via principale, è inoltre reputata integrare un caso di soccombenza reciproca quando lo svolgimento dell’attività processuale conseguente alle argomentazioni disattese è causalmente attribuibile a chi ha proposto la domanda (cfr. Cass. civ., 22 settembre 2000, n. 12541, in Mass. Giur. It., 2000).
In conclusione, nella pronuncia la Cassazione prosegue nel solco dell’opera di definizione giurisprudenziale del potere discrezionale del giudice in merito alla condanna alle spese.