25 Marzo 2025

Legittimazione al reclamo avverso l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti

di Carlo Trentini, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sez. I, 29 dicembre 2024, n. 34840 – Pres. M. Ferro, Est. A. Fidanzia

Parole chiave: Accordi di ristrutturazione dei debiti – Reclamo avverso la sentenza di omologazione – Soggetti legittimati

Massima: “In tema di accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l.fall., la natura contenziosa del procedimento di omologa comporta che la legittimazione a proporre reclamo avverso il decreto di omologazione spetta solo a coloro che abbiano assunto formalmente la qualità di parte nelle precedenti fasi e gradi del giudizio, anche se regolato mediante rinvio agli artt. 737 e ss. c.p.c. (In applicazione del principio, la S.C. ha confermato il provvedimento impugnato che aveva escluso la legittimazione a proporre reclamo all’Agenzia delle Entrate che si era limitata a far pervenire un tardivo dissenso alla transazione fiscale, senza tuttavia proporre formale opposizione all’omologazione dell’accordo)”. (massima ufficiale)

Riferimenti normativi: art. 182-bis, comma 4 e 183 legge fallimentare

CASO E QUESTIONE

Avendo la Corte d’Appello di Milano rigettato il reclamo proposto dall’INPS avverso il provvedimento con cui il Tribunale aveva omologato gli accordi, il creditore istituzionale ha proposto ricorso per cassazione lamentando l’erroneità della decisione, motivata dalla carenza di legittimazione all’impugnazione, che, ad avviso del giudice di secondo grado, poteva riconoscersi soltanto a coloro che, avendo proposto opposizione, avevano assunto la qualità di parte nel giudizio di omologazione.

La Suprema Corte rigetta il ricorso motivando che “A norma dell’art. 742 bis c.p.c., le disposizioni di cui agli artt. 737 e s. si applicano, in via generale, a tutti i procedimenti in camera di consiglio “ancorché non regolati dai capi precedenti (…)”.

Pertanto, il creditore o ogni altro interessato che si voglia opporre all’omologa dell’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis L.F., può eventualmente depositare un ricorso modulato ex art. 737 c.p.c. che instaura un procedimento di natura contenziosa (…).

La indiscutibile natura contenziosa del procedimento di omologa in oggetto (…), comporta che il reclamo, disciplinato dal combinato disposto degli artt. 182 bis comma 4 e 183 L.F., abbia natura di gravame, con la conseguenza che, correttamente, la Corte d’appello ha affermato che la qualità di soggetto legittimato all’impugnazione deve essere determinata, nei gradi e nelle fasi ulteriori del giudizio, anche nei procedimenti disciplinati dagli artt. 737 e s. c.p.c., esclusivamente per relationem rispetto alla qualità di parte assunta formalmente nei gradi e nelle fasi anteriori (vedi Cass. n. 5877/1991, non confutata da pronunce successive).

COMMENTO

La legittimazione al reclamo dei provvedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti- nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

L’art. 51 CCII disegna una diversa disciplina, quanto alla legittimazione, delle impugnazioni dei provvedimenti che concludono i procedimenti degli strumenti di regolazione della crisi e della sentenza che dichiara aperta la procedura di liquidazione giudiziale. Per tutti questi giudizi la norma detta una regola comune, i.e. “le parti possono proporre reclamo”. Ma la disposizione, subito dopo, recita che, avverso la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale può proporre l’impugnazione “anche qualunque interessato”.

Vale la pena aggiungere che la diversità di regime, che, del resto, già si rinveniva nella legge fallimentare, trova piena giustificazione nella considerazione che la sentenza di apertura della procedura liquidatoria maggiore dispiega i suoi effetti su una molteplicità di soggetti che, a differenza delle procedure di regolazione della crisi, non sono stati necessariamente informati dell’avvio del procedimento volto alla decisione che può avere effetti pregiudizievoli nei loro confronti[1], e, con tutto ciò, sono destinati a subirne gli effetti (creditori, soci, persone che ricoprono cariche sociali, ecc.), senza contare che, per risalente e costante interpretazione l’interesse legittimante l’impugnazione può essere anche morale, ciò che può estendere considerevolmente il numero dei legittimati.

Da tale connotazione, ampia e non individuabile ex ante, della platea dei legittimati, discende, egualmente in continuità rispetto alla disciplina novecentesca, la norma che, per i soggetti diversi dal debitore attinto dall’apertura della procedura e dalle parti costituite, ricollega il dies a quo alla presunzione legale di conoscenza discendente da un dato puramente formale, quello della pubblicazione nel registro delle imprese, eccezionalmente ritenuto comunque idoneo dal legislatore a far decorrere il termine, proprio per la obiettiva difficoltà di identificare tutti i possibili interessati[2].

Ben diverso è il regime dell’impugnazione dei provvedimenti conclusivi delle procedure di accordi, di concordato, di piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione. Qui, sia pure in forme diverse, tendenzialmente tutti i creditori vengono notiziati dell’avvio del procedimento, hanno facoltà di opporsi e, comunque, di costituirsi nel giudizio.

Ne segue che la legittimazione al reclamo compete esclusivamente a coloro che si siano costituiti, abbiano quindi assunto la qualità di parti[3], e siano rimasti soccombenti[4]; per questi, il cui numero è, d’ordinario, limitato e la cui identità è, in ogni caso, desumibile dagli atti del giudizio, non ha senso ricollegare il termine per la proposizione del reclamo alla pubblicazione nel registro delle imprese, dovendosi, invece, fare riferimento a quella che è la regola generale, vale a dire che, a garantire l’effettività del diritto di difesa, occorre ricollegare il termine iniziale per l’esercizio del diritto d’impugnare all’intervenuta (per il destinatario) notificazione dell’atto.

Come osservato dalla giurisprudenza[5], per le parti costituire in giudizio non vi è alcuna necessità di ancorare il dies a quo del termine per la proposizione del reclamo avverso il provvedimento di omologazione del concordato ad una conoscenza presuntiva, quale quella della pubblicazione nel registro delle imprese, anziché alla conoscenza legale, che, per costante interpretazione della corte di legittimità, soltanto la notificazione può assicurare[6].

Non è privo di significato osservare che il procedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione (così come del concordato preventivo), è informato al modello camerale, di talché va applicata, per analogia o, quanto meno per interpretazione sistematica, la disposizione dell’art. 737 c.p.c., relativa al termine iniziale, che decorre dalla data della notificazione della sentenza[7].

L’art. 51 CCII limita chiaramente alle “parti” la legittimazione al reclamo avverso il provvedimento conclusivo (in senso positivo, di accoglimento della domanda) del giudizio di omologazione degli accordi, così come degli altri strumenti di regolazione della crisi. Come sopra osservato, a differenza dell’impugnazione della sentenza che dichiara aperta la procedura di liquidazione giudiziale, la legittimazione all’impugnazione spetta alle parti e non a chiunque interessato.

La legittimazione al reclamo del provvedimento di omologazione degli accordi nella legge fallimentare

Che tale fosse l’orientamento, già nella vigenza della legge fallimentare, è chiaramente attestato nella letteratura. In tal senso si sono espressi più autorevoli AA[8] in commento al Codice della crisi[9], con la sola precisazione che, fermo restando che la sentenza che provvede solo sulla omologazione può essere impugnata “esclusivamente dalle parti che hanno partecipato al procedimento di omologazione”, costituisce eccezione che queste “siano state illegittimamente pretermesse”[10].

Nella giurisprudenza sia di legittimità che di merito si rinvengono precedenti conformi all’interpretazione data dalla sentenza in rassegna. Innanzi tutto, uno, relativo a fattispecie disciplinata dalla legge fallimentare[11], che presenta la preziosa caratteristica di riguardare una fattispecie perfettamente sovrapponibile a quella della sentenza in rassegna (trattandosi di un’impugnazione di un’omologazione, da parte di un creditore pubblico – l’Agenzia delle Entrate – che non aveva assunto la veste di parte nel procedimento avanti il tribunale[12]). Orbene, in quel precedente la corte d’appello negò la legittimazione del creditore pubblico, sulla base della considerazione che sono ammessi ad impugnare soltanto coloro che abbiano assunto la qualità di parte in senso formale, nel giudizio di primo grado, per essersi costituiti nel medesimo giudizio, perché creditori dissenzienti ovvero perché soggetti interessati. La decisione citata poneva, a sostegno, un precedente di legittimità[13], a tenore del quale tanto nel procedimento camerale quanto nel giudizio contenzioso ordinario “la qualità di parte e quindi di soggetto legittimato al reclamo ex art. 739 c.p.c., si determina, nei gradi del procedimento successivi al primo, esclusivamente “per relationem”, rispetto alla qualità di parte fondamentalmente assunta in primo grado”.

CONCLUSIONI

Che la legittimazione all’impugnazione del provvedimento di omologazione degli accordi di ristrutturazione competa unicamente alle parti costituite rimaste soccombenti, è ripetutamente affermato dalla giurisprudenza formatasi sotto il regime della legge fallimentare[14]. Il punto di diritto deve considerarsi definitivamente risolto dall’art. 51 CCII.

La decisione della Suprema Corte merita dunque piena condivisione.

[1] Nel concordato preventivo, tutti i creditori devono essere individualmente informati della presentazione della domanda; negli accordi, l’avvio della procedura è accompagnato dalla pubblicazione nel registro delle imprese.

[2] Cfr. Cass. Civ. 5 giugno 2014, n. 12654, ord. (in motivazione).

[3] Per la nozione di “parte” in senso processuale, cfr. A, Proto Pisani, Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, s.v. Parte nel processo (a) diritto processuale civile), 920-921.

[4] Cfr. Cass. Civ. 29 febbraio 2016, n. 3954; se così non fosse, difetterebbe l’interesse ad agire.

[5] App. Venezia 12 maggio 2016, in Riv. dottori commercialisti 2016, 3, 455.

[6] Cfr. circa la non derogabilità della regola dettata dall’art. 326 c.p.c., con specifico riferimento al reclamo nel procedimento camerale, Cass. Civ. 4 dicembre 2003, n. 18514.

[7] Cass. Civ. 4 novembre 2011, n. 22932, in motivazione. Sentenza relativa a fattispecie disciplinata dalla legge fallimentare, ma da considerarsi espressione di principio di diritto valido anche per il CCII. Cfr. anche Cass. Civ. 26 marzo 2003, 4482.

[8] S. Ambrosini, L’omologazione del concordato, in Dir. fall., 2014, I, 517, che riconosce (in caso di provvedimenti di omologazione) “agli opponenti … con atto che va notificato al debitore, al commissario giudiziale e alle parti costituite in giudizio”; V. Zanichelli, La nuova disciplina del concordato preventivo, Milano, 2014, 164. Specificamente, in tema di accordi, cfr. E. Frascaroli Santi, in commento all’art. 182-bis, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli, F. P. Luiso, E. Gabrielli, vol. IV, Torino, 2014, 511; P. Valensise, in AA. VV., La legge fallimentare dopo la riforma, Torino, 2010, 2305; G. La Croce, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Giur. it., 2010, 2473; G. Verna, I nuovi accordi di ristrutturazione (art. 182 bis, legge fallim.), in Dir. fall., 2007, I, 956.

[9] M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, Piacenza, 2024, 167, secondo il quale “il reclamo può essere proposto soltanto da coloro che hanno rivestito la qualità di parte in senso formale nel giudizio davanti al tribunale”; S. Sanzo – D. Burroni, Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019, 91, secondo cui al reclamo ex art. 51 CCII “sono legittimate solo le parti del procedimento che ha definito la sentenza”; G. Finocchiaro, in Crisi e insolvenza dopo il Correttivo Ter, Commentario diretto da M. Irrera e S.A. Cerrato, Torino, 2024, tomo I, 884.

[10] M. Fabiani, L’omologazione del nuovo concordato preventivo, in Il Fallimento, 2020, 1319.

[11] App. Genova 23 dicembre 2011, in Il fallimento 2012, 437; per la contraria interpretazione vedi però App. Napoli 7 giugno 2024, in Il fallimento 2024, in corso di pubblicazione nella rivista Procedure concorsuali e crisi d’impresa.

[12] Che la sentenza riguardi l’impugnazione di un provvedimento di omologazione di un concordato preventivo non cambia i termini della questione.

[13] Cass. Civ. 24 maggio 1991, n. 5877.

[14] Cfr. Cass. Civ. 29 febbraio 2016, n. 3954; App. Venezia 12 maggio 2016, cit.

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