Alle Sezioni Unite la questione della legittimazione ad impugnare la sentenza pronunciata nei confronti del condominio da parte del singolo condomino
di Enrico Picozzi Scarica in PDFCass., Sez. II, 15 novembre 2017, n. 27101 Pres. Petitti – Est. Scarpa
Impugnazioni civili – Sentenza resa nei confronti del condominio – Legittimazione ad impugnare del condomino non costituito – Rimessione alle Sezioni Unite (Cod. proc. civ., artt. 81, 323; Cod. civ., artt. 1130, 1131)
[1] La Seconda Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione di massima di particolare importanza riguardante la legittimazione ad impugnare la sentenza emessa nei confronti del condominio da parte del singolo condomino non costituitosi nei precedenti gradi di giudizio.
CASO
[1] Un condominio, per mezzo del suo amministratore, proponeva domanda nei confronti della condomina Caia volta alla riduzione in pristino delle opere realizzate da quest’ultima nonché alla conseguente tutela di una servitù di passaggio esercitata mediante una scala esterna. A fronte dell’integrale vittoria conseguita dal condominio all’esito del giudizio di prime cure, la condomina Caia, spiegava impugnazione, che veniva parzialmente accolta in relazione alla mancata prova di un peggioramento nell’esercizio della citata servitù. Avverso la sentenza d’appello, ricorreva per cassazione la medesima condomina Caia, cui resisteva, da un lato, il condominio con controricorso e, dall’altro lato, la condomina Tizia con ricorso incidentale tardivo. La Sezione II, investita del gravame, si chiedeva anzitutto se la condomina Tizia – mai stata parte nei precedenti gradi – fosse legittimata ad impugnare la pronuncia d’appello e, ravvisando sul punto una questione di massima di particolare importanza, rimetteva gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
SOLUZIONE
A fondamento della propria ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, la Seconda Sezione non ravvisa l’esistenza di un vero e proprio contrasto, semmai l’esigenza di conciliare un costante orientamento di legittimità con una più recente presa di posizione delle medesime Sezioni Unite. In questa direzione, la Suprema Corte dà anzitutto conto del tradizionale orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass., sez. II, 27 gennaio 1997, n. 826; Cass., sez. II, 23 agosto 2007, n. 17925; Cass., sez. VI, 11 gennaio 2012, n. 177; Cass., sez. III, 24 luglio 2012, n. 12911), stando al quale, con la costituzione in giudizio dell’amministratore, il singolo condomino – a prescindere dal suo ingresso formale nel processo – acquisisce automaticamente la qualità di parte. Alla base di questa opzione interpretativa, vi è il convincimento che il condominio sia un mero ente di gestione, sfornito di qualsiasi soggettività giuridica (non distinto dai condomini) e che pertanto la presenza in giudizio dell’amministratore rappresenti una semplificazione nell’instaurazione del contraddittorio, che, altrimenti imporrebbe la presenza di tutti i condomini. È evidente dunque che, coerentemente alla ricostruzione in discorso, il singolo condomino, ancorché non costituitosi nell’ambito della precedente fase processuale, ben potrebbe impugnare la sentenza emessa nei confronti del condominio (così Cass., sez. II, 16 dicembre 2015, n. 25288; Cass., sez. III, 16 maggio 2011, n. 10717; Cass., sez. II, 19 maggio 2003, n. 7827). Questa conclusione, tuttavia, come osservato dalla medesima Seconda Sezione potrebbe costituire oggetto di un più generale ripensamento ove si condividesse la tesi recentemente avanzata dalle Sezioni Unite (cfr. Cass., sez. un., 18 settembre 2014, n. 19663, annotata da A. Carrato, in Corr. giur., 2015, 1535 e ss.). Queste, infatti, nell’escludere che il singolo condomino, ove non costituitosi nel relativo giudizio presupposto, sia legittimato ad agire ex art. 2, l. 89 del 2001 per ottenere l’equo indennizzo da durata irragionevole del processo, hanno affermato che il condominio è un centro di imputazione di interessi, diritti e doveri, dotato di una sia pur minima soggettività giuridica. Ne dovrebbe seguire che l’ente condominio è un soggetto giuridico – anche sotto il profilo processuale – distinto dai singoli condomini, con la conseguenza che la costituzione del primo, per mezzo dell’amministratore, non implica l’automatica costituzione dei secondi. Pertanto, in assenza di loro rituale ingresso nel processo, dovrebbe parimenti escludersi la loro legittimazione ad impugnare la sentenza emessa nei confronti del condominio.
QUESTIONI
Come è noto, la legittimazione ad impugnare è una condizione dell’impugnazione, la cui sussistenza impone al giudice una valutazione di ordine pratico, giacché questi deve scrutinare, a pena di inammissibilità del gravame, se l’impugnante abbia rivestito o meno la qualità di parte nel precedente grado di giudizio. Ora, a questo tipico principio in materia di impugnazioni civili (sul quale, si veda amplius C. Santini, Le impugnazioni civili, a cura di F.P. Luiso, R. Vaccarella, Torino, 2013, 31 e ss.) si uniforma senz’altro la nuova posizione giurisprudenziale espressa dalle S.U., 19663/2014, cit.; ma, ad uno sguardo più attento, anche il summenzionato orientamento tradizionale, pur muovendo da una fictio iuris (vale a dire considerare parti originarie del giudizio pure i condomini ivi non costituitisi), non sembra discostarsene, semmai tende ad ampliarne i confini. Ciò detto, sembra dunque chiaro che la reale divergenza fra le due posizioni espresse dalla giurisprudenza di legittimità si sostanzi in un distinto inquadramento giuridico del condomino, inteso, da un lato, quale mero ente di gestione e, dall’altro lato, quale centro di imputazione di diritti e doveri, dotato di un’autonoma, ancorché attenuata, soggettività giuridica. Infatti, l’eventuale preferenza per l’una o, viceversa, per l’altra opzione interpretativa, come si è visto, si riflette direttamente sulla soluzione della questione processuale sollevata dall’ordinanza della Seconda Sezione. Nondimeno, il collegamento, così istituito, fra la problematica della legittimazione ad impugnare del singolo condomino e quella della natura giuridica del condominio, in ragione del quale, la soluzione della prima viene a dipendere dalla seconda, desta qualche perplessità. Infatti, non sembra del tutto persuasiva la ricostruzione che tende ad attribuire una sia pur minima soggettività giuridica al condominio, poiché trascura le differenti scelte di politica legislativa compiute con la riforma (l. n. 220/2012), nell’ambito della quale non ha avuto seguito il tentativo – pur avanzato nel corso dei lavori preparatori – di attribuire al condominio personalità giuridica. Parimenti, la tesi che riconduce il condominio ad un mero ente di gestione (avanzata dall’orientamento tradizionale) conduce ad esiti non del tutto convincenti nella misura in cui legittima il singolo condomino all’esercizio dell’impugnazione nei confronti di sentenze aventi ad oggetto la mera gestione e/o custodia di un servizio comune, e quindi non direttamente incidenti sulla sua posizione giuridica (cfr. Cass., sez. II, 6 agosto 2015, n. 16562). Pertanto, proprio muovendo da quest’ultima osservazione critica – e quella che si va ad indicare potrebbe essere la soluzione delle Sezioni Unite, come sembra auspicare la medesima Seconda Sezione – si potrebbe circoscrivere la legittimazione all’impugnazione del singolo condomino – anche non formalmente costituito – esclusivamente a quelle liti che vengano ad involgere una situazione giuridica sostanziale direttamente incidente sul suo patrimonio giuridico, come ad esempio nei giudizi aventi ad oggetto il diritto di proprietà sulle parti comuni dell’edificio ovvero il diritto esclusivo di proprietà sulle singole unità immobiliari (sul punto, cfr. A. Scarpa, L’impugnazione del singolo condomino avverso la sentenza resa nei confronti del condominio, in Imm. e prop., 2016, 7-8), rispetto ai quali peraltro il giudicato sembrerebbe destinato ad estendere i suoi effetti sui singoli condomini non intervenuti (così Cass. 12911/2012, cit.).