30 Gennaio 2018

Il limite del pregiudizio all’economia nazionale nell’esecuzione degli obblighi di fare

di Barbara Tabasco Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. II, 31 ottobre 2017 n. 25890 (sentenza) – Pres. Bianchini – rel. Grasso

Esecuzione forzata – Obblighi di fare e di non fare – Violazione delle norme sulle distanze tra edifici – Spostamento della costruzione a distanza legale – Limiti all’esecuzione forzata ex art. 2933, comma 2, c.c. (Art. 2933 c.c.)

[1] L’art. 2933, secondo comma, c.c. che limita l’esecuzione forzata degli obblighi di non fare, vietando la distruzione della cosa che sia di pregiudizio all’economia nazionale, si riferisce alle sole fonti di produzione o di distribuzione della ricchezza dell’intero Paese e, pertanto, non è invocabile per evitare lo spostamento di una costruzione alla distanza prescritta dalle norme in materia, comportando, invece, la persistenza di detta costruzione una lesione di pur rilevanti interessi individuali.

 CASO

[1] A seguito della costruzione di un fabbricato in violazione della disciplina sulle distanze rispetto all’edificio frontista, il Tribunale di Taranto condannava l’autore a demolire la porzione del fabbricato realizzata in violazione delle suddette norme.

Avverso la sentenza di conferma della decisione di primo grado, veniva sollevato ricorso per cassazione indicando, tra i vari motivi, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2058, 2933, co. 2, c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. In particolare, il ricorrente poneva a fondamento del suo motivo l’art. 2058 c.c. secondo il quale il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile ed il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, laddove la reintegrazione in forma specifica risulti eccessivamente onerosa. Poiché il ricorrente aveva, in via subordinata, allegato e dimostrato che la reintegrazione in forma specifica sarebbe risultata non agevole, oltre che diseconomica, sproporzionata ed eccessivamente onerosa per il debitore, veniva censurata la scelta della Corte locale di escludere la dedotta eccessiva onerosità in ragione della non rilevante consistenza della porzione dell’edificio da demolire.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso sostenendo che l’art. 2933, secondo comma, c.c. che limita l’esecuzione forzata degli obblighi di non fare, vietando la distruzione della cosa che sia di pregiudizio all’economia nazionale, si riferisce alle sole fonti di produzione o di distribuzione della ricchezza dell’intero Paese e, pertanto, non è invocabile per evitare lo spostamento di una costruzione alla distanza prescritta dalle norme in materia, comportando, invece, la persistenza di detta costruzione una lesione di pur rilevanti interessi individuali.

QUESTIONI

[1] L’art. 2933, co. 2, c.c. prevede che, pur in presenza della violazione di un obbligo di non fare, non possa essere ordinata la distruzione della cosa ove essa rechi pregiudizio all’economia nazionale, potendo l’avente diritto, in tal caso, conseguire solo il risarcimento del danno.

La giurisprudenza, a tal proposito, ha adottato un’interpretazione restrittiva dell’art. 2933 c.c. affermando che la norma è applicabile soltanto nell’ipotesi in cui la distruzione della cosa arrechi pregiudizio al sistema produttivo dell’intero Paese e non anche quando il pregiudizio riguardi unicamente interessi individuali e locali (Cass. 30 gennaio 1985, n. 562; Mazzon, I rapporti di vicinato e le distanze legali: tutela e risarcimento, Padova, 2013).

Inoltre, gli ermellini hanno precisato che le cose, la cui distruzione reca pregiudizio all’economia nazionale, sono solo quelle insostituibili e di eccezionale importanza, in quanto incidenti sulle fonti di produzione e di distribuzione della ricchezza e, pertanto, il suddetto limite non è invocabile al fine di evitare la demolizione totale o parziale di un edificio ad uso abitazione, sia pure in tempi di crisi edilizia (Cass. 10 febbraio 1987, n. 1434; Cass. 24 maggio 1996, n. 4770; Cass. 15 febbraio 1999, n. 1272; Cass. 5 gennaio 2000, n. 37; Cass. 23 agosto 2012, n. 14609; in dottrina, v. Metafora, L’esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare, in REF, 2012, 449; contra Nigro, Condanna ed esecuzioni restitutorie nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in RDP, 1968, 677 ss., in part. 702); tantomeno, è possibile evitare la demolizione di un capannanone destinato all’ampliamento di una piccola industria (Cass. 10 novembre 1979, n. 5783)

Tuttavia, la concreta applicabilità di tale limite (che avendo carattere eccezionale non è suscettibile di applicazione analogica) è rimessa ad una valutazione discrezionale da parte del giudice. In particolare, tale principio opererebbe nella fase di formazione del titolo esecutivo e, dunque, in un momento antecedente l’esecuzione forzata, ove il giudice del merito ha la facoltà di attribuire al danneggiato il risarcimento per equivalente o quello in forma specifica, seppur nel limite previsto dall’art. 2933 c.c. (Cass. 30 luglio 2004, n. 14599; Cass. 16 gennaio 2007, n. 866; in dottrina Mazzamuto; L’esecuzione forzata, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1998, 349; diversamente, secondo Nigro, op. cit., 702, il principio racchiuso nell’art. 2933 c.c. potrebbe essere applicato anche dal giudice dell’esecuzione, nel senso che quest’ultimo sarebbe tenuto a verificare che non sia sopravvenuto l’impedimento derivante dal pregiudizio all’economia nazionale). In pratica, il giudice della cognizione, tenuto conto delle posizioni assunte dalle parti e delle peculiarità del caso concreto, è libero di disporre una delle suddette soluzioni risarcitorie, ma nel caso in cui la distruzione della cosa realizzata in violazione di un obbligo di non fare pregiudichi l’economia nazionale, è obbligato a pronunciare la condanna al risarcimento del danno per equivalente. Conclusivamente, dunque, l’apprezzamento circa la potenzialità lesiva dell’ordine di distruzione va compiuta nella fase genetica di formazione del titolo e resta coperta dal giudicato (Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Cedam, 2016, 1795).