Le Sezioni Unite fanno il punto in tema di notificazione dell’impugnazione al procuratore cancellatosi volontariamente dall’albo
di Lorenzo Di Giovanna Scarica in PDFCass. civ., sez. un., 13 febbraio 2017, n. 3702
[1] Impugnazioni civili – Appello – Notificazione dell’impugnazione eseguita al procuratore cancellatosi volontariamente dall’albo – Procedimento avviato ad istanza di soggetto qualificato a compiere l’attività – Consegna dell’atto – Inesistenza della notifica – Esclusione – Idoneità della notifica ad integrare il contraddittorio – Esclusione – Nullità della notifica – Sussistenza (Cod. proc. civ., art. 330, co. 1)
[2] Impugnazioni civili – Appello – Mancata rinnovazione della notifica nulla – Mancata costituzione dell’appellato – Nullità del procedimento – Sussistenza – Nullità della sentenza di appello – Sussistenza – Passaggio in giudicato della sentenza di primo grado – Esclusione – Interruzione del processo – Operatività (cod. proc. civ. artt. 291 co 1, 301 co 1, 325, 327 e 111 Cost.)
[1] La notifica dell’atto di appello eseguita al difensore dell’appellato che, nelle more del decorso del termine di impugnazione, si sia volontariamente cancellato dall’albo professionale, non è inesistente – ove il procedimento notificatorio, avviato ad istanza di soggetto qualificato e dotato della possibilità giuridica di compiere detta attività, si sia comunque concluso con la consegna dell’atto – ma nulla per violazione dell’art. 330, co. 1, c.p.c., in quanto indirizzata ad un soggetto non più abilitato a riceverla, atteso che la volontaria cancellazione dall’albo degli avvocati importa per il professionista la simultanea perdita dello ius postulandi tanto nel lato attivo quanto in quello passivo.
[2] La nullità della notificazione dell’atto di appello eseguita al difensore cancellatosi volontariamente dall’albo – ove non sia stata sanata, con efficacia retroattiva, mediante sua rinnovazione dando tempestivamente seguito all’ordine ex art. 291, co. 1, c.p.c. o grazie alla volontaria costituzione dell’appellato – importa nullità del procedimento e della sentenza d appello, ma non anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, giacché l’art. 301, co. 1, c.p.c. deve ricomprendere tra le cause di interruzione del processo, secondo interpretazione costituzionalmente conforme in funzione di garanzia del diritto di difesa, anche l’ipotesi dell’avvocato che si sia volontariamente cancellato dall’albo, con l’ulteriore conseguenza che il termine di impugnazione non riprende a decorrere fino al venir meno della causa di interruzione o fino alla sostituzione del difensore volontariamente cancellatosi.
CASO
[1-2] Tizio, soccombente in primo grado, notificava il proprio atto di appello al procuratore che aveva difeso il convenuto nel giudizio di prime cure.
La notifica, nel caso di specie, veniva eseguita nei termini di legge mediante consegna a mano ad un collega di studio dell’avvocato, che non si opponeva alla ricezione della stessa.
La corte di appello, dichiarata la contumacia di parte appellata, riformavano la pronuncia di primo grado con pronuncia non definitiva, accertando l’esistenza del diritto di Tizio e rimettendo la causa in istruttoria per la determinazione del quantum.
Il soccombente sulla sentenza non definitiva, dunque, proponeva ricorso per cassazione.
Tra i tanti motivi di ricorso, il ricorrente lamentava, in particolare, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 330 c.p.c. Infatti, quest’ultimo rilevava che il proprio procuratore che lo aveva difeso in primo grado si era cancellato dall’albo prima della notificazione dell’atto introduttivo. E, pertanto, considerato che la notifica era stata eseguita proprio nei confronti del procuratore in discorso, la stessa doveva considerarsi affetta da nullità, determinando anche il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado.
Con ordinanza n. 1611 del 2016, la Suprema Corte rimetteva gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite della quaestio concernente la sorte della notifica dell’atto di appello eseguita nei confronti del procuratore che si sia cancellato dall’albo dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado ma prima del ricevimento della notifica medesima.
SOLUZIONE
La Suprema Corte premette che il caso di cui si discute, a differenza di quanto previsto dal codice del 1865, non è stato espressamente regolato dal codice di rito vigente. E, che, pertanto, la soluzione della questione richiede uno sforzo interpretativo.
A tal riguardo, a contendersi il campo vi sono tre tesi. Ad un primo orientamento, che predica l’inesistenza della notifica eseguita al procuratore cancellatosi dall’albo, ne seguono altri due. L’uno che afferma l’idoneità della notifica in questione ai fini dell’integrazione del contradditorio, l’altro che ne afferma la nullità, in virtù della carenza di legittimazione processuale, tanto dal lato attivo che passivo, di chi si è volontariamente cancellato dall’albo.
La Suprema Corte, da ultimo, sposa l’orientamento favorevole alla nullità della notifica. Quest’ultima corrente giurisprudenziale, infatti, viene preferita in quanto più coerente con l’ordito normativo in analisi (v. artt. 301 e 157 c.p.c.; artt. 4, co. 2, 11 l. n. 53 del 1994), e maggiormente rispettosa degli orientamenti giurisprudenziali in tema di nullità della notifica, oneri del notificante e garanzie costituzionali del notificato.
La Corte cassa quindi con rinvio la sentenza di appello, onerando la corte territoriale a rinnovare la notifica alla parte precedentemente contumace ed a svolgere nuovamente il processo in diversa composizione.
QUESTIONI
La sentenza in epigrafe suscita interesse in quanto descrive nel dettaglio gli orientamenti sviluppatisi in tema di notificazione al procuratore cancellatosi volontariamente dall’albo.
Al fine di comprendere la soluzione adottata dalle Sezioni Unite, giova pertanto ripercorre il ragionamento proposto dalla Corte, accennando agli argomenti addotti dai vari filoni giurisprudenziali.
Il primo orientamento affrontato dalla Suprema Corte è quello della inesistenza della notifica.
Quest’ultimo, pur basandosi su asserzioni interessanti (a tal riguardo, v. Cass., sez. un., 26 marzo 1968, n. 935), viene sconfessato dalla Cassazione in quanto in contrasto con la recente giurisprudenza della Corte che, in tema di nullità della notifica, ha considerato i casi di inesistenza della stessa come ipotesi meramente residuali.
Le Sezioni Unite, infatti, con la sentenza n. 14916 del novembre 2016, hanno fissato i requisiti dell’inesistenza della notifica: a) nella mancanza dei requisiti costitutivi essenziali, idonei a rendere riconoscibile l’atto (ossia, un’attività di trasmissione svolta da parte di un soggetto qualificato ed una fase di consegna eseguita nei modi previsti dalla legge); b) nel buon esito della stessa, in relazione alla sua avvenuta ricezione (v. Maffei, Le Sezioni Unite rivedono i confini tra nullità e inesistenza della notifica).
Dal momento che nel caso in esame la notifica presentava tutti i requisiti essenziali ex lege previsti ed era stata eseguita con successo, essendo stata consegnata ad una collega d’ufficio, ciò era sufficiente ad escludere la possibilità dell’inesistenza della stessa.
La Corte passa quindi ad analizzare l’orientamento che afferma l’idoneità della notifica in discorso ad instaurare validamente il contraddittorio tra le parti (v. da ultimo, Cass. civ., sez. III, 21 giugno 2012, n. 10301) .
Siffatta corrente giurisprudenziale trova il proprio fondamento logico-giuridico nel combinato disposto dell’art. 85 c.p.c. – che parla degli effetti della revoca e della rinuncia alla procura – e dell’art. 301, co. 3, c.p.c. – che esclude l’interruzione del processo in caso di revoca o rinuncia al mandato.
Secondo questa tesi, infatti, la cancellazione volontaria dall’albo sarebbe equiparabile, attraverso una fictio iuris, alla fattispecie della revoca o della rinuncia alla procura alle liti.
Si simula, infatti, che l’avvenuta cancellazione dall’albo abbia come scopo quello della rinuncia da parte del procuratore costituito a tutti i mandati conferitigli dai propri clienti. Allo stesso tempo però, gli effetti interni della rinuncia verrebbero esclusi rispetto ai terzi, attraverso il combinato disposto degli artt. 85 e 301, co. 3, c.p.c. Siffatta disposizione, infatti, escludendo l’interruzione del processo nei casi di revoca e di rinuncia, implicitamente prevede che la parte rappresentata continui a ricevere gli atti di causa al domicilio del proprio avvocato finché questi non verrà sostituito. Da qui l’affermazione dell’idoneità della notifica in questione ad instaurare validamente il contraddittorio tra le parti e ad evitare il passaggio in giudicato della sentenza.
Anche il predetto orientamento tuttavia viene sconfessato dalla Corte.
Si obietta infatti che la cancellazione dall’albo non può essere interpretata come una rinuncia a tutti i mandati in corso.
Vi ostano almeno quattro considerazioni.
In primo luogo, la fictio iuris può essere creata dal legislatore e non dal giudice; inoltre, la norma che parla di effetti dell’iscrizione all’albo è l’art. 82, co. 3, e non l’art. 85, né l’art. 301, co. 3, c.p.c.
Inoltre, è ben noto che rinuncia e revoca del mandante costituiscono dichiarazioni recettizie, che devono essere comunicate ai soggetti attivi del rapporto per spiegare la propria efficacia mentre operano soltanto al momento della sostituzione per i soggetti passivi. La cancellazione dall’albo, invece, produce i propri effetti prima ed a prescindere dalla relativa comunicazione ai mandanti ad opera del procuratore e di conseguenza prima dell’avvenuta sostituzione del procuratore.
Infine, è da rilevare che la ratio dell’art. 85 c.p.c. è volta alla tutela di entrambe le parti: del cliente che può fare affidamento sul proprio avvocato finché questi non gli comunichi la rinuncia, e della controparte e dell’ufficio di cui fa parte l’avvocato che potranno continuare ad inviare ed a ricevere le notifiche allo stesso procuratore finché questi non sia stato sostituito.
A contrario, siffatta norma, applicata all’ipotesi di cancellazione dall’albo garantirebbe soltanto una parte: e cioè la parte avversa. Quest’ultima sarebbe, secondo tale orientamento, esentata dal verificare l’attualità del potere rappresentativo in capo al soggetto notificato, risultando non coerente con quella giurisprudenza che fa pesare sul notificante l’onere di verificare se vi sia stata una variazione del domicilio professionale dell’avvocato (tra molte, Cass., 24 aprile 2015, n. 8154).
Alla luce di tali considerazioni, la Suprema Corte ha preferito allinearsi a quel filone giurisprudenziale che opta per la nullità della notifica in questione (v. tra le tante, Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2009, n. 9528; e Cass. civ., sez. III, 13 dicembre 2005, n. 27450).
Ne consegue che il vizio potrà essere sanato, con efficacia retroattiva, dalla costituzione volontaria dell’appellato o dando tempestivamente seguito all’ordine di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 c.p.c.