7 Maggio 2024

Le Sezioni Unite tornano sull’ammissibilità delle impugnazioni tardive adesive e sul principio di consumazione dell’impugnazione

di Elisa Pirrotta, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza del 28 marzo 2024, n. 8486

Obbligazioni solidali – appello – coobbligato solidale – impugnazione principale – impugnazione tardiva adesiva – ammissibilità – consumazione

CASO

Con sentenza n. 8486 del 28 marzo 2024, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affrontato la questione di massima e particolare importanza inerente l’ammissibilità o meno dell’impugnazione incidentale tardiva anche quando la stessa rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale.

La questione giunta sino alle Sezioni Unite prende le mosse dalla sentenza con cui il Tribunale di Varese aveva condannato i tre amministratori delegati della società fallita a pagare al Fallimento, in solido tra loro, la somma di oltre 2.000.000,00 euro, per il danno arrecato alla società e ai creditori sociali per la perdita di bancali non rinvenuti dal Curatore.

Avverso la sentenza di primo grado erano stati proposti due separati appelli da due dei tre amministratori (uno tempestivo e uno invece oltre i termini di cui all’art. 327 c.p.c.), con la conseguenza che si sono instaurati due giudizi di impugnazione poi riuniti dalla Corte d’Appello.

Nel primo dei due giudizi di gravame si sono costituiti tempestivamente il Fallimento e uno dei due amministratori, mentre il terzo amministratore (appellante principale nel secondo giudizio instaurato oltre i termini di cui all’art. 327 c.p.c.) si è costituito all’udienza di prima comparizione, dunque tardivamente, con una comparsa di risposta “contenente di fatto” un’impugnazione incidentale adesiva a quella dell’appellante principale. In sostanza il terzo amministratore il giorno dell’udienza (26 gennaio 2012) ha contestualmente depositato la comparsa di costituzione nel giudizio del primo gravame e ha notificato l’appello principale del secondo gravame al Fallimento.

La Corte d’appello di Milano in accoglimento degli appelli proposti da tutti e tre gli amministratori ha riformato la sentenza di primo grado, ritenendo infondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Fallimento per asserita violazione degli artt. 334 e 343 co. 1 e 2 c.p.c.

La Corte ha dunque ritenuto ammissibile l’impugnazione proposta dal terzo amministratore qualificandola come “incidentale tardiva adesiva”, e ciò in ragione del fatto che l’interesse all’impugnazione di quest’ultimo era sorto – secondo la Corte – solo dall’appello incidentale tempestivo del secondo coobbligato, che aveva fatto nascere in capo al terzo amministratore un nuovo e autonomo interesse ad impugnare la sentenza nei confronti del Fallimento in quanto nell’ipotesi di accoglimento di entrambe le domande dei due amministratori egli sarebbe rimasto esposto, da solo e per l’intero, alla condanna emessa dal Tribunale.

Contro la sentenza della Corte d’Appello di Milano è stato proposto ricorso in Cassazione.

Il Collegio designato per l’adunanza camerale, ritenuta la necessità di un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, ha adottato l’ordinanza interlocutoria n. 20588 del 2023 (pubblicata il 17 luglio 2023), con la quale ha ravvisato la necessità del “superamento della distonia tuttora persistente nella giurisprudenza di questa Corte” sulla disciplina delle impugnazioni incidentali tardive prevista, in via generale, dall’art. 334 c.p.c., anche in relazione agli artt. 331 e 332 c.p.c.

Inquadramento normativo

Le impugnazioni incidentali tardive sono quelle impugnazioni, disciplinate dall’art. 334 c.p.c., che possono essere proposte dall’appellato principale o dai soggetti chiamati ad integrare il contraddittorio (art. 331 c.p.c.), anche oltre i termini di cui all’art. 327 c.p.c. L’eventuale proposizione di una impugnazione tardiva determina, data l’assenza di un’autonoma consistenza stante la proposizione oltre i termini di legge, che tale gravame debba seguire le sorti dell’appello principale in caso, ad esempio, di declaratoria di inammissibilità di quest’ultimo.

L’art. 343, co. 1, c.p.c. prevede poi che l’appello incidentale debba essere proposto nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, ossia entro il termine di decadenza di 20 giorni prima l’udienza fissata per la prima comparizione delle parti.

Solo nel caso in cui <<l’interesse a proporre l’appello incidentale sorg(a) dall’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, tale appello si propone nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa>> (art. 343, co. 2, c.p.c.).

Vengono altresì in gioco nella vicenda risolta dalle Sezioni Unite anche l’art. 332 c.p.c. (impugnazioni nelle cause scindibili) in relazione all’art. 1306 c. c. secondo il quale <<La sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido, o tra il debitore e uno dei creditori in solido, non ha effetto contro gli altri debitori o contro gli altri creditori>>.

La decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione

L’ordinanza di rimessione parte dall’evocazione dei principi sanciti sulla questione dalle Sezioni Unite con la sentenza del 20 novembre 2007, n. 24627: <<Sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto di interessi derivante dalla sentenza alla quale il coobbligato solidale aveva prestato acquiescenza; conseguentemente, è ammissibile, sia quando rivesta la forma della controimpugnazione rivolta contro il ricorrente principale, sia quando rivesta le forme della impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, anche se fondata sugli stessi motivi fatti valere dal ricorrente principale, atteso che, anche nelle cause scindibili, il suddetto interesse sorge dall’impugnazione principale, la quale, se accolta, comporterebbe una modifica dell’assetto delle situazioni giuridiche originariamente accettate dal coobbligato solidale>>, e evidenzia come nel successivo sviluppo giurisprudenziale siano state emesse decisioni contrastanti.

L’ordinanza di rimessione conclude dunque formulando <<la questione se l’impugnazione incidentale tardiva sia ammissibile anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte investita dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione sorge dall’impugnazione principale, oppure se la stessa possa essere esperita soltanto dalla parte “contro” la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o da quella chiamata ad integrare il contraddittorio a norma dell’art. 331 cod. proc. civ. Inoltre, se il principio fissato da Cass., SS. UU., n. 24627/2007, ove confermato, possa essere applicato anche con riferimento all’interesse insorto a seguito di un’impugnazione incidentale tardiva (introdotta, peraltro, con autonomo atto di citazione). Infine se, una volta dichiarata inammissibile l’impugnazione incidentale tardiva proposta reagendo all’impugnazione principale, debba considerarsi inammissibile, per consumazione del diritto di impugnazione, una seconda impugnazione incidentale presentata dalla stessa parte in reazione all’impugnazione incidentale di un differente coobbligato solidale>> (Cass. ordinanza 17 luglio 2023, n. 20588).

Le questioni sottoposte alle Sezioni Unite consistono dunque nell’esame del rapporto tra obbligazione solidale “paritaria” e impugnazione incidentale tardiva e pongono innanzitutto seguenti interrogativi:

a) chi, risultato soccombente rispetto ad una pronuncia di condanna in solido, possa impugnarla in via incidentale tardiva (ciò che attiene al profilo della legittimazione attiva);

b) quale sia la parte contro cui l’ impugnazione ai sensi dell’art. 334 c.p.c. possa essere proposta (e ciò investe il profilo della legittimazione passiva).

È noto come la pluralità di cause cumulate (di obbligati in solido) e poi decise con sentenza sia riconducibile alla disciplina delle cause scindibili (prevista dall’art. 332 c.p.c.), ed è risaputo che la scindibilità, in sede di gravame, del cumulo di condanne in solido proposto in primo grado è ritenuta un corollario dell’ambito applicativo dell’art. 1306, co. 1, c.c., in base al quale la sentenza emessa tra un coobbligato ed il creditore non ha effetto nei confronti dei coobbligati rimasti estranei alla controversia, con conseguente possibilità del formarsi di una pluralità di pronunce sull’esistenza e sull’atteggiarsi dell’obbligazione solidale.

Orbene, sulla scorta di questo presupposto, dicono le Sezioni Unite, ossia del fatto che la sentenza che abbia condannato in solido i coobbligati sia sottoposta alla disciplina delle cause scindibili, e pur prendendosi atto che il disposto dell’art. 334, co. 1, c.p.c. attribuisce il potere di impugnare in via incidentale tardiva a colui che riceve l’impugnazione o a coloro che sono chiamati ad integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 331 c.p.c., non può dirsi che la sola lettera del citato art. 334 c.p.c. sia di per sé impeditiva – con riguardo a tali tipi di obbligazioni caratterizzate da un vincolo di solidarietà “ad interesse comune” – della possibilità per il coobbligato non impugnante, a cui sia notificata l’impugnazione principale, di proporre gravame incidentale tardivo.

E ciò perché in capo al suddetto coobbligato non impugnante si configura un interesse qualificato che – per effetto dell’impugnazione altrui diretta contro il creditore – lo legittima a potersi servire di tale rimedio impugnatorio, ancorché in via tardiva.

In altri termini, il rischio che le Sezioni Unite vogliono evitare è quello che il coobbligato inerte – che abbia, nel frattempo, pagato il creditore – non riesca ad ottenere, in sede di regresso, la quota parte dovuta dal coobbligato, che, invece, abbia visto riformata in sede di impugnazione la sentenza di condanna.

È dunque, la prospettiva dell’interesse (qualificato e concreto, e non insito solo nell’evitare un “pregiudizio di fatto” che può derivare dall’esito del giudizio conseguente al gravame principale) ad impugnare che legittima il coobbligato solidale a proporre l’impugnazione incidentale tardiva ai sensi dell’art. 334, co. 1, c.p.c.

L’impugnazione incidentale tardiva è dunque ammissibile, affermano le Sezioni Unite, anche quando rivesta le forme dell’impugnazione adesiva rivolta contro la parte destinataria dell’impugnazione principale, in ragione del fatto che l’interesse alla sua proposizione può sorgere dall’impugnazione principale.

Non solo, è altresì ammissibile, affermano le Sezioni Unite, l’impugnazione incidentale tardiva proposta dal secondo coobbligato in solido, in conseguenza dell’impugnazione principale proposta dal primo coobbligato, e ciò in quanto il terzo coobbligato versa, nei confronti del secondo, nella stessa situazione in cui quest’ultimo si trova nei confronti del primo, quale che sia la ragione per cui si ritenga ammissibile l’impugnazione incidentale tardiva del secondo.

D’altra parte, continuano le Sezioni Unite, la stessa lettera dell’art. 343 c.p.c. prevede la possibilità di un appello incidentale il cui interesse sorga dall’impugnazione proposta da altra parte che non sia l’appellante principale, disponendo che esso, anziché con comparsa depositata venti giorni prima dell’udienza, debba e possa proporsi nella prima udienza successiva alla proposizione dell’impugnazione stessa. Inoltre, il medesimo art. 343 c.p.c. disciplina le forme e i termini per la proposizione dell’appello incidentale tanto tempestivo quanto tardivo.

L’ultimo quesito riguarda la possibilità di “sopravvivenza” di una delle impugnazioni proposte laddove una delle due (incidentale e principale) venga dichiarata inammissibile.

Sul punto si ricorda che, nel caso in esame il terzo amministratore ha proposto congiuntamente impugnazione incidentale con comparsa depositata alla prima udienza, e impugnazione incidentale, adesiva a quella dell’appellante incidentale con atto di citazione notificato nella stessa data dell’udienza. E che la Corte d’Appello aveva, contestualmente, dichiarato la tardività dell’impugnazione proposta con la comparsa depositata direttamente all’udienza, quindi senza il rispetto dei termini di cui all’art. 343, co. 1, c.p.c., e l’ammissibilità dell’impugnazione proposta dalla stessa parte e notificata al Fallimento il giorno stesso di tale udienza, potendo valere quale impugnazione incidentale tardiva, ex art. 343, co. 2, c.p.c., sul rilievo – come detto – che l’impugnazione incidentale del coobbligato aveva determinato l’insorgere in capo al terzo amministratore di un nuovo ed autonomo interesse ad impugnare.

Le Sezioni Unite hanno ritenuto legittima la contestuale dichiarazione di inammissibilità e di quella di ammissibilità delle due impugnazioni pure congiuntamente proposte dal terzo amministratore, e ciò alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui <<il divieto di riproposizione di un secondo appello quando il primo sia inammissibile o improcedibile è correlata – a norma dell’art. 358 c.p.c. – non al momento in cui è stato proposto il primo appello inammissibile o improcedibile, bensì alla dichiarazione di tali inammissibilità o improcedibilità da parte del giudice dell’appello, con la conseguenza che la riproposizione non è impedita dalla pregressa verificazione di una fattispecie di inammissibilità o di improcedibilità del precedente appello che non sia stata ancora dichiarata dal giudice>> (tra le ultime Cass. del 21 febbraio 2020, n. 4658).

Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, il principio della consumazione dell’impugnazione, che preclude la riproposizione di un secondo atto di appello, opera soltanto ove sia intervenuta una declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità del primo, con la conseguenza che, nel caso in cui il primo atto di appello sia viziato, e fino a quando la declaratoria di inammissibilità non venga adottata, può essere notificato un secondo atto di appello, immune dai vizi del precedente e destinato a sostituirlo.

Pertanto le Sezioni Unite hanno confermato il principio secondo il quale la consumazione dell’impugnazione non esclude che, fino a quando non intervenga una declaratoria di inammissibilità, possa essere proposto un secondo atto di impugnazione, immune dai vizi del precedente, destinato a sostituirlo e relativo anche a capi della sentenza diversi da quelli oggetto del precedente atto di impugnazione.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Avvocati: l’adeguata verifica della clientela e le attività ispettive antiriciclaggio