9 Dicembre 2015

Le proposte concorrenti nel nuovo concordato preventivo

di Pasqualina Farina Scarica in PDF


Il d.l. n. 83 del 27 giugno 2015, convertito con modifiche dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, ha riscritto la disciplina del concordato preventivo: con l’introduzione delle proposte concorrenti viene, difatti attribuita ai creditori concordatari “una possibilità ulteriore rispetto a quella di accettare o rifiutare in blocco la proposta del debitore”, come si legge nella Relazione.

  1. La legittimazione alle proposte concorrenti. La disciplina delle proposte concorrenti nel concordato preventivo è analoga all’art. 124 l. fall. laddove dispone che la proposta di concordato, oltre che dal fallito (o da società cui esso partecipi o sottoposta a comune controllo) può essere presentata da uno o più creditori. Tuttavia a differenza del concordato fallimentare, qui l’iniziativa è (e rimane) esclusiva del debitore, come dimostra l’invariata struttura degli artt. 160 e 161 l. fall. e non può mai provenire da un terzo. Basti considerare che è il deposito della domanda (indipendentemente dal fatto che sia completa o con riserva) del debitore a segnare il termine iniziale per la presentazione di proposte concorrenti, mentre il termine finale scade trenta giorni prima dell’adunanza dei creditori, come previsto dal quarto comma dell’art. 163 l. fall. Termine che, pur in difetto di un’espressa previsione, va considerato perentorio per evitare che possa essere procrastinato sine die e che uno o più rinvii possano, conseguentemente, danneggiare gli interessi dei creditori del debitore e degli altri eventuali proponenti.

    Una volta aperta la procedura di concordato, legittimati a depositare proposte concorrenti sono – per le imprese costituite in forma societaria – i creditori che rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla relazione sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica, allegata al ricorso principale: ratio della previsione è quella di precludere tutte quelle iniziative trascurabili che rallentano la procedura. Per il raggiungimento di tale soglia occorre escludere dal computo i crediti vantati da società che controllano la debitrice, ovvero da quest’ultima controllate o, infine, sottoposte a comune controllo; di contro nel calcolo del dieci per cento rilevano anche gli acquisti effettuati dopo la presentazione della domanda del debitore, legittimando così una sorta di mercato dei crediti.

  1. Il piano, la relazione del professionista ed il contenuto eventuale. Alla proposta concorrente va allegato il piano e la relazione del professionista che attesta la fattibilità del piano per i soli aspetti non verificati dal commissario giudiziale; essa può, pertanto, essere addirittura «omessa qualora non ve ne siano», ex art. 163, quarto comma, l. fall. Posto che tale documento è indispensabile per la corretta formazione del convincimento (degli organi e) dei creditori su fattibilità e su veridicità dei dati, l’eventuale mancanza – sempre che tutti gli aspetti risultino già verificati dal commissario – induce a ritenere che l’attestatore della proposta concorrente sia il medesimo professionista che ha stilato la relazione per la proposta del debitore. In questo modo si agevola, dunque, la comparazione della convenienza e della fattibilità delle diverse domande di concordato. Tuttavia in difetto di previsione espressa, si deve ritenere che il creditore possa avvalersi anche di un professionista diverso da quello scelto dal debitore, ma in tal caso sarebbe preferibile depositare una relazione completa per favorire il migliore confronto tra le proposte.

    La proposta concorrente, se depositata da una società, può prevedere l’aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto di opzione riconosciuto ai soci, che sono solitamente tutelati dalla normativa societaria mediante appositi meccanismi informativi e valutativi (si pensi ad es. alla relazione illustrativa degli amministratori ovvero alla valutazione del collegio sindacale).

    La proposta concorrente, analogamente a quella del debitore, può avere un contenuto eventuale. È, infatti, consentito ai creditori proponenti prevedere che sia un assuntore ad accollarsi le obbligazioni concordatarie (il terzultimo comma dell’art. 163 fa riferimento all’intervento di un terzo). La medesima proposta può, altresì, prevedere la suddivisione in classi; tuttavia, prima di essere comunicata ai creditori, il tribunale deve verificare la correttezza dei criteri di formazione delle classi, ex all’art. 163, ult. comma, l. fall.

 

  1. Il diritto di voto e l’inammissibilità delle proposte concorrenti. Per contenere possibili conflitti di interesse, i creditori proponenti hanno diritto di voto sulle proposte concorrenti se collocati in un’autonoma classe. La necessità di confinare in una classe ad hoc i creditori che presentano la proposta rileva anche ai fini delle opposizioni in sede di omologa ex art. 180, comma quarto, l. fall.). In questo modo il legislatore agevola la creazione di classi dissenzienti e quindi la presenza di creditori che possono contestare la convenienza della proposta concordataria, consentendo al tribunale di omologare l’accordo solo qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore alle alternative concretamente praticabili.

    Di notevole impatto pratico è l’art. 163 l. fall., ove prevede che le proposte formulate dai creditori sono inammissibili, se il debitore offre il pagamento, ancorché dilazionato, di almeno il 40% dell’ammontare dei crediti chirografari, percentuale che scende al 30 quando il debitore ha presentato una domanda di concordato con continuità aziendale. Alla proposta dei creditori, il legislatore preferisce, dunque, la proposta del debitore se raggiunge la soglia del 40 o del 30% a seconda del tipo di concordato.

    Questa disposizione, unitamente all’ultimo comma dell’art. 160 (ove si dispone che la domanda di concordato liquidatorio è inammissibile il debitore se non assicura almeno il 20% dell’ammontare dei chirografi) dovrebbe favorire una rapida emersione della crisi ed indurre il debitore ad un accordo che consenta una non trascurabile soddisfazione del ceto creditorio. Tuttavia, in difetto di: a) strumenti normativi di prevenzione e di allerta; e b) della legittimazione dei creditori a promuovere la procedura di concordato, si deve ritenere che le recenti modifiche difficilmente potranno contrastare l’aggravamento del dissesto o la sottrazione di beni alla procedura.

    Va ancora segnalato che l’art. 161, comma secondo, lett. e) novellato pone in capo all’imprenditore l’obbligo di precisare l’indicazione dell’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile che ciascun creditore consegue dalla proposta del debitore. Tale disposizione dovrebbe consentire di stabilire agevolmente se la domanda di concordato (liquidatorio) è prima facie ammissibile perché prevede il pagamento dei creditori chirografari in misura pari o superiore al 20%; ovvero se preclude la proposizione di domande concorrenti perché la proposta del debitore prevede il pagamento dei debiti chirografari in misura pari o superiore al 40% (30% se si tratta di concordato con continuità).

 

  1. Il procedimento e l’approvazione. Per consentire ai creditori la presentazione delle proposte concorrenti e al debitore di modificare la propria domanda, il nuovo secondo comma dell’art. 163 dispone che tra la data del decreto di apertura e quella della convocazione dei creditori non deve intercorrere un termine maggiore di 120 giorni, in luogo dei 30 giorni che prevedeva la precedente normativa. Va aggiunto che è stato aumentato da 10 a 45 giorni prima dell’adunanza dei creditori il termine per il deposito della relazione ai sensi dell’art. 172 l.fall.; al contempo, 10 giorni prima dell’adunanza il commissario deve redigere una relazione integrativa ed inviarla ai creditori per la loro corretta informazione. Il commissario svolge, dunque, un nuovo e rilevante ruolo non solo per i creditori che debbono votare ma anche per quelli interessati interessati ad avanzare proposte concorrenti. 

    Il termine per apportare le modifiche è di 15 giorni prima dell’adunanza dei creditori a norma degli artt. 172 e 175 l. fall. Per completare la nuova disciplina va detto che, nel corso dell’adunanza, ciascun creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibili o convenienti le proposte e sollevare contestazioni sui crediti; di contro al debitore sono riservati solo i rilievi su ammissibilità o fattibilità delle proposte concorrenti ex art. 175 l. fall.

    Tutte le proposte vanno approvate dall’adunanza dei creditori. È approvata la proposta che ha ottenuto la maggioranza dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, è preferita quella del debitore o, se vi è parità tra proposte concorrenti, quella presentata per prima (art. 177 l. fall.). Qualora poi nessuna proposta venga approvata, il giudice (nei 30 giorni che decorrono dalla scadenza dei 20 giorni successivi all’adunanza, termine questo che consente ai creditori di esprimere il dissenso), rimette al voto la proposta che ha ottenuto la maggioranza (relativa) dei crediti ammessi al voto, fissando un nuovo termine per la comunicazione ai creditori che, nei 20 giorni successivi, possono far pervenire il loro dissenso. Va, infine, avvertito che dal nuovo ultimo comma dell’art. 173 l. fall. è stato eliminato il meccanismo del silenzio-assenso che agevolava il raggiungimento delle maggioranze necessarie all’approvazione della proposta