Il legatario e la legittimazione ad intraprendere o proseguire l’azione intrapresa dal suo dante causa
di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDFCass. Civ., Sez. II, 12 dicembre 2020, n. 28602 – DI VIRGILIO – Presidente, TEDESCO – Relatore
Legato – Impugnazione del testamento
(C.c., art. 590)
“Il legatario, in quanto portatore di un interesse opposto all’invalidità del testamento contenente la disposizione a titolo particolare in suo favore, non è legittimato alla conferma del testamento stesso che sia nullo o annullabile, posto che tale legittimazione sussiste solo in capo a chi dall’accertamento giudiziale della invalidità trarrebbe un vantaggio che si sostanzia nel riconoscimento di diritti oppure nell’accertamento della inesistenza di determinati obblighi testamentari. Conseguentemente il legatario, una volta divenuto erede di colui che, come erede legittimo del testatore, aveva agito in giudizio per fare accertare l’invalidità del testamento contenente una molteplicità di disposizioni a titolo particolare in favore di più soggetti, può proseguire l’azione intrapresa dal proprio dante causa, senza trovare alcuna preclusione nel precedente conseguimento del legato.”
CASO
La defunta M.S. istituisce erede con testamento pubblico il padre M.G. e dispone diversi legati, anche a favore di P.F. e di R.P.
P.F. agisce in giudizio contro M.G., unico erede, per ottenere l’adempimento del legato.
M.G. in via riconvenzionale contesta la validità del testamento, sostenendo la sussistenza di numerose anomalie nella formazione della scheda testamentaria. Il Tribunale ordina di integrare il contraddittorio con tutti i legatari (tra i quali R.P).
Tuttavia, nelle more del giudizio, M.G. muore e, di conseguenza, il processo viene dichiarato interrotto. M.G. aveva nominato sua unica erede R.P., la quale era a sua volta legataria della originaria de cuius M.S., come già osservato.
R.P. riassumeva giudizio, iniziato dal proprio dante causa. Il Tribunale di Savona rigettava la domanda della legataria, erede dell’erede onerato, affermando che l’erede, M.G., aveva prestato acquiescenza o, in ogni caso, aveva dato volontaria esecuzione alle disposizioni testamentarie di M.S.. Inoltre, secondo il giudice di prime cure, l’impugnativa del testamento doveva essere preclusa a R.P. in quanto priva di legittimazione attiva, essendo la stessa R.P. erede di M.G. e legataria di un immobile in base al testamento di M.S.. La Corte d’Appello, dunque, confermava la sentenza di primo grado e rigettava il ricorso di R.P., la quale propone dunque ricorso per Cassazione.
SOLUZIONE
La legataria ricorre per la cassazione della sentenza di secondo grado in quanto la Corte d’Appello avrebbe fornito un’erronea interpretazione della sentenza di primo grado. Infatti, la Corte d’Appello aveva riconosciuto che M.G. aveva convalidato il testamento della figlia, ma secondo la ricorrente non vi era nessun elemento tale da giustificare che l’illegittimità della domanda discendesse dalla qualità di erede di colui che aveva convalidato il testamento e altresì dallo status di legataria della ricorrente stessa.
I giudici di legittimità ritengono il motivo fondato. Secondo la lettura data dalla Corte d’Appello, la legataria non avrebbe in ogni caso potuto proseguire nell’azione del suo dante causa in quanto, conseguendo il legato disposto in suo favore con il testamento di M.S., ne aveva implicitamente riconosciuto la validità.
In contrario, la Corte di Cassazione afferma che la sentenza di primo grado, pur dichiarando inammissibile l’azione della legataria perché erede dell’erede che ha prestato convalida e perché legataria in base al testamento, non ha altresì stabilito che alla legataria fosse preclusa la prosecuzione dell’iniziativa giudiziaria promossa dal dante causa. Alla luce di tale ragionamento, la Corte di Cassazione ha affermato che il legatario che sia anche erede dell’erede onerato può proseguire l’impugnativa del testamento proposta dal proprio dante causa oppure iniziarla autonomamente, senza alcuna preclusione nel conseguimento del legato che non può essere configurato come convalida del testamento.
Ciò in quanto la legittimazione al negozio di conferma o di convalida deve ritenersi sussistente solo in capo a chi dall’accertamento giudiziale della invalidità trarrebbe un vantaggio che si sostanzia nel riconoscimento di diritti (o di maggiori diritti) oppure nell’accertamento della inesistenza di determinati obblighi testamentari (Cass. n. 26062/2018).
Una volta riconosciuto che la convalida deve provenire da chi abbia interesse a far valere la invalidità del testamento, il legatario sarà legittimato sia in caso di sublegato nullo sia di legato nullo, disposto in un testamento successivo a quello nel quale lo stesso bene veniva attribuito ad altro soggetto. Tale legittimazione non compete invece al legatario con riferimento al testamento che lo gratifica.
La ricorrente, nel proseguire l’azione iniziata dal dante causa, avrebbe “speso la sola e originaria legittimazione acquisita una volta diventata erede dell’onerato” mentre “come legataria non aveva alcuna veste né per impugnare il testamento, né per convalidarlo”. Per questo motivo, la Corte di Cassazione afferma il principio secondo cui “il legatario, una volta divenuto erede di colui che, come erede legittimo del testatore, aveva agito in giudizio per fare accertare l’invalidità del testamento contenente una molteplicità di disposizioni a titolo particolare in favore di più soggetti, può proseguire l’azione intrapresa dal proprio dante causa, senza trovare alcuna preclusione nel precedente conseguimento del legato”.
QUESTIONI
In merito alla convalida del testamento nullo o annullabile, opera l’art. 590 c.c., il quale “in deroga al principio generale espresso dall’art. 1423 c.c., secondo cui il negozio nullo è insuscettibile di convalida, ammette la possibilità della sanatoria del testamento invalido, sia mediante conferma espressa della disposizione, sia mediante volontaria esecuzione di essa da parte di chi conosca la causa della nullità. Nel primo caso, la convalida ha luogo quando in un atto, per il quale non sono, tuttavia, richieste forme solenni, si faccia menzione della disposizione e dei vizi che l’affettano e si dichiari di volerla convalidare; nel secondo caso, invece, la convalida opera indirettamente, per facta concludentia, e cioè attraverso un comportamento di attuazione della disposizione invalida, in modo da determinare volontariamente, rispetto ai beni ereditari, lo stesso mutamento della situazione giuridica che si sarebbe prodotto se il testamento non fosse stato nullo. Codesto risultato può essere realizzato solamente da chi sia investito della titolarità e del potere di disposizione del diritto” (cfr. Cass. n. 535/1968). È stato osservato, quindi, che la convalida spetta a colui che in potrebbe avvalersi di tale nullità e proporre domanda per la nullità dello stesso (tra gli altri G.B Ferri, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, in Dig. Disc. Priv, sez. civ, IV, 1989 p.335). Inoltre, “la legittimazione al negozio di conferma o di convalida deve ritenersi sussistente solo in capo a chi dall’accertamento giudiziale della invalidità trarrebbe un vantaggio che si sostanzia nel riconoscimento di diritti (o di maggiori diritti) oppure nell’accertamento della inesistenza di determinati obblighi testamentari” (Cass. n. 26062/2018). Tuttavia, “tale legittimazione non compete invece al legatario con riferimento al testamento che lo gratifica, rispetto al quale egli è portatore di un interesse opposto all’invalidità del testamento stesso” (Cass. n. 535/1968).
Queste sono le affermazioni di fondo sulla scorta delle quali si muove il ragionamento della Cassazione, che in questo caso afferma correttamente il principio secondo il quale non può essere imputata al soggetto che beneficia, quale legatario, di un testamento l’asserita convalida dello stesso. La convalida può provenire, infatti, solo dal soggetto che avrebbe un interesse a vedere invalidato il testamento.
Sul punto si ricorda che la dottrina e la giurisprudenza convengono in ordine al fatto che il testamento può essere convalidato non solo per nullità, come testualmente previsto dall’art. 590 c.c., ma anche in caso di annullabilità. Ciò in quanto caratteristica tipica del negozio annullabile è proprio la possibilità di convalida: parrebbe un controsenso teorizzare la confermabilità dei testamenti nulli ex art. 590 c.c. e negare la convalidabilità dei testamenti annullabili. Si rischierebbe una forte contraddittorietà se si ammettesse di confermare a fronte di un vizio più grave, che l’ordinamento sanziona con una invalidità più netta, e nel contempo si negasse il rimedio della conferma/convalida per vizi meno gravi afferenti la scheda testamentaria (G.B Ferri, Convalida, conferma e sanatoria del negozio giuridico, cit., p.355 e A. PALAZZO, Le Successioni, Milano, 2000, p. 179). Nel più, sta il meno.
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