L’ìnefficacia del contratto concluso dal rappresentante senza poteri è rilevabile d’ufficio
di Stefano Nicita Scarica in PDFCass. Sez. Unite, 03 giugno 2015, n. 11377 (ord.)
Processo civile – Eccezione in genere – Falsus procurator – Inefficacia del contratto – Rilevabilità d’ufficio
(C.p.c. artt. 112, 167, 345; C.c. artt. 1398, 1399, 2697)
[1] Poiché la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è elemento costitutivo della pretesa che l’altro contraente intenda far valere in giudizio sulla base del negozio concluso dal rappresentante, non costituisce eccezione in senso proprio, e pertanto non ricade nelle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 c.p.c., la deduzione della inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator; ne consegue che, ove il difetto di rappresentanza risulti dagli atti, di esso il giudice deve tener conto anche in mancanza di specifica richiesta della parte interessata, alla quale, a maggior ragione, non è preclusa la possibilità di far valere in ogni fase del processo la mancanza del potere rappresentativo trattandosi di mera difesa.
CASO
[1 ] Nel dicembre 2002 i procuratori del proprietario di un immobile concludono con una s.p.a. una compravendita immobiliare. L’operazione negoziale prevede che una parte consistente del prezzo di acquisto sia compensata con crediti dalla vantati dall’acquirente nei confronti di società di capitali terze riferibili al proprietario rappresentato. Quest’ultimo, però, agisce contro il compratore, chiedendo la condanna al pagamento del corrispettivo residuo che dichiara indebitamente compensato, limitandosi ad affermare che: “dei debiti societari non doveva rispondere personalmente il venditore” senza altro eccepire sull’inefficacia del contratto. La convenuta, da parte sua, deduce l’insussistenza dei crediti, allegandone l’estinzione in virtù del patto di compensazione.
Il Tribunale di Bolzano, rilevata d’ufficio l’inefficacia dell’accordo ex art. 1398 c.c., accoglie la domanda. La Corte d’Appello di Trento, invece (ritenuto che: ”l’eccezione d’inefficacia del contratto stipulato dal falsus procurator è riservata all’iniziativa di parte e non avrebbe potuto conseguentemente essere rilevata d’ufficio dal primo giudice ”), accoglie l’appello del compratore in riforma della pronuncia di primo grado.
Il soccombente ricorre per Cassazione
La Corte accoglie il ricorso, individuando il principio riportato in massima.
SOLUZIONE
[1] La sentenza, fin nel suo incipit motivazionale, individua la questione da dirimere nei seguenti termini: ”se la deduzione della inefficacia del contratto concluso dal falsus procurator costituisca materia di eccezione in senso stretto, che come tale può essere sollevata solo dal falsamente rappresentato ed esclusivamente nella fase iniziale del processo di primo grado, o sia una eccezione in senso lato, dunque non solo rilevabile d’ufficio ma proponibile dalle parti per tutto il corso del giudizio di primo grado e finanche per la prima volta in appello”.
Pur dando atto dell’orientamento “uniforme e consolidato nel tempo” favorevole alla ricostruzione che negava il rilievo ufficioso (citati in motivazione: Cass., 17 giugno 2010, n. 14618 in CED Cassazione, 2010; Cass. 29 marzo 1991, n. 3435 in Dir. Fall., 1991, II, 757; Cass., 8 luglio 1993, n. 7501 in Mass. Giur. It., 1993; Cass., 7 febbraio 2008, n. 2860 in Mass. Giur. It., 2008; Cass., 26 luglio 2011, n. 16317 in CED Cassazione, 2011; Cass., 24 ottobre 2013, n. 24133 in CED Cassazione, 2013; Cass., 23 maggio 2014, n. 11582 in CED Cassazione, 2014), la Cassazione inverte la rotta, riconoscendo al giudice il potere di rilevare d’ufficio l’inefficacia ex art. 1398 c.c. ove la stessa risulti dagli atti di causa.
L’inefficacia eventualmente allegata dalla parte è ricondotta ad una “mera difesa”, sulla base di un criterio logico, già adottato in precedenti sentenze, che affonda le radici nel diritto sostanziale: “la sussistenza dei fatti costitutivi della domanda deve essere esaminata e verificata dal giudice anche d’ufficio” (cfr. Cass., 15 febbraio 2002, n. 2214 in Contratti, 2002, 6, 582; Cass., 28 giugno 2010, n. 15375 in CED Cassazione, 2010). La deduzione d’inefficacia ex art. 1398 c.c., a ben guardare, non estenderebbe l’oggetto del processo al di là del diritto fatto valere dall’attore, né allargherebbe l’insieme dei fatti rilevanti allegati al giudizio. Invero, chiarisce la Corte, il contratto concluso dal falsus procurator costituisce una fattispecie negoziale in itinere, al cui perfezionamento è necessaria la ratifica del rappresentato, ai sensi dell’art. 1399 c.c.
A seguito della ratifica, il contratto diventa retroattivamente vincolante anche per l’interessato, invece fino alla ratifica, è in “stato di quiescenza” (Cass., 28 dicembre 2009, n. 27399, in Mass. Giur. It, 2009). La ratifica, quindi, è fatto costitutivo della pretesa e come tale è parte del titolo che deve essere provato da chi vuole far valere il diritto in giudizio (art. 2697 c.c.). Per sillogismo, quindi, la mancanza di ratifica è rilevabile anche d’ufficio.
QUESTIONI
[1] Controversa è la ragione discriminante tra eccezione in senso stretto e in senso lato (v. Montanari, sub art. 112 c.p.c., in Consolo-Luiso (a cura di) Codice di procedura civile commentato, I, Milano, 2000, 1041).
In dottrina, l’orientamento tradizionale (grasso, Dei poteri del giudice, in Commentario codice di procedura civile – Enrico Allorio, I, Torino, 1973, 1273 e ss.; Comoglio, Difesa, eccezione, riconvenzione, in Comoglio, Ferri, Taruffo (a cura di), Lezioni sul processo civile, I, 4a ed., Bologna, 2007, 266 e ss.), ritiene che dovrebbero essere considerate eccezioni in senso stretto esclusivamente quelle espressamente definite come tali dalla legge, nonché quelle corrispondenti all’esercizio di un diritto potestativo.
In giurisprudenza, l’orientamento prevalente è, finora, stato quello formale-tradizionale (Cass. Sez. Unite, 03 febbraio 1998, n. 1099 in Mass. Giur. It., 1998; Cass. Sez. lavoro Sent., 15 maggio 2007, n. 11108 in Mass. Giur. It., 2007). Di recente, però, la Corte ha ritenuto che: ”tutte le ragioni che possono condurre al rigetto della domanda per difetto delle sue condizioni di fondatezza, o per la successiva caducazione del diritto con essa fatto valere, possono essere rilevate anche d’ufficio, in base alle risultanze “rite et recte” acquisite al processo, nei limiti in cui tale rilievo non sia impedito o precluso in dipendenza di apposite regole processuali, con l’effetto che la verifica attribuita al giudice in ordine alla sussistenza del titolo deve essere compiuta, di norma, “ex officio“, in ogni stato e grado del processo, nell’ambito proprio di ognuna delle sue fasi.” (Cass., 19 settembre 2013, n. 21482 in CED Cassazione, 2013).
Ad ogni modo, se da una parte, è pacifico che l’assenza di un fatto costitutivo, come nel caso in esame, sia rilevabile d’ufficio, d’altra parte, il problema resta quello di distinguere sul piano pratico tra “eccezioni” (che allargano il thema decidendum, attraverso l’introduzione in giudizio di fatti modificativi, impeditivi e estintivi, diversi da quelli costitutivi allegati dall’attore) e c.d. “mere difese” che, non allargando il thema decidendum, non ricadono nelle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 c.p.c.
Con la decisione annotata, la Corte di Cassazione interviene ancora sul punto nel solco del generale principio di effettività delle norme giuridiche. Anche sul piano processuale, come già era su quello sostanziale (cfr. art. 1399 c.c., comma 4), il “silenzio” (la mancata deduzione dell’inefficacia) del falso rappresentato non produce effetto. Il contratto resta inefficace e la deducibilità della mancata ratifica esula dalle preclusioni previste dagli artt. 167 e 345 c.p.c.. Così, da una parte, il difetto di rappresentanza risultante dagli atti è rilevabile direttamente dal giudice pur in mancanza di specifica richiesta (nel ”silenzio”) della parte interessata e, d’altra parte, il novero delle deduzioni riconducibili alle “mere difese”, sempre proponibili, risulta ampliato.