L’interruzione delle trattative e il diritto alla provvigione del mediatore
di Daniele Calcaterra, Avvocato Scarica in PDFTrib. Milano, 5 gennaio 2022, Sent., G.U. Dott. R. Pertile
Mediazione – interruzione delle trattative e successiva ripresa – conclusione dell’affare – nesso di causalità – diritto alla provvigione del mediatore
Massima: “Il presupposto indefettibile affinché sorga il diritto alla provvigione da parte del mediatore è la sussistenza di un nesso di causalità tra conclusione dell’affare e attività svolta dal mediatore. Non sussiste pertanto il diritto alla provvigione quando una prima fase delle trattative avviate con l’intervento di un mediatore non dia risultato positivo e la conclusione dell’affare, cui le parti siano successivamente pervenute, sia indipendente dall’intervento del mediatore”.
CASO
Con atto di citazione Tizio conveniva in giudizio Caio esponendo di essere mediatore immobiliare e di avere svolto, in tale veste, attività finalizzata ad agevolare l’acquisto da parte di Caio dell’immobile in proprietà di Sempronio.
Deduceva, in particolare, di aver fatto visitare l’immobile al convenuto, il quale aveva manifestato interesse all’acquisto e richiesto a Tizio la documentazione atta a verificare la possibilità del cambio di destinazione d’uso dell’immobile; che Caio, una volta ricevuta tale documentazione, gli aveva inviato una proposta d’acquisto di Euro 1.500.000, aumentabili in caso di cambio di destinazione d’uso anteriore al rogito; che, successivamente, aveva tentato invano di ricontattare Caio e che solo un anno dopo aveva scoperto che la compravendita era stata appena conclusa tra Sempronio e Caio ad un prezzo di Euro 1.650.000, con preliminare di vendita stipulato due mesi prima.
Tizio, ritenendo essere così sorto il proprio diritto alla provvigione con la conclusione della compravendita, si era adoperato senza successo per ottenere dal convenuto il pagamento della provvigione e chiedeva quindi di condannare Caio al relativo pagamento.
Caio si costituiva in giudizio osservando che durante l’unica visita dell’immobile in presenza di Tizio, non era entrato in contatto con Sempronio né Tizio gliene aveva comunicato l’identità; che la proposta d’acquisto inviata con e-mail a Tizio a seguito della suddetta visita era soltanto una bozza incompleta, sul cui contenuto egli aveva chiesto un parere che Tizio non gli aveva mai dato; che nella stessa e-mail aveva chiesto a Tizio anche di organizzare una seconda visita; che Tizio gli aveva dichiarato di essere certo che non si sarebbe potuto ottenere il cambio di destinazione d’uso dell’immobile e che l’offerta economica formulata da Caio si discostava eccessivamente dalla richiesta di parte venditrice; che Tizio, per questi motivi, si era quindi rifiutato di organizzare una seconda visita e aveva scoraggiato la prosecuzione delle trattative considerandole una “perdita di tempo per entrambi”. Esponeva ancora Caio che, preso atto del congedo di Tizio dal suo impegno a mediare, aveva continuato autonomamente a ricercare una soluzione per l’immobile e quindi aveva preso contattato con Sempronio, aveva trattato personalmente con l’amministrazione condominiale e con i condomini per la modifica del regolamento, aveva ottenuto il cambio di destinazione d’uso dell’immobile e, dopo la stipula del preliminare, aveva stipulato il contratto definitivo di compravendita. Concludeva pertanto chiedendo il rigetto della domanda di Tizio.
SOLUZIONE
Il Tribunale sposa la linea difensiva del convenuto e respinge la domanda dell’attore volta a ottenere il pagamento della provvigione.
QUESTIONI
Ai sensi dell’art. 1755 c.c. “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.
Dalla disposizione si ricavano sostanzialmente due principi:
- il primo è quello per il quale il presupposto indefettibile affinché sorga il diritto alla provvigione da parte del mediatore è la sussistenza di un nesso di causalità tra conclusione dell’affare e attività svolta dal mediatore. È cioè necessario che l’intervento di quest’ultimo abbia concorso a determinare tale conclusione, in quanto senza di esso l’affare non avrebbe trovato origine.
E per stabilire l’esistenza del nesso eziologico occorre fare riferimento alla teoria della causalità adeguata, in base alla quale la conclusione dell’affare deve costituire l’effetto dell’intervento del mediatore, rientrando la sua attività nella serie di fattori ai quali sia ricollegabile la positiva conclusione delle trattative. La giurisprudenza costante richiede che l’attività del mediatore costituisca sempre l’antecedente necessario per pervenire alla conclusione dell’affare, per cui se l’opera prestata dal mediatore non ha in alcun modo concorso alla conclusione dell’affare, la provvigione non è dovuta (Cass. 18/869; Cass. 16/24950; Cass. 14/25851).
- Il secondo principio è quello per cui l’onere della prova del nesso di causalità incombe sul mediatore. E si tratta di una prova particolarmente rigorosa; il mediatore, infatti, deve allegare fatti specifici indicativi dell’esistenza del predetto nesso (Cass. 86/2814), non essendo sufficiente dimostrare di avere fatto qualcosa e con ciò dare l’impressione di avere agevolato la conclusione dell’affare.
Chiarito ciò, nella vicenda per cui è causa, l’unico intervento di Tizio che risultava provato è stata un’unica visita all’immobile, cui poi fece seguito un’e-mail con la quale Tizio inviava a Caio la scheda dell’immobile con relativa planimetria e regolamento del condominio, mettendosi a disposizione per un eventuale successivo incontro.
Era invece acquisito agli atti che Caio aveva comunicato a Tizio l’esigenza di ottenere un cambio di destinazione d’uso dell’immobile e che quest’ultimo, pur essendone onerato, non aveva invece provato di aver neppure tentato alcunché per soddisfare tale esigenza, essendosi limitato a sostenere di avere chiarito a Caio che vi erano concrete possibilità che venisse approvata in assemblea una modifica del regolamento condominiale che consentisse di mutare la destinazione d’uso dell’immobile.
Mancava inoltre la prova che dopo la bozza di proposta d’acquisto formulata da Caio e la richiesta di organizzare una seconda visita, Tizio avrebbe proseguito l’attività mediatoria, incontrando la proprietà per esaminare la proposta e attuando successivi (ma indimostrati) infruttuosi tentativi di prendere contatto con il convenuto. Era invece documentalmente provata dal convenuto la trattativa da lui condotta autonomamente con Sempronio per giungere alla modifica del regolamento condominiale e quindi alla stipula del preliminare (a dieci mesi dall’unica visita e dall’ultima attività provata da Tizio) e del contratto definitivo di compravendita (a quasi un anno dalla visita).
Considerata dunque l’esiguità obiettiva dell’intervento di Tizio, nonché la distanza temporale tra l’ultimo contatto tra Tizio e Caio e la stipula del contratto di compravendita, nonché la complessità della trattativa svolta dal convenuto, si doveva escludere la rilevanza dell’intervento del mediatore ai fini della conclusione dell’affare.
Nello stesso senso, infatti, è il costante orientamento del giudice di legittimità (Cass. 15/1120) in forza del quale non sussiste alcun diritto alla provvigione in capo al mediatore quando una prima fase delle trattative avviate con l’intervento di quest’ultimo non dia risultato positivo e possa affermarsi che la conclusione dell’affare cui le parti siano successivamente pervenute è indipendente dall’intervento del mediatore che le abbia poste originariamente in contatto, ove la ripresa delle trattative sia intervenuta per effetto di iniziative nuove assolutamente non ricollegabili alle precedenti e da queste condizionate, sicché possa escludersi la rilevanza dell’originario intervento del mediatore. Anche nel caso esaminato dalla Corte, del resto, la sola attività dal mediatore era consistita nell’aver occasionalmente accompagnato il potenziale acquirente a visitare l’immobile (nello stesso senso si sono espresse anche ; Cass. 20/22426; Cass. 10/16157; Cass. 05/5952).
Capovolgendo il discorso, in altre occasioni la Suprema Corte (ex multis Cass. 14/25851, Cass. 10/12527) ha avuto modo di chiarire che per la corresponsione del diritto alla provvigione non è necessario che si giunga alla conclusione concreta dell’affare ma è sufficiente che il mediatore abbia ricoperto un ruolo decisivo causale nella stessa. Occorre, dunque, che il mediatore metta in relazione la volontà delle parti, pur in un processo complesso ed articolato nel tempo, e che tale relazione sia l’antecedente per la conclusione del contratto secondo i principi della causalità adeguata. È in sostanza sufficiente (ma necessario) che, anche in presenza di un processo di formazione della volontà delle parti complesso ed articolato nel tempo allorché ad esempio siano trascorsi molti mesi tra la messa in relazione delle parti e la conclusione dell’affare, l’attività con la quale l’agente abbia messo in contatto le parti interessate, rispettivamente alla vendita ed all’acquisto dell’immobile, costituisca l’antecedente indispensabile per pervenire, attraverso fasi e vicende successive, alla conclusione del contratto.
Alla stregua di tali elementi, il tribunale giunge, nel caso di specie, alla conclusione secondo cui Tizio non ha fornito la prova che la conclusione dell’affare sia stata in rapporto causale con la sua attività intermediatrice, né ha fornito la prova di avere messo in relazione le parti e che dunque realizzò fosse anche l’unico antecedente indispensabile per giungere alla conclusione del contratto secondo i principi della causalità adeguata (sul punto, v. anche Cass. 14/25851).
La domanda di Tizio, in conseguenza di ciò, viene ritenuta infondata e viene respinta dal tribunale.
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