Licenziamento per inidoneità fisica
di Evangelista Basile Scarica in PDFCorte di Cassazione, Sezione Lavoro, 21 luglio 2017, n. 18020
Licenziamento – Giustificato motivo oggettivo – Inidoneità fisica o psichica – Difetto di giustificazione – Reintegra – Sussiste
MASSIMA
Deve ritenersi che laddove il licenziamento sia stato intimato per motivo oggettivo consistente nell’inidoneità fisica o psichica del lavoratore trova applicazione l’articolo 18 settimo comma primo alinea dello statuto dei lavoratori, che prevede espressamente la reintegrazione per il caso in cui si accerti il difetto di giustificazione del licenziamento senza attribuire al giudice alcuna discrezionalità.
COMMENTO
Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione torna sul licenziamento dell’assistente di volo determinato dal giudizio di inidoneità permanente al volo, nonché sulla validità della relativa clausola di risoluzione automatica del contratto di lavoro ex art. 15 c.c.n.l. di categoria. Nel caso concreto, successivamente al giudizio dell’Istituto Medico Legale di Roma, il lavoratore era stato prima sospeso per sei mesi e, poi, licenziato proprio in forza della sua inidoneità al volo, senza l’esperimento di alcun tentativo di reimpiego tra il personale di terra: inoltre, nel corso del giudizio di secondo grado, era stata disposta una CTU che aveva determinato come transitoria l’inabilità al volo del lavoratore. Investita di diverse questione da ambo le parti, la Suprema Corte ha, come prima cosa, vagliato l’efficacia della clausola risolutiva contrattual-collettiva, aderendo alla tesi già espressa dai Giudici di appello nel senso della sua nullità: e difatti, una clausola del genere è contraria ai principi dell’ordinamento in quanto, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass. 7531/2010), l’impossibilità sopravvenuta della prestazione – istituto del diritto comune dei contratti – non può operare nel rapporto di lavoro senza l’iniziativa del datore di lavoro, e cioè del licenziamento. Siffatta impossibilità, che nel diritto del lavoro si sostanzia quasi esclusivamente nelle fattispecie dell’inidoneità fisica, della carcerazione preventiva ovvero della revoca di permessi o concessioni amministrative necessarie all’attività, è invece idonea – ricorrendone i presupposti – a configurare un giustificato motivo oggettivo di cui all’art. 3 l. 604/1966, con conseguente onere del repêchage in capo al datore di lavoro (eventualmente anche tramite l’adibizione a mansioni inferiori, compatibili con lo stato di salute e con l’organizzazione produttiva, cfr. Cass. 12489/2015). Orbene, tenuto conto anche delle conclusioni della CTU, la Suprema Corte ha rigettato i motivi formulati dalla compagnia aerea, accertando il lavoratore era stato illegittimamente licenziato sulla scorta di una insussistente inidoneità permanente al lavoro e che, pertanto, lo stesso era solo temporaneamente inidoneo al volo, con giudizio da rivedere e che, comunque, poteva essere reimpiegato in mansioni di terra, deponendo così per un difetto di giustificazione del provvedimento espulsivo. Sotto il profilo sanzionatorio, siffatta condotta datoriale è ascrivibile alla fattispecie di cui all’art. 18 co. 7 primo alinea L. 300/1970, che rinviando al co. 4 della medesima norma, dispone la cd. Tutela reale dimidiata.
Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”