I limiti dell’articolo 1102 c.c.
di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDFCorte di Cassazione – Sesta sez. civile-2 – Sentenza n. 7618/2019
Condominio – art. 1102 c.c. – art. 116 cpc.
“…deve ritenersi che la condotta del condomino, consistente nella stabile occupazione – mediante il parcheggio per lunghi periodi di tempo della propria autovettura – di una porzione del cortile comune, configuri un abuso, poiché impedisce agli altri condomini di partecipare all’utilizzo dello spazio comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento ed alterando l’equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà[1]”
“…la violazione dell’art. 116 cpc è idonea ad integrare il vizio di cui all’art. 360, n.4, c.p.c. solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime. Viceversa, il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove legali da parte del giudice di merito, che è quello che lamenta il ricorrente, non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile neppure nel paradigma dell’art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.,… né in quello del precedente n.4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132, n.4, c.p.c. – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante.[2]”
CASO
Il caso concerne la materia condominiale, nel caso specifico l’occupazione di parte comune ex art. 1102 c.c. da parte di singoli condomini, in violazione delle norme codicistiche sulla comunione e del regolamento condominiale, che prevede “il divieto di ingombro del cortile”, con conseguente impedimento al comodo accesso e transitabilità alla proprietà dell’attore. Il condomino proprietario dell’abitazione di fronte la quale avveniva tale abusiva occupazione dello spazio comune pro indiviso, conveniva in giudizio i soggetti autori di tale abuso (altri condomini), di fronte al Giudice di Pace funzionalmente e territorialmente competente, relativamente alle modalità di esercizio della cosa comune in materia condominiale.
Le succitate asserite violazioni, riguardavano soste plurime e prolungate di mezzi (motocicli) negli spazi comuni. Tale condotta, veniva ritenuta lesiva del libero e pari godimento delle parti comuni ex art. 1102 c.c. e vietata dal regolamento di condominio.
Le parti convenute, in primo grado eccepivano che le soste fossero saltuarie ed in ogni caso brevi, trattandosi tutt’al più di fermate. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda attorea finalizzata a rilevare la violazione dell’art. 1102 c.c. ed anche del regolamento condominiale e condannava i convenuti al divieto di parcheggio nello spazio prospiciente l’immobile di proprietà.
I convenuti in primo grado proponevano appello di fronte al competente Tribunale, eccependo la limitata e saltuaria occupazione dell’area comune che, a loro dire, non andava ad influire sul pari uso da parte di altri condomini, né impediva l’acceso o la transitabilità dell’area a parte attrice.
Il Tribunale (quale giudice d’appello) confermava la sentenza di primo grado e gli “indomiti” convenuti, portavano il “caso” all’attenzione della Suprema Corte, con ricorso articolato in un unico motivo, riguardante la violazione o falsa applicazione dell’art. 116 cpc, cui resisteva la parte resistente.
SOLUZIONE
La Corte, argomentando sul tema dei del travalicamento del limite della prova, al di fuori della quale possa considerarsi non più “libero apprezzamento del giudice”, ma violazione della norma impugnabile in sede di legittimità, rigettava il ricorso, ritenendolo infondato anche nel merito.
Infatti, la soluzione proposta dal giudice di merito, in ordine alla valutazione delle risultanze processuali (deposizione testi) veniva ritenuta conforme al dettame della norma ritenuta violata. La Cassazione riteneva che non integrasse né la violazione ex art. 360, comma 1, n.4 cpc – che si verifica quando il giudice disattenda un principio in assenza di una deroga normativamente prevista o quando dia una valutazione probatoria contraria al regime cui è sottoposta – ed art. 360, comma 1, n. 5 cpc – che si ha quando non viene valutato un fatto storico messo in rilievo dal testo della sentenza o dagli atti processuali, pertanto la Corte rigettava il ricorso, in quanto: “privo dei necessari requisiti della tassatività, della specificità e della riferibilità alla sentenza impugnata ex art. 366 comma 1 n.4 ed è comunque infondato.
QUESTIONI
La questione rilevante e sottesa al caso in esame riguarda l’unico motivo di ricorso. L’uso della cosa comune, di cui all’art. 1102 c.c., è lesivo dell’altrui diritto di ciascun condomino a goderne quando consista in un mero utilizzo sporadico e saltuario ?
In altri termini la situazione antigiuridica tutelata risultava essere rivolta da una parte a conseguire la rimozione della situazione lesiva, consistente nell’illegittimo parcheggio dei mezzi negli spazi comuni (impedendone la transitabilità ed ostacolando l’accesso alla proprietà dell’attore) e dall’altra l’inibizione dal ripetere tali atti lesivi, accompagnata al risarcimento del danno subito a causa del pregiudizio al pieno e legittimo godimento da parte dell’attore.
Il Tribunale, con il proprio provvedimento, negava rilevanza alla saltuarietà ed alla sporadicità della violazione dell’art. 1102 c.c., poiché la sporadicità non fa venir meno la possibilità che il parcheggio illegittimo possa essere prolungato nel tempo, puntualizzando la carenza di raggiungimento della prova di tale sporadico uso, da parte dei convenuti.
La Cassazione esponeva chiare argomentazioni a sostegno della decisione e della tesi del giudice di prime cure, peraltro conforme alla giurisprudenza costante di legittimità. La sosta dei mezzi nella parte condominiale ad uso comune ex art. 1102 c.c. costituisce lesione del diritto di godimento altrui, nel momento in cui tale utilizzo travalichi i limiti e dunque pregiudichi la transitabilità, in modo tale da precludere l’accesso e l’utilizzo di tale porzione (nel caso di specie veniva impedito l’accesso all’immobile di proprietà di un singolo condomino, così violando la succitata norma anche il regolamento condominiale, anche se l’uso fosse considerato sporadico e saltuario).
Peraltro, la Cassazione ricorda come l’articolo 1102 c.c. non ponga limiti spazio temporali minimi da rispettare per l’operatività delle limitazioni del presunto uso comune, con il che l’abuso può concretizzarsi anche in un’occupazione per pochi minuti, purchè impedisca ad altri di farne parimenti uso[3]: “La decisione del Tribunale di Napoli è conforme all’interpretazione di questa Corte, secondo cui l’uso della cosa comune da parte di ciascun condomino è soggetto, ai sensi dell’art. 1102 c.c., al duplice divieto di alterarne la destinazione e di impedire agli altri partecipanti di fare parimenti uso della cosa stessa secondo il loro diritto”.
[1] Cass. Sez. 2, n.3640/2004;
[2] Cass. Sez. 3, n.11892/2016;
[3] Cass. sez. 2^, 7.7.1978 n.3400
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