21 Gennaio 2025

I limiti del sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere condominiali: la locazione

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Ordinanza del 13.05.2022 n. 15320, Sez. II, Presidente Dott. R. M. Di Virgilio, Estensore Dott. A. Scarpa

Massima: Il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla contrarietà alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall’assemblea dei condomini, ai sensi dell’art. 1137 c.c., nella specie in ordine alla ripartizione delle spese inerenti ad una locazione immobiliare stipulata nel comune interesse dal condominio in veste di conduttore ed avente ad oggetto il godimento di un immobile di proprietà di terzi, non può riguardare la convenienza economica dell’importo del canone pattuito o la legittimità dell’accollo in capo al condominio conduttore degli esborsi sostenuti per il mantenimento della cosa in buono stato locativo o per l’esecuzione di miglioramenti o addizioni alla stessa, né può concernere questioni relative alla nullità o all’inefficacia delle clausole del contratto di locazione.

Ancora una volta l’attenzione della Suprema Corte si incentra sul sindacato di legittimità sulle delibere assembleari, tenuto conto che esso non potrà riguardare “la convenienza economica”.

CASO

Tizio, Caia, Sempronio e Mevia, impugnavano la delibera condominiale approvata dall’assemblea l’8 luglio del 2009 del Condominio Beta, avente ad oggetto le spese relative alla locazione cespiti 2007/2008 e 2008/2009, nonchè ai lavori di rifacimento della impermeabilizzazione della soletta del locale caldaia ed all’acquisto e posa in opera di fioriere sul tetto della predetta centrale termica dell’impianto condominiale, installata in un immobile di proprietà di alcuni condomini oggetto di locazione in favore del condominio.

In particolare denunciavano la violazione dei loro diritti patrimoniali per la “sproporzionata ed ingiustificata (quasi) quadruplicazione del canone di locazione della centrale termica”, relativo all’esercizio del 2008/2009 ad € 11.938,00 (a fronte del precedente di € 3.840,00) esteso in via retroattiva anche all’esercizio 2007/2008 anche in mancanza di prova scritta del relativo esborso; denunciavano altresì la violazione delle regole di diritto, che non permettono la variazione annuale del canone (posto il possibile aggiornamento in forza degli indici ISTAT); ancora, l’illegittimità degli addebiti di € 10.971,00 (per lavori di impermeabilizzazione della centrale termica) nonchè di € 1.188,00 (per acquisto e posa di fioriere sul tetto della centrale termica), essendo opere non inerenti alle parti comuni condominiali ai sensi dell’art. 1117 c.c., ed aventi natura straordinaria in quanto volte a soddisfare unicamente i proprietari della centrale termica.

Alla luce delle predette denunce, gli attori chiedevano venisse annullata la delibera assembleare del luglio del 2009 con riferimento alle quattro voci di spesa e “all’occorrenza”, le clausole del contratto di locazione invocate come giustificativo della divisione delle spese nei confronti dei condomini e che risultassero generiche, vessatorie, sproporzionate e prive di causa e sinallagma non essendo state sottoscritte dai quattro condomini attori ai sensi dell’art. 1341 c.c..

Il Tribunale del Capoluogo lombardo, pronuncia n. 4197 del 2015 rigettava le domande dei condomini i quali interponevano appello avverso la predetta decisione.

Anche la Corte del gravame con sentenza n. 704 del 2017 rigettava la domande degli appellanti i quali, per il vero solo Tizio e Caia, proponevano ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi.

La trattazione del ricorso veniva fissata in camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375, comma 2, e 380 bis 1, c.p.c..

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 15320 del 13 maggio del 2022, rigettava integralmente il ricorso in quanto dichiarato inammissibile

Condannava i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente

Dava atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, del D.P.R. n. 115 del 2002 se dovuto.

QUESTIONI

Come rilevato in rassegna fattuale, proponevano ricorso per Cassazione unicamente i condomini Tizio e Caia nei confronti del Condominio Beta quando parti dei pregressi gradi di giudizio erano stati tuttavia anche Sempronio e Mevia.

E’ ormai costante l’orientamento della giurisprudenza di legittimità la circostanza in forza della quale, laddove vi sia l’impugnazione di una delibera assembleare di condominio, sorge di conseguenza una condizione di litisconsorzio processuale da cui deriva che nel caso in cui la sentenza che ha deciso sulla impugnazione venga impugnata solamente da alcuni condomini, il giudice dell’impugnazione ha il compito di disporre ai sensi dell’art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti della restante parte di condomini “quali parti di una causa inscindibile, ancorchè il gravame concerna, come nel caso in esame, le sole spese di lite, trattandosi di capo accessorio che condivide il carattere di inscindibilità della causa principale[1].

Tuttavia nel caso per cui è lite, la fissazione del termine per integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., risulta superflua dal momento che il ricorso appare inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis n. 1 c.p.c., con il che l’integrazione del contradditorio si appalesa come “attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento[2]. Inoltre, anche laddove venisse proposto ricorso incidentale tardivo proposto dalle parti chiamate ad integrare il contraddittorio perderebbe ogni efficacia in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità della impugnazione principale, ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c..

Sempre sotto un aspetto pregiudiziale la Corte di legittimità non riteneva di dover disporre la riunione tra il giudizio in esame e l’ulteriore giudizio n. 30775 del 2018 pendente innanzi alla medesima Corte di Cassazione e relativo all’impugnazione della decisione n. 1389 del 2018 della Corte d’Appello di Milano, essendo ricorsi proposti contro sentenze diverse pronunciate in giudizi separati in quanto “pur attenendo le cause connesse a identiche questioni di diritto, la riunione non perseguirebbe alcun obbiettivo utile in termini di economia a minor costo dei due giudizi, né favorirebbe la loro ragionevole durata”.

Con il primo motivo di ricorso di Tizio e Caia, veniva denunciata la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., “per mancata corrispondenza fra chiesto e pronunciato e per omessa pronuncia nonché per disapplicazione ed inosservanza delle risultanze processuali”.

I ricorrenti rilevavano che la sentenza impugnata non avrebbe dato seguito e risposta alla domanda in ordine alle legittimità o meno dell’aumento del quadruplo del canone di locazione del locale caldai.

Segnatamente, denunciavano un errore di fatto in merito alla negazione che fosse stato oggetto del giudizio di prime cure un contratto di locazione; sia un vizio logico dal momento che “l’esistenza di un rapporto locativo tra comunione di condomini/condominio non è stato affatto estranea al materiale di causa, come da ammissione degli stessi appellanti e comunque da prova documentale del fatto che alcuni condomini in data 28/10/04 avevano acquistato il locale della centrale termica ed erano così succeduti nel rapporto contrattuale di locazione all’originaria impresa costruttrice Alfa, che si era riservata la proprietà di tale locale e lo aveva concesso in locazione al condominio contro pagamento di un canone annuo”.

A quanto detto veniva altresì allegato un triplice errore di diritto: 1) mancata corrispondenza tra quanto domandato dagli appellanti – ovvero la dichiarazione di nullità o annullabilità della delibera del luglio 2009 per lesione dei diritti individuali e patrimoniali – e per violazioni di principi di diritto, a loro volta consistenti nella “illegittima e autolesionistica quadruplicazione del canone già determinato in forza del contratto locativo vigente, in assenza di documentazione contabile e in difetto del quorum deliberativo per votazione di condomini in conflitto di interessi con il condominio”; e invece “quanto pronunciato dai Giudici di primo e secondo grado, che hanno contestato invece agli appellanti la carenza di legittimazione attiva ad impugnare il contratto di locazione intercorrente tra il Condominio e la comunione di (alcuni) condomini, succeduti al precedente ed originario locatore ed erroneamente ritenuti i loro contraddittori in luogo del Condominio”; 2) il secondo errore atterrebbe alla “rilevata adozione all’unanimità dei presenti, della delibera 8/7/2009 in punto di approvazione del consuntivo della gestione 2008/2009, non dispensava di certo la Corte d’Appello adita dal potere-dovere di esaminare e pronunciarsi sulle denunziate cause di nullità e annullabilità della predetta delibera dell’assemblea condominiale, che aveva illegittimamente ed arbitrariamente: quadruplicato (con arbitraria decisione assunta in difetto di competenza, in conflitto di interessi ed in violazione delle nome locative) il canone dovuto dai condomini in forza del contratto di locazione originariamente intercorso fra impresa costruttrice e condominio ed ancora vigente, e leso in tal modo i diritti individuali e patrimoniali dei ricorrenti-appellanti, che attraverso autolesionistica quadruplicazione del canone erano stati indebitamente gravati di maggiori spese”; 3) in ultimo denunciavano la violazione dell’art. 115 c.p.c., in quanto avrebbe negato che gli appellanti avessero espressamente censurato la sentenza di primo grado sulla “erroneamente ed inutilmente sollevata questione della carenza di legittimazione ad interloquire sul rapporto di locazione”; nonché avrebbe riferito agli appellanti la mancata indicazione del canone in concreto dovuto nonostante ne avessero denunciato la quadruplicazione.

Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti denunciavano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1135, 1136 e 1137 c.c., e degli artt. 1421, 1517, 1587, 2373 c.c., in ragione di una “ritenuta illegittimità della impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, che aveva quadruplicato il canone di locazione per l’esercizio 2008-2009 con estensione retroattiva all’esercizio 2007-2008”.

Sostanzialmente il motivo di ricorso summenzionato richiamava quanto già censurato con il primo motivo per cui la delibera era viziata “a) “per eccesso di potere, non rientrando nella competenza dell’assemblea la unilaterale ed autolesionistica variazione in aumento del canone di locazione a danno dei condomini”; b) “per illegittima ed illecita incidenza sui diritti individuali e patrimoniali dei condomini-non proprietari (come erano e sono appunto i ricorrenti), che sono stati arbitrariamente gravati di spese indebite”; c) “per illegittima ed inammissibile variazione ad Euro 11.938,86 del canone gia’ determinato in forza del contratto di locazione ancora vigente nella misura di Euro 3.840,00”; d) per illegittimita’ e per inveridicita’ della contabilita’ condominiale sia per assenza di qualsiasi “giustificativo di cassa” e sia per favoreggiamento all’evasione fiscale attraverso illecita compensazione delle contrapposte partite di credito e di debito”; e) “per avvenuta inclusione nella maggioranza deliberante (diversamente non conseguita) dei condomini proprietari-locatori i quali, pur essendo in contrasto di interessi con il Condominio, gli hanno accollato un onere economico a tutto e solo loro vantaggio e nel contempo a tutto e solo danno dei condomini non proprietari”.

Con il terzo ed ultimo motivo, i ricorrenti lamentavano la violazione o falsa applicazione degli artt. 1135, 1136 e 1137 e degli artt. 1341, 1342, 1421, 1575, 1576 e 2373 c.c., per “ritenuta illegittimita’ della impugnata deliberazione dell’assemblea condominiale, che ha posto a carico dei conduttori-locatori spese straordinarie e voluttuarie di competenza del locatore”.

Ad avviso dei ricorrenti affinchè la delibera avesse potuto essere considerata legittima e valida si sarebbe dovuto far riferimento al contratto di locazione sotteso e di cui dovevo essere valutate la vigenza e la validità ed efficacia, dal momento che la carenza di uno dei due requisiti avrebbe costituito un impedimento insormontabile all’accollo delle spese per cui è causa ad in locatario non obbligato dal contratto.

La Corte di Cassazione riteneva di esaminare tutti e tre i motivi congiuntamente ed in quanto tra di loro connessi, tuttavia li riteneva tutti parimenti infondati sotto diversi aspetti.

Innanzitutto, i motivi di ricorso proposti dai ricorrenti non rispecchiano i requisiti di cui agli artt. 360 e 366, comma 1 e 4, c.p.c., di tassatività e specificità, risolvendosi in una critica generica del provvedimento censurato in sede di legittimità “formulata sotto una molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati”.

Segnatamente il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, è dedotto dai ricorrenti indicando una serie di precetti normativi presuntivamente violati senza che però siano addotte specifiche argomentazioni a supporto volte a provare in che modalità le argomentazioni della sentenza di appello debba considerarsi in violazione con le norme dedotte.

La decisione della Corte di seconde cure aveva rilevato che si discuteva di un rapporto derivante da contratto di locazione e rispetto al quale non potevano interloquire i ricorrenti Tizio e Caia; nonchè evidenziava che la delibera censurata conteneva unicamente l’approvazione del consuntivo della gestione del 2008/2009 e che il giudicante non può sindacare il merito delle scelte gestorie dell’assemblea e il controllo della discrezionalità  di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale.

Per tali ragioni i motivi di impugnazione con ricorso per Cassazione non superano il vaglio ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c., dal momento in cui la Corte distrettuale nel pronunciarsi si è conformata alla giurisprudenza della corte di legittimità e dalle censure del caso in esame non emergono elementi utili a modificarlo.

Peraltro il ricorso non contiene ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c., l’indicazione del contenuto del contratto di locazione. Il Supremo collegio rilevava che si trattasse di una locazione conclusa nel comune interesse dal condominio quale conduttore ed ha ad oggetto il godimento dietro corrispettivo di un immobile di proprietà do soggetti terzi che ne sono locatori.

Per giurisprudenza di legittimità costante “l’amministratore, in forza dei poteri di rappresentanza di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., previa autorizzazione dell’assemblea quando si tratti di atti che esulano dalle attribuzioni ordinarie del primo, può, invero, stipulare i contratti ed assumere le obbligazioni necessarie alla conservazione ed al godimento delle parti comuni, come alla fruizione dei servizi comuni dell’edificio[3].

L’imputabilità dei detti rapporti obbligatori conclusi per conto del condominio nonché la legittimazione ad impugnare il negozio non attengono in maniera frazionata e per singole quote alla compagine condominiale, al contrario “rimangono imputate alla collettività organizzata “condominio” quale unitaria parte contrattuale complessa, che esercita le posizioni e prerogative proprie dei contraenti attraverso i suoi organi[4].

Le spese discendenti dall’esecuzione dei negozi conclusi in rappresentanza del condominio devono essere poi enumerate tra le voci di spesa nel rendiconto da sottoporre al vaglio dell’assemblea condominiale.

Per giurisprudenza costante “in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell’autorità  giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità  di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l’eccesso di potere, purchè la causa della deliberazione risulti – sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito – falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all’articolo 1137 c.c., non e’ finalizzato a controllare l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata Delibera in ordine ai costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea[5].

Pertanto, come nel caso di specie, le denunce dei vizi relativi alla convenienza o alla gravosità della somma che l’ente di gestione si obbliga a versare a soggetti terzi a titolo di canone di locazione, non sono sindacabili dal giudicante del merito; ovvero all’accollo in capo al condominio conduttore delle spese per il mantenimento della cosa in buono stato locativo o per l’esecuzione delle migliorie o delle addizioni, pur derogando in maniera contrattuale alle disposizioni degli artt. 1576, 1592 e 1593 c.c..

Priva di fondamento è anche l censura relativa all’eccesso di potere assembleare, il quale richiede, perché possa dirsi integrato, che vi sia un grave pregiudizio alle cose comuni ai sensi e per gli effetti dell’art. 1109 c.c., tale da permettere l’invalidazione della delibera assunta a maggioranza.

In merito al dedotto conflitto di interessi dei condomini-locatori, la Corte di Cassazione richiamava un suo precedente orientamento nei seguenti termini “in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono sempre inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, ai fini sia del quorum costitutivo che di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (ma non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilita’ per ciascun partecipante di ricorrere all’autorita’ giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilita’ di funzionamento del collegio[6].

La verifica della sussistenza di una palese divergenza tra ragioni personali di singoli condomini – il cui voto abbia contribuito alla maggioranza – ed un opposto interesse istituzionale del condomino, da momento che inerisce ad una indagine di fatto lasciata al giudice del merito, può essere oggetto di sindacato da parte del giudice di legittimità solo ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. e nel caso di specie, Tizio e Caia ricorrenti non adducono ai sensi dell’art. 366, comma 1, n 6, c.p.c., “come e quando la questione del conflitto di interessi era stata oggetto di discussione processuale tra le parti nelle pregresse fasi di merito e di specifica allegazione operata prima della maturazione delle preclusioni assertive”.

Inoltre la pronuncia su questioni inerenti alla nullità ed inefficacia delle clausole del contratto di locazione avrebbe richiesto il litisconsorzio necessario tra tutti i contraenti.

Rigettato integralmente il ricorso, la Suprema Corte di Cassazione, infine, enunciava il seguente principio di diritto: “il sindacato dell’autorita’ giudiziaria sulla contrarieta’ alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall’assemblea dei condomini, ai sensi dell’articolo 1137 c.c., nella specie in ordine alla ripartizione delle spese inerenti ad una locazione immobiliare stipulata nel comune interesse dal condominio in veste di conduttore ed avente ad oggetto il godimento di un immobile di proprieta’ di terzi, non puo’ riguardare la convenienza economica dell’importo del canone pattuito o la legittimita’ dell’accollo in capo al condominio conduttore degli esborsi sostenuti per il mantenimento della cosa in buono stato locativo o per l’esecuzione di miglioramenti o addizioni alla stessa, ne’ puo’ concernere questioni relative alla nullita’ o all’inefficacia delle clausole del contratto di locazione”.

[1] Cass. Civ. n. 22370/17

[2] Cass. Civ. SS.UU. n. 21670/13

[3] Cass. Civ. n. 1640/97

[4] Cass. Civ. n. 4245/09

[5] Cass. Civ. n. 5061/20

[6] Cass. Civ. n. 2415/18

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