11 Febbraio 2025

L’esdebitazione del fallito può essere accordata quando vi sia stato un seppure minimo pagamento dei creditori

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. I, 24 ottobre 2024, n. 27562 – Pres. Cristiano – Rel. Vella

Parole chiave: Fallimento – Chiusura della procedura concorsuale – Effetti – Esdebitazione – Mancato soddisfacimento di alcuni creditori concorsuali – Irrilevanza – Pagamento di parte dei debiti in sede di ripartizione dell’attivo – Sufficienza – Condizioni

[1] Massima: Il requisito oggettivo cui è condizionato il beneficio dell’esdebitazione – e, dunque, l’inesigibilità dei crediti residui verso il fallito – richiede, ai sensi dell’art. 142, comma 2, l.fall., che i creditori concorsuali siano stati soddisfatti almeno in parte e tale condizione deve intendersi realizzata, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, anche quando taluni di essi non siano stati pagati affatto, risultando sufficiente che una parte dei debiti, oggettivamente intesa, sia stata pagata in sede di ripartizione dell’attivo ed essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice una valutazione comparativa della consistenza di quella parte rispetto a quanto complessivamente dovuto.

Disposizioni applicate: r.d. 267/1942, art. 142

CASO

Il Tribunale di Treviso dichiarava il fallimento di una società in nome collettivo e dei soci illimitatamente responsabili; la procedura concorsuale si concludeva diversi anni dopo, a seguito della ripartizione finale dell’attivo.

A quel punto, uno dei soci formulava istanza di esdebitazione ai sensi dell’art. 142 l.fall., che veniva rigettata in ragione della contenutissima percentuale (pari a 0,15%) dei crediti soddisfatti.

All’esito del reclamo, la Corte d’appello di Venezia confermava la statuizione assunta dal Tribunale di Treviso, in quanto, pur ricorrendo il requisito soggettivo della meritevolezza, doveva considerarsi insussistente quello oggettivo, dal momento che trascurare l’entità della percentuale di soddisfazione dei creditori avrebbe significato avallare un’interpretazione sostanzialmente abrogante dell’art. 142 l.fall.

Il decreto della Corte d’appello di Venezia veniva impugnato con ricorso per cassazione.

SOLUZIONE

[1] La Corte di cassazione ha accolto il ricorso, affermando che, quando ricorre il requisito soggettivo di cui al comma 1 dell’art. 142 l.fall., il beneficio dell’esdebitazione va, di regola, concesso, a meno che i creditori concorsuali siano rimasti totalmente insoddisfatti, ovvero siano stati soddisfatti in percentuale irrisoria, essendo rimesso al prudente apprezzamento del giudice valutare quando ricorra tale circostanza, che non può riguardare la sola percentuale del pagamento dei creditori, ma deve tenere conto di tutte le peculiarità della singola procedura, alla luce del favor debitoris cui è improntata la disciplina dell’esdebitazione.

QUESTIONI

[1] Con l’ordinanza che si annota, la Corte di cassazione ha precisato le condizioni in presenza delle quali può essere accordato il beneficio dell’esdebitazione ai sensi dell’art. 142 l.fall.

Che si tratti di un beneficio lo si ricava dal fatto che, in linea generale, l’art. 120, comma 3, l.fall. prevede che, una volta chiuso il fallimento, i creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, sicché il fallito non è liberato dalle obbligazioni non fatte valere o non soddisfatte – in tutto o in parte – nell’ambito della procedura concorsuale; la medesima norma, tuttavia, fa salvo quanto previsto dagli artt. 142 e seguenti l.fall., che disciplinano, per l’appunto, l’esdebitazione, cui può accedere solo il fallito che sia persona fisica.

L’istituto persegue l’obiettivo di consentire l’azzeramento di tutte le posizioni debitorie, affinché il fallito possa riprendere celermente lo svolgimento di attività economica, avendo il legislatore privilegiato l’interesse del debitore a liberarsi dai residui vincoli obbligatori rispetto a quello dei creditori alla loro persistenza.

L’art. 142 l.fall. elenca le condizioni alle quali è subordinata la concessione dell’esdebitazione, che, per prassi, si distinguono in presupposti di carattere soggettivo (comma 1) e oggettivo (comma 2).

I primi attengono alla condotta del fallito (sia prima che nel corso della procedura concorsuale), mentre il secondo – che il legislatore ha eliminato dal novero delle condizioni per l’esdebitazione indicate nell’art. 280 CCII – attiene al soddisfacimento almeno parziale di tutti i creditori concorrenti, privilegiati o chirografari che siano.

Proprio su questo presupposto si incentrano le riflessioni svolte dai giudici di legittimità.

Per consolidato indirizzo giurisprudenziale, infatti, il requisito del soddisfacimento dei creditori prescritto dall’art. 142 l.fall. va inteso, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e coerente con il favor per l’istituto mostrato dal legislatore, anche quando taluni di essi (per esempio, i chirografari) non siano stati pagati affatto (si veda, in proposito, Cass. civ., sez. I, 6 novembre 2024, n. 28506), risultando invero sufficiente che una parte dei debiti sia stata pagata in sede di ripartizione dell’attivo ed essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice una valutazione comparativa in ordine alla consistenza di quella parte rispetto a quanto complessivamente dovuto.

Occorre prendere in considerazione tutti i creditori coinvolti, vale a dire, oltre a quelli della società, pure quelli dei singoli soci ai quali il fallimento si è esteso, visto il generico riferimento che l’art. 142 l.fall. opera ai creditori concorsuali, categoria cui vengono tradizionalmente ricondotti i creditori anteriori all’apertura del fallimento; per questo motivo si ritiene che, al contrario, non rilevi la soddisfazione dei crediti prededucibili, fatta eccezione, al limite, per quelli sorti prima del fallimento (per esempio, in correlazione a una precedente procedura concordataria avvinta a quella fallimentare dal vincolo della consecutio; in questi termini, Cass. civ., sez. I, 3 ottobre 2024, n. 25946).

Pertanto, ove ricorrano i presupposti soggettivi previsti dal comma 1 dell’art. 142 l.fall., il beneficio dell’esdebitazione va, di regola, concesso, a meno che i creditori concorsuali non siano stati soddisfatti neppure in parte, cioè siano rimasti totalmente insoddisfatti (giusta quanto stabilito dal comma 2 dell’art. 142 l.fall.), ovvero siano stati soddisfatti in percentuale assolutamente irrisoria.

In questo contesto, l’individuazione della parziale soddisfazione che dà accesso all’esdebitazione è sempre stata ispirata dal favor debitoris sotteso alla disciplina recata dagli artt. 142 e seguenti l.fall., sicché si è affermato che l’irrisorietà è riscontrabile ove, tenuto conto di tutte le risultanze della procedura, il soddisfacimento dei creditori sia a tale punto esiguo da non rappresentare il relativo concetto neppure parzialmente.

Così, si è escluso che l’accertamento in questione debba ridursi alla mera registrazione del dato percentuale del soddisfacimento dei creditori, sia perché il comma 2 dell’art. 142 l.fall. esclude testualmente il beneficio quando non vi sia stata alcuna soddisfazione (ossia quando sia stata del tutto assente), sia perché la prudente valutazione rimessa al giudice non può ridursi a una mera operazione matematica, ma deve abbracciare e discernere, anche comparativamente, tutte le peculiarità della singola procedura.

In quest’ottica, il debitore non dev’essere penalizzato a causa della scarsa consistenza dell’attivo patrimoniale destinato ai creditori, spesso dipendente anche dai risultati poco soddisfacenti della liquidazione in ambito concorsuale e dall’incidenza dei costi prededucibili, in particolare quando la sua entità non sia stata influenzata da condotte ostruzionistiche, negligenti, depauperatorie, fraudolente, distrattive o comunque penalmente rilevanti del fallito.

Ciò significa, secondo i giudici di legittimità, che, tra tutte le risultanze della procedura alle quali il giudice deve attingere per effettuare la valutazione sottesa alla delibazione prescritta dall’art. 142 l.fall., bisogna certamente considerare l’entità dell’attivo acquisito e di quello che è stato possibile liquidare, il numero dei creditori e l’ammontare dei costi prededucibili (che rappresentano una variabile indipendente dalla condotta del fallito), senza arrestarsi a rilevare la irrisorietà – sotto il profilo squisitamente algebrico – della percentuale di soddisfazione dei creditori concorsuali (trattandosi di parametro nemmeno esplicitato formalmente nella norma).

Inoltre, non è sufficiente operare un raffronto tra l’attivo distribuito e il passivo totale, senza tenere conto del valore consumato dalle prededuzioni durante il corso della procedura e distinguere fra le passività riconducibili alla società e quelle ascrivibili ai singoli soci, né può omettersi di considerare l’entità dell’attivo acquisito rispetto a quello in concreto realizzato (tenuto conto delle difficoltà insite nell’attività liquidatoria fallimentare).

In definitiva, riprendendo le parole della Corte di cassazione, “l’esdebitazione, conformemente alla lettera dell’art. 142 l.fall. e allo spirito dell’istituto, deve essere intesa come beneficio che, al ricorrere del requisito della “meritevolezza” (integrato dall’assenza di tutte le ragioni soggettive ostative), va concesso, potendo escludersi solo qualora, valutate tutte le circostanze concrete della procedura, il soddisfacimento dei creditori concorsuali risulti meramente simbolico”.

Di conseguenza, una volta che il debitore sia stato ritenuto meritevole (essendo così integrato il cosiddetto requisito soggettivo, sotto tutti i molteplici e concorrenti profili menzionati dall’art. 142, comma 1, l.fall.) e una volta che la misura del soddisfacimento dei creditori non sia tale da finire per coincidere, di fatto, con l’ipotesi più radicale della sua totale assenza, la specifica e complessiva valutazione di tutti gli aspetti della procedura dovrebbe tendenzialmente impedire che il debitore resti escluso dal beneficio dell’esdebitazione per ragioni di ordine meramente quantitativo, indipendenti dalle sue condotte.

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato è stato cassato perché i creditori avevano ricevuto un sia pur esiguo soddisfacimento, non qualificabile come irrisorio, peraltro attingendo soprattutto all’attivo realizzato dalla liquidazione dei beni del socio che aveva chiesto l’esdebitazione.

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