L’impegno del subappaltatore all’eliminazione dei vizi e difetti dell’opera non fa venire meno l’onere di denuncia prescritto dall’art. 1670 c.c.
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. II, 2 aprile 2024, n. 8647 – Pres. Giusti – Rel. Trapuzzano
Parole chiave: Appalto – Vizi e difformità dell’opera – Assunzione di garanzia preventiva del subappaltatore nei confronti dell’appaltatore – Denuncia del committente – Onere di comunicazione al subappaltatore – Sussistenza
[1] Massima: In tema di garanzia per le difformità e i vizi nell’appalto o di rovina o difetti di cose immobili di lunga durata, ove il subappaltatore abbia assunto un preventivo e generico impegno verso l’appaltatore di eliminare i vizi o difetti che dovessero in futuro essere denunciati dal committente, tale assunzione di garanzia preventiva non può esonerare l’appaltatore dall’onere della comunicazione della denuncia inoltrata successivamente dal committente, ai sensi dell’art. 1670 c.c., perché l’interesse alla proposizione dell’azione di regresso diviene attuale solo dopo l’invio della denuncia a cura del committente.
Disposizioni applicate: cod. civ., artt. 1667, 1669 1670
CASO
Un condominio conveniva in giudizio la società che aveva realizzato il fabbricato e venduto le singole unità che lo componevano e l’impresa cui ne era stata commissionata la costruzione, al fine di fare accertare i vizi e difetti di costruzione dell’immobile, consistenti in gravi infiltrazioni d’acqua che interessavano le parti comuni e alcune proprietà esclusive, nonché per ottenere il risarcimento dei danni.
Costituendosi in giudizio, l’appaltatrice chiamava in causa la subappaltatrice che aveva realizzato i lavori per essere da questa manlevata; la subappaltatrice, tuttavia, eccepiva la decadenza dalla garanzia, poiché non le era stata comunicata, nel termine di sessanta giorni previsto dall’art. 1670 c.c., la denuncia dei vizi e difetti formulata dal condominio.
Il Tribunale di Roma accoglieva le domande attoree, mentre respingeva quella di regresso svolta nei confronti della subappaltatrice, ritenendo che l’onere di denuncia di cui all’art. 1670 c.c. non fosse venuto meno in conseguenza dell’accordo transattivo – in forza del quale la subappaltatrice si era impegnata a eseguire le opere necessarie per eliminare i vizi e i difetti del fabbricato che fossero emersi anche successivamente alla conclusione dell’accordo – sottoscritto prima che fossero state denunciate le infiltrazioni.
La Corte d’appello di Roma, tuttavia, ribaltava questa decisione, rilevando che la transazione conteneva un riconoscimento dei vizi e difetti dell’opera da parte della subappaltatrice e il suo impegno a porre in essere quanto necessario per emendarli, una volta che fossero stati accertati; questa circostanza, per i giudici di secondo grado, rendeva superflua la tempestiva comunicazione, a cura dell’appaltatrice, della denuncia delle infiltrazioni formulata dal condominio.
La subappaltatrice impugnava la sentenza con ricorso per cassazione.
SOLUZIONE
[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che la previsione contenuta nell’art. 1670 c.c. ha lo scopo di informare il subappaltatore delle difformità dell’opera denunciate dal committente, onde consentirgli di assumere consapevolmente ogni conseguente determinazione, sicché l’impegno del subappaltatore a eliminare eventuali vizi e difetti che sia stato assunto prima dell’emersione degli stessi e di una qualsiasi denuncia non vale a esonerare l’appaltatore dall’effettuare la comunicazione prescritta dal medesimo art. 1670 c.c.
QUESTIONI
[1] L’appalto è il contratto mediante il quale il committente affida all’appaltatore la realizzazione di un’opera o la prestazione di un servizio.
L’obbligazione assunta dall’appaltatore è di risultato, poiché, concludendo il contratto, egli si impegna a fornire, avvalendosi della sua organizzazione, proprio l’opera o il servizio avuto di mira dal committente.
Non è escluso che l’appaltatore, legittimato ad agire in piena autonomia e a scegliere le modalità attraverso le quali realizzare l’opera commissionatagli, decida di demandare ad altri soggetti, ovvero a uno o più subappaltatori, l’esecuzione – in tutto o in parte – dei lavori necessari: in questo caso, peraltro, è indispensabile l’autorizzazione del committente, come prescritto dall’art. 1650 c.c., che può essere accordata in via preventiva e generale (perché, per esempio, inserita nello stesso contratto d’appalto), oppure volta per volta, quando l’appaltatore manifesti l’esigenza al committente.
Il coinvolgimento del subappaltatore (che non è qualificabile alla stregua di un ausiliario dell’appaltatore, giacché gode, a propria volta, della medesima autonomia che caratterizza il rapporto tra questi e il committente) nell’esecuzione dell’appalto non determina, di per sé, l’insorgenza di un rapporto negoziale tra il medesimo subappaltatore e il committente: il subappalto, da questo punto di vista, è qualificato come un subcontratto a efficacia obbligatoria, mediante il quale l’appaltatore affida a un terzo il compito di eseguire, integralmente o parzialmente, i lavori o i servizi che l’appaltatore medesimo si era impegnato a realizzare nei confronti del committente con il contratto principale, al quale il committente rimane estraneo.
In altre parole, la conclusione di un contratto di subappalto instaura un rapporto obbligatorio autonomo tra appaltatore e subappaltatore, rispetto al quale il committente è terzo, non acquistando diritti, né assumendo obblighi direttamente verso il subappaltatore.
Proprio per questa ragione, la giurisprudenza ha affermato che la condotta negligente del subappaltatore, integrando inadempimento contrattuale nei confronti dell’appaltatore, non può integrare una responsabilità nei confronti del committente ai sensi dell’art. 1669 c.c.: è pur vero che la norma fa riferimento a una responsabilità che ha natura extracontrattuale, ma presuppone comunque il rapporto diretto tra committente e appaltatore, unico legittimato passivo quale garante della stabilità e sicurezza dell’edificio, sicché nei confronti del subappaltatore il committente potrà, al limite, fare valere una responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., in quanto la sua condotta sia idonea a ledere il diritto a una corretta esecuzione del rapporto contrattuale di appalto e a cagionargli un pregiudizio ingiusto (in questi termini, Cass. civ., sez. II, 27 agosto 2019, n. 21719).
Anche l’art. 1670 c.c., del resto, esplicita che la responsabilità del subappaltatore sussiste solamente verso l’appaltatore, che, se convenuto in giudizio dal committente, può chiamarlo in garanzia, agendo nei suoi confronti a titolo di regresso.
A questo proposito, peraltro, la norma stabilisce che l’appaltatore deve, a pena di decadenza, comunicare al subappaltatore la denuncia del committente entro sessanta giorni dalla sua ricezione, allo scopo di permettergli di essere messo al corrente delle contestazioni mosse, di compiere in modo tempestivo gli opportuni accertamenti e di dare corso agli interventi del caso, piuttosto che di dimostrare che l’opera è, in realtà, esente da difformità o vizi, ovvero che essi non sono a lui imputabili; secondo la giurisprudenza, tale comunicazione non può essere surrogata dalla denuncia effettuata dal committente direttamente al subappaltatore, data l’autonomia del rapporto derivante dall’appalto rispetto a quello che ha titolo nel subappalto e la diversità dei soggetti coinvolti in ciascuno di essi (Cass. civ., sez. I, 6 settembre 2021, n. 24052; Cass. civ., sez. II, 5 marzo 2021, n. 6192; Cass. civ., sez. III, 25 febbraio 2020, n. 5096).
Nella fattispecie esaminata dall’ordinanza che si annota, la Corte d’appello di Roma aveva reputato superflua la comunicazione della denuncia prescritta dall’art. 1670 c.c. per effetto dell’accordo transattivo che l’appaltatore e il subappaltatore avevano concluso prima che fosse contestata la presenza di infiltrazioni e in forza del quale il subappaltatore si era impegnato a eliminare, a proprie cure e spese, i vizi che fossero stati denunciati dagli acquirenti degli appartamenti.
La Corte di cassazione, invece, ha sottolineato che, prima della denuncia del committente, l’appaltatore non ha interesse ad agire in regresso nei confronti del subappaltatore (se non altro perché, quand’anche sussistessero vizi o difetti, l’opera potrebbe essere accettata comunque).
La disciplina della garanzia in materia di appalto è congegnata in modo tale che il subappaltatore rimane soggetto ai medesimi rimedi dei quali il committente decida di avvalersi nei confronti dell’appaltatore, per effetto della convivenza di due rapporti sostanziali autonomi ma concatenati e che discendono dalla stipulazione del subappalto, che si innesta nell’appalto principale.
Si parla, in questo senso, di responsabilità condizionata del subappaltatore, proprio perché l’appaltatore può farla valere solo qualora, a sua volta, il committente abbia avanzato identica pretesa nei suoi confronti.
Se, dunque, l’interesse dell’appaltatore alla proposizione dell’azione di regresso ai sensi dell’art. 1670 c.c. si attualizza solo dopo la ricezione della denuncia del committente, l’impegno preventivamente assunto dal subappaltatore a eliminare vizi o difetti che dovessero in futuro essere lamentati non può valere a escludere l’onere di comunicazione prescritto dal medesimo art. 1670 c.c., dal momento che è solo a seguito del suo assolvimento che il subappaltatore, avendo contezza del contenuto e della portata delle doglianze del committente, può svolgere le proprie valutazioni e assumere consapevolmente le conseguenti determinazioni, ammettendo la sussistenza dei vizi e difetti specificamente e concretamente denunciati o negandone l’esistenza o l’imputabilità a sé.
Ben si comprende, dunque, la differenza che corre tra l’impegno all’eliminazione genericamente assunto prima della denuncia (quando né l’appaltatore, né il subappaltatore hanno contezza di quali potrebbero essere i vizi e difetti che affliggono l’opera) e quello assunto una volta ricevuta la denuncia del committente: per questa ragione, secondo i giudici di legittimità, l’impegno assunto nel primo caso non può esimere l’appaltatore dall’effettuare tempestivamente la comunicazione prescritta dall’art. 1670 c.c., se non vuole decadere dal diritto di agire in regresso nei confronti del subappaltatore.
In altre parole, l’impegno generico e preventivo assunto dal subappaltatore ancora prima che il committente abbia denunciato una qualsivoglia difformità dell’opera consegnatagli non consente di ritenere raggiunto lo scopo difensivo che l’art. 1670 c.c. riconnette alla comunicazione dovuta dall’appaltatore.
Solo se un simile impegno si fosse perfezionato dopo la denuncia del committente e, al limite, indipendentemente dalla previa comunicazione dell’appaltatore a beneficio del subappaltatore, ossia sulla scorta di una precisa e concreta – e non già ipotetica – individuazione dei vizi lamentati, potrebbe dirsi assolta la finalità perseguita dalla norma.
Per questi motivi, la Corte di cassazione ha affermato che, quando il subappaltatore abbia assunto un obbligo di eliminare vizi o difetti suscettibili di essere in futuro denunciati dal committente, ma in quel momento non ancora noti, tale assunzione di garanzia non esonera l’appaltatore dal dovere comunicare al subappaltatore la denuncia inoltrata successivamente dal committente, onde poter esercitare nei suoi confronti il regresso ai sensi dell’art. 1670 c.c.
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