8 Gennaio 2019

L’illegittimità dell’articolo 55 L. 392/78

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Tribunale di Modena, ordinanza del 27.11.2018, dott. Paolo Siracusano.

Illegittimità costituzionale art. 55 L. 392/78, con riferimento agli articoli 2,3, 111 Cost. (nella parte in cui non esclude la risoluzione del contratto in sede di procedimento di convalida, ove in esito alla sanatoria della morosità principale a seguito concessione del termine di grazia, residui il pagamento delle spese processuali ed un residuo di morosità).

L’impermeabilità letterale e semantica dell’articolo 55 l. cit. confligge con la riflessione giuridica, ormai giunta compimento, in ordine alla clausola di buona fede in senso obiettivo quale fonti di obblighi di considerazione dell’interesse della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, in ogni fase, anche quella patologica, del rapporto obbligatorio”.

“Tale questione, stante quanto sin qui esposto, ha ad oggetto l’art.55 legge 392/78, nella parte in cui, prevedendo che, il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la risoluzione in sede di procedimento di convalida di sfratto, ove al conduttore sia stato concesso il termine previsto dal medesimo articolo per le sue condizioni di difficoltà economica:

  • l’ipotesi in cui residui il pagamento delle spese processuali;
  • ogni altra ipotesi in cui, al momento della decisione, la caducazione del rapporto contrattuale, tenuto conto dell’entità del debito residuo per canoni scaduti, oneri accessori o interessi, avuto riguardo alle reciproche posizioni delle parti, determini un sacrificio sproporzionato dell’interesse abitativo del conduttore”. 

1.Il tema della morosità.

E’ noto che le mutate condizioni economiche e la grave crisi congiunturale che attaglia il paese dal 2009, ha investito con forza dirompente anche il mercato immobiliare e per ovvia conseguenza quello degli affitti, con ricadute sulle fasce più deboli della popolazione.

Il legislatore è intervenuto con rimedi “nazionali”[1] e “locali”[2], senza tuttavia riuscire appieno a calmierare un evidente disagio abitativo che investe con forza le categorie dei conduttori di immobili abitativi e che si regge sugli strumenti operativi della legge dell’equo canone (L.392/78), gli articoli 5 e 55, non caducati dall’intervento legislativo operato con la L. 431/98 in materia di locazioni abitative, potendosi affermare che, ancora oggi, esse norme costituiscono l’argine alla caducazione del contratto ed alla risoluzione dello stesso, per effetto della morosità.

L’art. 5, inadempimento del conduttore, com’è noto prevede, che fermi gli effetti dell’art. 55 L. 392/78: “il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento nel termine previsto, degli oneri accessori, quando l’importo non pagato superi quello di due mensilità del canone costituisce motivo di risoluzione ai sensi dell’art. 1455 c.c.”

Da sempre è stato riconosciuto all’articolo citato la caratteristica di norma di presidio, che in deroga a quanto stabilito dalla legge, al fine di predeterminare la “gravità dell’inadempimento” per la risoluzione del contratto, impone al giudice di attenersi alla c.d. morosità qualificata ed escludere quindi la risoluzione, ogni qualvolta la morosità non sia così grave, e si sia contemporaneamente in presenza dell’altra condizione che determina l’inadempimento,  ossia la mancata sanatoria dell’inadempienza nel termine di grazia per sanare la morosità, così come concesso dal giudice ex art. 55 L. 392/78.

In altri termini il combinato disposto dell’applicazione degli articoli 5 e 55 L. 392/78, determina che la valutazione sulla gravità dell’inadempimento e quindi sugli effetti della risoluzione del contratto, sia sottratto al sindacato giurisdizionale, risultando predeterminato dalla legge; differentemente da quanto si verifichi per i contratti ad uso diverso da abitazione (art. 27, L. 392/78), ove la valutazione è invece rimessa discrezionalmente al sindacato del giudice.

2. L’impatto della sanatoria della morosità sulla valutazione del giudice ed i profili di incostituzionalità sollevati dal Tribunale di Modena.

Le considerazioni in diritto svolte dal Tribunale modenese, muovono dal dato di fondo che l’attuale situazioni di perdurante crisi economica costituisce sicuro elemento di difficoltà alle fasce più deboli della popolazione che non sono in grado di trovare risorse per adempiere le proprie obbligazioni, con il che il giudice mira a sottrarre alla legge la rigidità dell’applicazione degli effetti dell’art. 55, in presenza di mancato pagamento della morosità entro il termine di grazia, riappropriando il giudice di un minimo di discrezionalità operativa di fronte a mancati pagamenti di residui di morosità e delle spese legali[3].

Il giudice modenese prende atto del costante filone giurisprudenziale di legittimità[4] che riconosce come: “il comportamento del conduttore sanante la morosità deve consistere nell’estinzione di tutto quanto dovuto per canoni, oneri accessori, interessi e spese fino alla scadenza del termine di grazia, senza che l’inadempimento residuo sia suscettibile di nuova verifica sotto il profilo della gravità”;  tuttavia ne impone una rilettura costituzionalmente orientata, in ragione dell’applicazione da una parte del generale principio di buona fede nei rapporti contrattuali, anche nei diritti potestativi [5] (“intesa questa, nel senso sopra chiarito come requisito della condotta, costituisce ad un tempo  criterio di valutazione e limite  anche del comportamento discrezionale  del contraente  dalla cui volontà dipende l’avveramento della condizione”) e dall’altro nell’applicazione delle regole del giusto processo.

Più nel dettaglio, il Tribunale si interroga sulla compatibilità/costituzionalità dell’articolo 55, che esclude completamente ogni possibilità che il giudice accerti e valuti la “buona fede processuale”, delineata dal principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost. e lo “renda immune dal vaglio di compatibilità con questo ed altri valori espressi dalla Costituzione” e, non si capacita,come tali superiori principi possano essere immuni nel “subprocedimento di sanatoria”.

A questo punto, lo sforzo argomentativo del giudice modenese diventa “immane”, in quanto scindendo i due aspetti della fattispecie in esame, mira a “destrutturare” l’impatto della residualità della valutazione, sul mancato pagamento delle spese legali di convalida e sul residuo della morosità, in esito al naturale vano decorso del termine di grazia.

Lo sforzo è immane, in quanto lo svilupparsi del ragionamento mira a depotenziare gli effetti della norma e del consolidato e richiamato orientamento giurisprudenziale, in ordine ai mancati effetti valutativi del Tribunale a seguito della mancata sanatoria nei termini concessi.

Relativamente alla mancanza di pagamento delle spese legali a seguito dello spirare del termine di grazia e sugli effetti quindi della risoluzione del contratto, il tribunale ritiene che: “ sia astrattamente configurabile un dovere di solidarietà del locatore di considerare l’interesse del conduttore alla prosecuzione del rapporto contrattuale ove il debito per canoni/oneri accessori sia stato colmato a seguito della concessione del termine ex art. 55, comma 2^, ma residui il pagamento delle spese legali. I presupposti di questo dovere sono evidenti: le condizioni di difficoltà economica del conduttore; la natura del suo interesse abitativo, il cui fondamento costituzionale non può passare in secondo piano”.

Relativamente all’aspetto riguardante il residuo debito, successivo allo scadere del termine di grazia, mutuando in parte gli stessi ragionamenti sui doveri di solidarietà, il tribunale critica la rigidità del criterio puramente formale operato dal legislatore, il quale non valuterebbe una comparazione di interessi in gioco ed in particolare se nel caso di morosità esigua e residua si ponga un problema di “intollerabile sacrifico del locatore” alla continuazione del rapporto, ritendo l’art. 55 contraddittorio, “sia con il diritto vivente che con i valori costituzionali che orientano l’evoluzione.”

Di sicuro interesse nella lettura dell’ordinanza rassegnata appaiono anche i precedenti giurisprudenziali di altre sentenze della Consulta, che a parere del tribunale si differenzierebbero dalla fattispecie in esame: “alla luce del mutamento della cornice storica, economica, sociale per cui ha ragione di porsi il dubbio in ordine al se la contropartita alla deroga dell’art. 1453, comma II^ c.c.,…, e resista all’esame del tempo e delle, ormai compiute riflessioni giurisprudenziali che, per un verso, muovono dal dovere di solidarietà per integrare il contenuto del rapporto obbligatorio al contempo evitando che la tutela giurisdizionale consenta approdare ad un equilibrio inaccettabile degli interessi in gioco e che, per un altro, attribuiscono rilievo centrale al concreto modo di atteggiarsi del rapporto tra le parti, anche nei suoi risvolti patologici, per individuare risposte di giustizia calibrate alle diversità di situazioni”.

3. Riflessioni critiche

Non vi è dubbio che le “suggestioni” dalle quali  muove l’ordinanza in esame, risultino particolarmente sensibili, in quanto offrono una differente prospettazione riguardo gli effetti della mancata sanatoria (parziale) della morosità nei termini di cui all’art. 55 L.392/78.

Tuttavia, a parere di chi commenta, la nuova questione di illegittimità costituzionale dell’art. 55, offerta all’attenzione della Consulta, siccome argutamente e copiosamente motivata, non potrà superarne il vaglio, in quanto i doveri di solidarietà sociale e rispetto del giusto processo richiamati, sono tutti già rispettati dal concreto atteggiarsi del procedimento di convalida e dalle specifiche garanzie offerte dagli articoli 5 e 55, così come oggi interpretati ed applicati.

D’altra parte l’art. 5 L. 392778 nel solco dell’articolo 3 della precedente L.22.12.1973 n.841, richiedeva per la risoluzione del contratto una morosità “qualificata”, che per sua durata ed entità fosse tale da alterare l’equilibrio del contratto in danno del locatore.

Già nella relazione ministeriale dell’11. Maggio 1979, il legislatore aveva inteso individuare le ipotesi più frequenti di inadempimento del conduttore ed offrire all’interprete un indirizzo chiaro ed univoco, eliminando concretamente situazioni di squilibrio, dettate da una generica valutazione discrezionale del giudice, relativamente alla materia delle locazioni abitative, proprio per la rilevanza degli interessi in gioco.

Immaginare di ricondurre ad unum situazioni di difficile comparazione (tipizzazione del grave inadempimento) e con interessi in gioco così rilevanti, porterebbe alla giuridica conseguenza che il rimedio offerto (prospettazione di illegittimità parziale della norma impugnata) potrebbe essere superiore al male, pregiudicando in concreto il ragionevole equilibrio offerto dalla certezza del sistema e dall’equilibrio delle decisioni.

D’altro canto, proprio il meccanismo applicativo del subprocedimento di sanatoria offerto dal combinato disposto delle norme 5 e 55 l.392/78 (simul stabunt simul cadent), non reggerebbe all’urto rappresentato dallo stravolgimento di una di esse, poiché la logica del subprocedimento, già rappresenta eccezione alle regole del sistema, laddove a fronte di una conclamata ipotesi di inadempimento e quindi di sicura risoluzione del contratto, venga offerto il rimedio di sanare gli effetti ed evitare il pregiudizio della caducazione degli effetti del negozio, riportando l’equilibrio contrattuale, offerto dal pagamento di tutto quanto dovuto nei termini stabiliti dal giudice, il quale conseguentemente non potrà e non dovrà operare alcun giudizio se tale inadempimento non venga successivamente sanato nella sua integrità, così come comprensivo anche di quanto dovuto per le spese legali,  a detrimento dei principi costituzionali sull’esercizio dei propri diritti 24 Cost e giusto processo 111 Cost.,  che investirebbero la parte che diligentemente ha chiesto l’esercizio della tutela giurisdizionale.

[1] il Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze n. 202 del 14 maggio 2014, recante “Attuazione dell’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito con modificazioni dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124 – Morosità incolpevole.”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 del 14 luglio 2014.

[2] Protocolli Prefettizi, recanti misure straordinarie di intervento per la riduzione del disagio abitativo.

[3] Nella fattispecie: “€. 332,50 per residuo canone ed €.1374,80 per spese di convalida”.

[4] Fra le tante Cass. Civ. n.5540/12.

[5] Cass. Civ. n.21255/13; SSUU n.18450/05

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