Per le Sezioni Unite il difetto di procedibilità del ricorso per cassazione può essere sanato
di Enrico Picozzi Scarica in PDFCass, Sez. Un., 2 maggio 2017, n. 10648 – Pres. Rodorf – Est. D’Ascola
Impugnazioni civili – ricorso per cassazione – omesso deposito della copia autentica della sentenza con la relazione di notifica – improcedibilità – sanatoria mediante diversa acquisizione – ammissibilità (C.p.c. artt. 156, comma 3, 360, 369, comma 2, n. 2)
[1] Qualora il ricorrente abbia omesso di depositare copia autentica della sentenza impugnata con la relazione di notifica, non è possibile dichiarare l’improcedibilità dell’impugnazione, quando il documento mancante sia comunque nella disponibilità del giudice di legittimità per opera delle produzioni documentali della controparte o perché lo stesso sia stato acquisito mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio.
CASO
[1] Nell’ambito di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il provvedimento monitorio dapprima veniva confermato dal Tribunale in prime cure e successivamente revocato dall’adita Corte d’Appello, poiché la procura a margine del ricorso per ingiunzione risultava conferita ad un professionista diverso da quello che aveva autenticato la firma del mandante e che poi aveva sottoscritto l’atto. La parte soccombente, pertanto, proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 83, 125 e 638 c.p.c.
La Prima Sezione della Suprema Corte (cfr. Id., 21 gennaio 2016, n. 1081, annotata adesivamente da R. Poli, in Riv. dir. proc., 2016, 738 e ss.), investita dell’impugnazione, rilevava che il ricorrente, pur dichiarando che la sentenza gli era stata notificata, si era limitato a depositare la sola copia autentica della sentenza impugnata, sprovvista di relata di notificazione. Quindi, rimetteva gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, affinché queste ultime procedessero a rimeditare quell’orientamento di legittimità, propenso a dichiarare l’improcedibilità del ricorso allorquando venga omesso il deposito della relata di notificazione della sentenza impugnata, sebbene la stessa sia rinvenibile fra le produzioni documentali del controricorrente.
SOLUZIONE
Il Supremo Collegio, preliminarmente, ripercorre lo stato della giurisprudenza di legittimità in ordine alle sorti del ricorso per cassazione in caso di mancato deposito della copia autentica della sentenza e della relata di notifica. Sul punto, a ben vedere, sembra possibile distinguere almeno tre diverse posizioni giurisprudenziali: la prima, più risalente e rigorosa (cfr., Cass., 20 gennaio 1984, n. 499; Cass., 7 aprile 1987, n. 3372), favorevole tout court alla dichiarazione di improcedibilità dell’impugnazione per la mera violazione dell’onere di contestuale deposito del ricorso e della copia autentica della sentenza munita di relata di notifica; la seconda (cfr. Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9005; Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 9004; Cass., sez. un., 25 novembre 1998, n. 11932), invece intermedia, orientata ad ammettere una scissione temporale fra il momento del deposito del ricorso e quello degli atti di cui all’art. 369, co. 2, n. 2, purché in ogni caso sia rispettato il termine di venti giorni, decorrente dall’ultima notificazione alle parti dell’impugnazione; la terza (cfr. Cass., 14 marzo 2008, n. 7027), infine, più liberale, giacché ricollegava la sanzione dell’improcedibilità alla sola ipotesi di omesso deposito della copia autentica della sentenza gravata e non anche all’ulteriore prescrizione di dettaglio riguardante la relata, allorquando la stessa fosse stata comunque depositata dal controricorrente. Ciò considerato, la Suprema Corte avvia un integrale ripensamento delle proprie posizioni, escludendo l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità tutte quante le volte i documenti non depositati dal ricorrente (copia autentica della sentenza e relazione di notifica) siano comunque nella disponibilità del giudice di legittimità per opera delle produzioni documentali effettuate dalla controparte o in quanto acquisiti mediante l’istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio. L’apertura, senza esitazione, a queste forme di sanatoria, realizzate per il tramite di equipollenti, trova il proprio fondamento sistematico, da un lato nel principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti (recepito, come è noto, dall’art. 111 Cost. e dall’art. 6 Cedu) e, dall’altro lato nel principio di proporzionalità e di ragionevolezza, che impone di ricercare un accettabile punto di equilibrio fra l’esigenza di porre limiti e/o filtri all’accesso ai giudizi di impugnazione e quella ad un equo processo: esigenza, che verrebbe senza dubbio frustrata, nei casi in cui la sanzione (improcedibilità) sia sproporzionata rispetto alla violazione processuale posta in essere (omesso deposito di sentenza autenticata e relata di notifica), quando alla relativa lacuna documentale sia possibile porre rimedio mediante una diversa acquisizione.
QUESTIONI
Le conclusioni cui perviene la sentenza in commento sono senz’altro da condividere, in quanto caratterizzate da un approccio antiformalistico, volto a favorire l’emanazione di una pronuncia sul merito dell’impugnazione proposta. La pronuncia inoltre – ed è questo uno dei punti di cardini del revirement delle Sezioni Unite – muove dal tacito presupposto (in precedenza recisamente negato: cfr. Cass., 1 ottobre 2004, 19654; in dottrina, v. Tombari Fabbrini, in Foro it., 1993, I, 3021 e ss.) che il principio di strumentalità delle forme e quella sua peculiare applicazione, che è la sanatoria per raggiungimento dello scopo, possa riferirsi non soltanto alle ipotesi di nullità formali, ma anche all’improcedibilità. Al riguardo, infatti, se il fine ultimo perseguito dall’adempimento formale di cui all’art. 369, co. 2, n. 2, è quello di consentire al Supremo Collegio di valutare la tempestività del gravame, lo stesso non può non considerarsi raggiunto quando, pur a fronte dell’omissione del ricorrente, tale verifica possa essere altresì svolta in base alle produzioni documentali del controricorrente. Ad ogni modo, l’importante arresto delle Sezioni Unite, oggi in commento, costituisce l’epilogo di un percorso giurisprudenziale, i cui snodi principali sono rappresentati da Cass., sez. un., 13 dicembre 2016, n. 25513, che ha escluso che la sanzione dell’improcedibilità possa colpire il ricorso ex art. 348 ter, comma 3, c.p.c., qualora il ricorrente ometta di depositare l’ordinanza d’inammissibilità dell’appello con la relativa comunicazione o notificazione e, nondimeno, la tempestività dell’impugnazione possa parimenti desumersi dalle risultanze del fascicolo d’ufficio trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo; e ancor prima da Cass, 10 dicembre 2013, n. 17066 (seguita da Cass. 22 settembre 2015, n. 18645; Cass., 24 luglio 2014, n. 16817) che ha ritenuto procedibile il ricorso per cassazione, pur in difetto di produzione di copia autentica della sentenza impugnata e della relata di notificazione della medesima, ove risulti, dallo stesso, che la sua notificazione si sia perfezionata entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della sentenza. La svolta delle Sezioni Unite, finalizzata a mitigare, mediante meccanismi di eterointegrazione (dal fascicolo di controparte oppure da quello d’ufficio), i rigori dell’improcedibilità, dovrebbe comportare anche un superamento della posizione recentemente espressa da Cass., Sez. VI-2, 15 marzo 2017, n. 6657, secondo la quale è improcedibile il ricorso per cassazione, qualora venga depositata una sentenza (notificata via pec) priva di qualsiasi attestazione di conformità all’originale. Conclusione, quella appena indicata, tanto più grave se solo si pensi che, in sede di legittimità non essendo possibile effettuare depositi telematici, l’unica disposizione quindi applicabile sarebbe l’art. 9, co. 1 bis, l. 53/1994, norma che disciplina sì un’ipotesi di attestazione di conformità ai documenti informatici, ma esclusivamente dalla prospettiva dell’avvocato che procede alla notifica e non da quella del difensore che la riceve.