Tra le presunzioni semplici rilevanti ai fini della conoscenza dello stato d’insolvenza vi possono essere anche le notizie di stampa
di Andrea Cassini, Avvocato Scarica in PDFParole chiave: Fallimento – azione revocatoria fallimentare – effetti – atti a titolo oneroso – pagamenti – stato di insolvenza – conoscenza – presunzioni – notizie di stampa.
Massima: “In tema di revocatoria fallimentare di pagamenti, ai fini dell’accertamento della conoscenza dello stato di insolvenza, il giudice può avvalersi di presunzioni semplici, valorizzando le fonti di conoscenza rappresentate da una campagna di stampa nei confronti dell’imprenditore insolvente, con una valutazione in concreto delle sue caratteristiche, ovvero del numero delle notizie, della rilevanza nazionale e della dovizia di particolari narrati. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva escluso la prova della “scientia decoctionis” da parte dell’“accipiens”, nonostante numerosi articoli della stampa nazionale avessero denunciato l’insolvenza del gruppo societario di cui faceva parte il “solvens”)” (massima ufficiale).
Disposizioni applicate: Art. 67 l. fall.; artt. 2727 e 2729 c.c..
CASO
Alfa, in amministrazione straordinaria, agisce in giudizio ai sensi dell’art. 67, II co., l. fall. per far accertare l’inefficacia di tre pagamenti ricevuti da Beta. Entrambi i giudici di merito respingono però le istanze di Alfa perché la curatela non avrebbe fornito la prova – in capo a Beta – della conoscenza dello stato d’insolvenza in cui versava la stessa Alfa.
In particolare, per la Corte territoriale il fatto che la grave crisi di Alfa fosse di dominio pubblico, in base alle numerose notizie presenti sulle testate nazionali, non rappresenterebbe prova della scientia decoctionis. Allo stesso modo non possono essere ritenuti utili in tal senso né i bilanci depositati presso la camera di commercio, in quanto rilevanti solo se dagli stessi emerga uno stato di insolvenza effettivo e non potenziale, né i titoli esecutivi gravanti sulla società, perché non pubblici.
SOLUZIONE
Affidandosi a due distinti motivi, solo uno dei quali rilevante ai fini della presente trattazione, Alfa è ricorsa in cassazione perché la Corte d’appello avrebbe “violato i criteri giuridici sulla formazione della prova critica in materia di revocatoria fallimentare”. Ad avviso di Alfa, pur in assenza di una prova diretta sullo stato di decozione, erano presenti molteplici elementi indiziari da cui emergeva l’insolvenza, i quali, però, non sono stati presi in considerazione dal giudice del gravame, neppure attraverso una loro valutazione globale.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, precisando che il giudice di merito si sarebbe dovuto basare sulle circostanze concrete della singola fattispecie e non limitarsi ad argomentare in termini astratti, con l’evidenza che “il numero di notizie pubblicate, il loro carattere nazionale, la descrizione della gravità delle situazione … e la dovizia di particolari” erano elementi idonei a fornire la prova della conoscenza nell’accipiens dello stato di insolvenza del solvens.
QUESTIONI
La sentenza in commento approfondisce la tematica riguardante l’idoneità degli articoli di stampa ad assurgere al rango di presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per dimostrare il requisito soggettivo richiesto dall’art. 67, co. II, l. fall..
Prima di tutto occorre ricordare che uno dei presupposti per far dichiarare l’inefficacia di un atto a titolo oneroso è la consapevolezza nell’accipiens dello stato di insolvenza del debitore, quale conoscenza effettiva e non solo potenziale di tale situazione, da valutarsi al momento di ricezione dei pagamenti oggetto poi di revocatoria.
Per assolvere siffatto onere, il curatore può fornire la prova – in modo agevole – per il tramite della confessione giudiziale o stragiudiziale del convenuto oppure grazie al giuramento decisorio di quest’ultimo. Ma questi non solo gli unici mezzi istruttori a disposizione dell’attore che agisce in revocatoria, il quale, infatti, per giurisprudenza costante, può ricorrere alle presunzioni, purché siano gravi, precise e concordanti, in ossequio a quanto previsto dall’art. 2729 c.c..
Ma vi è di più. Il ricorso alle presunzioni semplici permette di adempiere al citato onere probatorio solo quando la prova della scientia decoctionis è legata a condizioni reali e concrete in cui ha effettivamente operato il creditore della società poi fallita. Pertanto, ciò che assume rilievo è l’effettiva “situazione psicologica dalla parte nel momento in cui è stato compiuto l’atto impugnato e non pure la semplice conoscibilità oggettiva ed astratta delle condizioni economiche della controparte”.
Partendo da tali principi, il Supremo Collegio è poi passato a trattare le caratteristiche delle notizie di stampa da cui ricavare, per l’appunto, in via presuntiva, la prova dell’insolvenza in capo al destinatario dell’azione revocatoria fallimentare.
Come detto, ai fini dell’accertamento del presupposto soggettivo di cui all’art. 67 l. fall., il giudice può avvalersi di presunzioni semplici e tra queste vi è anche quella basata sulla circostanza che una notevole parte della popolazione legge la stampa, in cui vi possono essere notizie relative allo stato di dissesto di una determinata società che successivamente viene dichiarata fallita.
Sul punto, la Corte di Cassazione ha ricordato che, nonostante non esista un preciso obbligo di consultazione della stampa, vi sono soggetti che quotidianamente si informano per il tramite delle notizie di giornale e ciò proprio per esigenze connesse all’attività lavorativa svolta.
Tale circostanza deve poi essere correlata alla natura del soggetto convenuto in revocatoria e in particolare alla sua qualifica di operatore commerciale, alle sue condizioni economiche ed organizzative.
In ragione di ciò, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare in concreto il numero di articoli pubblicati, la diffusione su scala nazionale, la descrizione delle singole circostanze, in quanto tutti “elementi rilevanti ai fini di trarre la prova della sussistenza della scientia decoctionis”, con la conseguenza che il loro esame complessivo avrebbe permesso la deduzione del fatto ignoto dal cosiddetto fatto noto.
Pertanto, per la Corte, escludere in via generale ed astratta il valore della diffusione delle notizie di stampa, rappresenta un vulnus ai principi della prova presuntiva.