2 Novembre 2016

Le Sezioni unite sul forum destinatae solutionis nelle obbligazioni pecuniarie: presso il creditore “ma non troppo”

di Stefano Nicita Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. Unite, 13 settembre 2016, n. 17989 – Pres. Rodorf – Est. De Chiara

Competenza – Competenza per territorio – Foro generale delle persone giuridiche – Foro facoltativo per le cause relative a diritti di obbligazione – Forum destinatae solutionis  – Obbligazione di dare una somma di denaro – Liquidità effettiva dell’obbligazione – Necessità – Verifica allo stato degli atti (C.p.c. artt. 20, 38, 10; C. c. artt. 1182, 1219)

[1]  Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’art. 1182 c.c., comma 3, sono  (agli effetti sia della mora ai sensi dell’art. 1219, comma 2, n. 3, c.c. sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20 c.p.c., ultima parte) esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale. I presupposti della liquidità sono accertati dal giudice, ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’art. 38 c.p.c., u.c.  (Rigetta, Trib. Firenze, 24 settembre 2014)

CASO
[1] Nel 2014, una s.p.a., con sede in Firenze, conviene davanti al Tribunale di Firenze una s.r.l., con sede in Macerata, per il pagamento di 9.000 Euro più IVA quale corrispettivo di un servizio (studio e sviluppo di due linee di calzature) reso alla convenuta.

Il Tribunale, in accoglimento dell’eccezione di incompetenza sollevata dalla convenuta, si dichiara incompetente in favore del Tribunale di Macerata, individuato, tra l’altro, quale foro del pagamento della somma di danaro oggetto della causa.
A motivazione della decisione, il Tribunale fiorentino rappresenta che: le obbligazioni di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, (che ne prevede l’adempimento al domicilio del creditore) sono  esclusivamente quelle sorte originariamente come pecuniarie, ossia aventi ad oggetto sin dalla loro costituzione la prestazione di una determinata somma di denaro. Non può, quindi, trovare applicazione la predetta norma quando non sia indicato nel contratto l’importo del corrispettivo spettante al creditore. In tali casi, il luogo di adempimento dell’obbligazione, rilevante agli effetti della determinazione del giudice competente ai sensi dell’art. 20 c.p.c., ult. parte, si identifica, ai sensi del richiamato art. 1182, comma 4, nel domicilio della debitrice.

L’attrice propone ricorso per regolamento di competenza.

La Sesta Sezione della Corte di Cassazione rimette il giudizio alle Sezioni Unite avendo rilevato l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla questione : ”se sia applicabile l’art. 1182 c.c., comma 3, qualora nel contratto non risulti predeterminato l’importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria“.

SOLUZIONE
[1] La Corte rigetta il ricorso proposto risolvendo, come riportato in massima, il contrasto di giurisprudenza esistente sul punto.

Secondo un recente orientamento, il forum destinatae solutionis previsto dall’art. 1182, comma 3, c.c. sarebbe applicabile in tutte le cause aventi ad oggetto una somma di denaro qualora l’attore chieda il pagamento di una somma determinata, “non incidendo sulla individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità dell’indagine sull’ammontare effettivo del credito, che attiene esclusivamente alla successiva fase di merito” (v. Cass., 13 aprile 2005, n. 7674; Cass., 21 maggio 2010, n. 12455; Cass., 17 maggio 2011, n. 10837).

Le Sezioni Unite, al contrario, nel caso in commento, ritengono che il contrasto vada risolto confermando l’orientamento tradizionale (che richiedeva l’effettiva liquidità dell’obbligazione, in base al titolo, ai fini della qualificazione dell’obbligazione stessa come “portabile”, per gli effetti di cui al combinato disposto dell’art. 1182 c.c., comma 3, e art. 20 c.p.c. Cfr., tra le altre, Cass., 24 ottobre 2007, n. 22326; Cass., 12 ottobre 2011, n. 21000; Cass., 25 marzo 1997, n. 2591), con la precisazione che la “liquidità” sussiste anche nel caso in cui l’ammontare del credito possa essere determinato con un semplice calcolo aritmetico e senza indagini od operazioni ulteriori in base a quanto risulta dal titolo (v., in tal senso, anche Cass., 24 ottobre 2007, n. 22326; Cass. 28 marzo 2001, n. 4511; Cass., 26 luglio 2001, n. 10226; Cass., 114 maggio 2002, n. 7021; Cass.,  13 maggio 2004, n. 9092).
QUESTIONI
[1] La questione dibattuta nel caso in esame scaturisce da un problema processuale di carattere generale: il principio per cui la competenza va determinata in base alla domanda, va inteso alla lettera sino al punto di consentire all’attore di dare dei fatti una qualificazione giuridica diversa da quella prevista dalla legge, o di allegare fatti (ad esempio un contratto che indichi l’ammontare del credito) privi di riscontro probatorio?

La pronuncia in esame dà risposta negativa.

Sebbene il foro competente vada individuato sulla base della domanda (secondo quanto previsto dall’art. 10 c.p.c., che pone un principio generale in tema di competenza, cfr. Segrè, Della competenza per territorio, in Comm. c.p.c. Allorio, I, Torino, 1973, 107), tuttavia, ai fini della competenza, sarà pur sempre il giudice a dare qualificazione sostanziale alla domanda in base ai fatti dedotti dall’attore e all’oggetto della stessa.
Il giudice deciderà “senza essere vincolato alla qualificazione formale espressa dall’attore medesimo” (v. Redenti, Problemi di competenza, in Riv. Dir. Proc., 1943, II, 89 ss.) e a prescindere dalla sua fondatezza e dall’eccezione del convenuto che neghi l’esistenza dell’obbligazione (Cass., 27 gennaio, 1998 n. 789; Cass., 5 marzo 1999, n. 1877, Cass., 22 maggio 2003, n. 8121; Cass., 12 ottobre 2004, n. 20177; Cass., 21 aprile 2005, n. 8359; Cass., 16 maggio 2006, n. 1400), anche per prevenire l’eventuale prospettazione artificiosa, finalizzata a sottrarre la controversia al giudice precostituito per legge (Cass., 26 luglio 2001, n. 10226; Cass. 23 maggio 2012, n. 8189).

Occorre, a questo punto, soffermarsi su due considerazioni:
(a) la ratio della competenza per territorio, che sia individuata a norma del combinato disposto dell’art. 20 c.p.c. con l’art. 1182 c.c., commi 3 e 4, va pacificamente ricondotta ad un criterio c.d. oggettivo, legato alla finalità di garantire la maggiore vicinanza dell’operato del giudice al luogo ove si trovano gli elementi di prova da acquisire ai fini della decisione della causa (Levoni, Competenza nel diritto processuale civile, in Digesto priv., Sez. civ., III, Torino, 1988, 104; Acone, Santulli, Competenza. II) Diritto processuale civile, in Enc. Giur., VII, Roma, 1988, 32);
(b) una somma di denaro è “liquida” se il suo ammontare risulta “direttamente dal titolo originario, che la precisi, oppure solo indirettamente dallo stesso, allorché questo indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma vada determinata” (cfr. Cass., 14 ottobre 2005, n. 19958). Dovrà trattarsi, però, di criteri stringenti senza margine di scelta discrezionale da parte dell’attore.

In conclusione, a fondamento dell’interpretazione restrittiva, la Corte richiama esigenze di protezione del debitore che considera rispettate soltanto ove la liquidità del credito resti “ancorata a dati oggettivi” e che ritiene, invece, frustrate se la liquidità sia fatta coincidere con la pura e semplice precisazione, da parte dell’attore, della somma di denaro dedotta in giudizio, in mancanza di indicazioni direttamente ricavabili dal titolo. “In tal modo, infatti, non il dato oggettivo della liquidità del credito radicherebbe la controversia presso il forum creditoris, bensì il mero arbitrio del creditore stesso, il quale scelga di indicare una determinata somma come oggetto della sua domanda giudiziale, con conseguente lesione anche del principio costituzionale del giudice naturale”.