Le nuove norme antiriciclaggio e la responsabilità amministrativa delle società ex D.lgs. 231/2001
di Matteo De Paolis Scarica in PDFAbstract
Il 4 luglio 2017 entra in vigore il Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 90 che recepisce la Direttiva 2015/849/UE (cd. IV Direttiva) dettando disposizioni più severe in materia di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento delle attività terroristiche. Il nuovo Provvedimento è stato pubblicato lo scorso 19 giugno in Gazzetta Ufficiale e sostituisce, modificandola profondamente, gran parte della disciplina contenuta nel Decreto Legislativo n. 231/2007. Tra le novità più rilevanti, introdotte dalle nuove norme, vi è la previsione della possibilità di utilizzare i dati acquisiti dalla GdF a fini fiscali, mentre i controlli effettuati dai militari delle Fiamme Gialle diventeranno efficaci anche ai fini dell’accertamento tributario. Da un lato, dunque, la nova normativa impone maggiori obblighi di informazione da parte delle imprese e società, al fine di rendere palese l’assetto proprietario degli enti, pubblici e privati; dall’altro, rivede le disposizioni sulla responsabilità amministrativa delle società, mantenendo alto il livello di attenzione degli enti, dotati o meno di personalità giuridica, sui protocolli e le procedure interne all’azienda per prevenire condotte ricollegabili ai fenomeni di money laundering.
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Premessa
La responsabilità da reato delle Società, introdotta nel nostro ordinamento dal Decreto 231/2001, costituisce oggi uno dei principali strumenti giuridici per l’efficace repressione della criminalità d’impresa.
Per la prima volta, infatti, a partire dal 2001, in caso di commissione di un reato al suo interno, ove sussistano altresì i requisiti dell’interesse o del vantaggio, una società, azienda, impresa, o altro ente, può essere chiamato a risponderne di fronte al Giudice penale, in modo diretto, unitamente alla persona fisica che si assume essere l’autore del fatto materiale illecito.
Rilevanti e temibili le sanzioni nell’ipotesi in cui si pervenga a un giudizio di colpevolezza dell’ente:
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Sanzioni pecuniarie commisurate alle condizioni economiche e patrimoniali dell’Ente, da applicare sempre;
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Sanzioni interdittive, che nei casi più gravi comportano l’interdizione dall’esercizio dell’attività, mentre nei casi meno gravi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi, di contrattare con la pubblica amministrazione o l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, sussidi, etc.;
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Confisca, anche per equivalente, del prezzo o profitto del reato.
Tuttavia, il Decreto 231/2001 prevede anche che la società possa andare esente dall’applicazione di sanzioni ove dimostri di avere adottato ed efficacemente attuato un modello organizzativo idoneo a prevenire la commissione di reati. La vigilanza sull’osservanza e sull’aggiornamento del modello deve, altresì, essere affidata a un Organismo di vigilanza, composto in modo tale da poter svolgere correttamente le proprie funzioni.
L’attività di adeguamento alle disposizioni di legge richiede, da parte della società, una rivisitazione dell’organizzazione e delle modalità di espletamento dell’azione aziendale, alla luce di principi di controllo che traggono origine dall’analisi delle aree di attività nel cui ambito i rappresentanti di quella particolare azienda, impresa, o altro ente potrebbero incorrere nella commissione di reati. L’elaborazione del modello organizzativo, nonché dei protocolli che lo integrano, richiede pertanto la collaborazione di professionisti di estrazione diversa: penalisti, specialisti di organizzazione aziendale e di sistemi di controllo, componenti interni alla Società e/o consulenti esterni.
Il continuo ampliamento del catalogo dei reati-presupposto da cui discende la responsabilità delle Società, la normativa comunitaria che spinge su quelle nazionali, l’atteggiamento della Magistratura che, ora più che in passato, utilizza le sanzioni di cui al Decreto 231/2001 in maniera sempre più diffusa, spiegano l’attenzione che le aziende e le imprese più sensibili dimostrano di prestare a questo tema, anche in considerazione della responsabilità che lo stesso loro Management potrebbe incorrere, verso i soci, in caso di mancato adeguamento organizzativo alle norme del Decreto 231/2001.
Con la conseguenza che le esigenze di tutela della collettività, delle aziende e delle attività imprenditoriali che vi operano rendono, nei fatti, obbligatoria l’adozione di un Modello 231 il quale, nell’impianto originario del legislatore, era visto inizialmente solo come facoltativo.
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Cosa si intende per riciclaggio
Il riciclaggio è il reimpiego dei profitti, derivanti da attività delittuose, in attività lecite di carattere commerciale e/o finanziario, che sfruttando la fungibilità del denaro, turbano la concorrenza tra imprese e inquinano l’economia mettendone a repentaglio la democraticità.
Costituiscono riciclaggio, se commesse intenzionalmente e se provenienti da attività criminose, le seguenti azioni:
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La conversione o il trasferimento di beni effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
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L’occultamento e la dissimulazione dell’ubicazione, di disposizioni, di movimenti, di proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
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L’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
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La partecipazione a uno degli atti di cui ai punti precedenti, l’associazione per commettere tali atti, il tentativo di perpetrarli, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterli o il fatto di agevolarne l’esecuzione.
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Cosa è il finanziamento del terrorismo
L’espressione indica qualsiasi attività diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, utilizzabili per il compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali, indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte suindicate.
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Riciclaggio e delitti tributari
Il riciclaggio e i delitti tributari, quali l’evasione fiscale, l’emissione di fatture per attività inesistenti, ecc., sono fenomeni molto spesso tra loro collegati. Tutti i delitti di carattere fiscale (anche il c.d. “guadagno in nero”) possono costituire il c.d. “reato-presupposto” del riciclaggio di danaro, con la conseguenza che saranno ad essi applicabili le norme volte a combattere il riciclaggio, norme che impongono l’obbligo di segnalazione alle autorità di vigilanza da parte delle banche, degli istituti di credito e degli altri soggetti obbligati dalla normativa antiriciclaggio (Decreto Legislativo 231/2007), tra cui anche i commercialisti, notai e avvocati.
La Banca d’Italia, ad esempio, già nelle Istruzioni operative del 12.01.2001 scriveva che in relazione ad imposte dirette ed Iva, le fattispecie di:
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dichiarazione fraudolenta;
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dichiarazione infedele;
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omessa dichiarazione;
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emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti,
sono strumento per precostituire fondi di provenienza illecita da reinserire nel circuito economico.
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Le nuove norme antiriciclaggio: il Decreto Legislativo n. 90 del 25.05.2017 riscrive il decreto antiriciclaggio (Decreto 231/2007)
Le misure preventive previste dalla nuova normativa antiriciclaggio, di derivazione comunitaria, affrontano il mascheramento di fondi provenienti da forme gravi di criminalità e la raccolta di beni o di denaro a scopo di finanziamento del terrorismo. Con lo scopo primario, quindi, di identificare e verificare l’identità dei titolari effettivi dei beni e delle risorse economiche riferibili all’ente, verifiche che devono essere estese ai soggetti giuridici che possiedono altri soggetti giuridici e i soggetti obbligati e che dovrebbero individuare la persona o le persone fisiche (il c.d. titolare effettivo, o beneficial owner) che, in ultima istanza, esercitano il controllo tramite la titolarità, o tramite altri mezzi, del soggetto giuridico quali le società e trust.
Entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del Decreto Legislativo 90/2017 il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, deve emanare, tra le altre cose, il decreto previsto dal nuovo testo dell’articolo 21, comma 5, Decreto 231/2007 con il quale dovranno essere stabiliti:
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I dati e le informazioni sulla titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica, delle persone giuridiche private e dei trust, da comunicare al Registro delle imprese nonché le modalità e i termini entro cui effettuare la comunicazione;
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Le modalità attraverso cui le informazioni sulla titolarità effettiva delle imprese dotate di personalità giuridica, delle persone giuridiche private e dei trust sono rese tempestivamente accessibili alle autorità di cui al comma 2, lettera a);
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Le modalità di consultazione delle informazioni da parte dei soggetti obbligati e i relativi requisiti di accreditamento;
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I termini, la competenza e le modalità di svolgimento del procedimento volto a valutare la sussistenza dell’interesse all’accesso in capo ai soggetti di cui al comma 2, lettera d), e a disporne l’eventuale diniego;
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Con specifico riferimento alle informazioni sulla titolarità effettiva di persone giuridiche private diverse dalle imprese e su quella dei trust produttivi di effetti giuridici rilevanti a fini fiscali, le modalità di dialogo tra il Registro delle imprese e le basi di dati di cui è titolare l’Agenzia delle entrate relativi al codice fiscale ovvero, se assegnata, alla partita IVA del trust e agli atti istitutivi, dispositivi, modificativi o traslativi inerenti le predette persone giuridiche e i trust, rilevanti in quanto presupposti impositivi per l’applicazione di imposte dirette o indirette.
La nuova normativa, a livello nazionale prevede, inoltre, che lo Stato italiano adotti opportune misure per individuare, valutare, comprendere e mitigare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo che lo riguardano, nonché le eventuali problematiche connesse in materia di protezione dei dati.
A loro volta, i soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio devono anch’essi adottare misure volte a individuare e valutare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, tenendo conto di fattori di rischio, compresi quelli relativi ai loro clienti, paesi o aree geografiche, prodotti, servizi, operazioni o canali di distribuzione. Gli stessi destinatari devono porre in essere politiche, controlli e procedure per mitigare e gestire in maniera efficace i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.
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Nuovi obblighi per le società
A seguito delle nuove norme, tutte le imprese dotate di personalità giuridica, le persone giuridiche private e i trust saranno tenuti all’iscrizione in apposita sezione speciale del Registro delle imprese. Le imprese dovranno dunque comunicare alle Autorità i dati relativi alla proprietà e al controllo degli assetti aziendali posseduti, anche indirettamente; i dati così raccolti, verranno inseriti in apposite sezioni del Registro delle imprese a cui gli interessati avranno diritto di accesso dietro apposito processo di accreditamento.
Ovviamente, per lo svolgimento delle proprie funzioni istituzionali di ispezione e controllo, la UIF (l’Unità di Informazione Finanziaria), così come le Autorità di Vigilanza di settore, e anche la Direzione Nazionale Antimafia, avranno accesso alle informazioni sul titolare effettivo di persone giuridiche e trust.
Altra previsione rilevante è quella che stabilisce che le banche e gli istituti di credito in genere, così come i commercialisti e gli altri soggetti obbligati, si dovranno astenere dall’instaurare, o interrompere se già instaurato, il rapporto professionale e/o eseguire operazioni o prestazioni professionali nel caso in cui siano, direttamente o indirettamente, coinvolte società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede in Paesi terzi ad alto rischio, o nei cui confronti non sia comunque possibile identificare il titolare effettivo né verificarne l’identità.
In aggiunta, il nuovo Articolo 22 del Decreto 231/2007 impone alle imprese di fornire (alle banche, agli intermediari finanziari e a tutti gli altri soggetti obbligati) tutte le informazioni relative al titolare effettivo, oltre a ribadire l’obbligo (dell’impresa e/o dei suoi rappresentanti) di mettere a disposizione tutti gli elementi e le informazioni in proprio possesso al fine di consentire ai soggetti obbligati di adempiere all’adeguata verifica della clientela. La norma, altresì, introduce un ulteriore elemento di novità ponendo l’obbligo, per le imprese dotate di personalità giuridica e per le persone giuridiche private, di acquisire e conservare informazioni accurate e aggiornate sulla propria titolarità effettiva, per un periodo non inferiore ai cinque anni.
La norma, infine, prevede che le informazioni inerenti le persone giuridiche private, tenute all’iscrizione nel Registro delle persone giuridiche, siano acquisite (a) dal fondatore, ove in vita, (b) dai soggetti cui è attribuita la rappresentanza e l’amministrazione dell’ente, sulla base di quanto risultante (i) dallo statuto, (ii) dall’atto costitutivo, (iii) dalle scritture contabili e (iv) da ogni altra comunicazione o dato a loro disposizione.
Alla luce dei nuovi obblighi in tema di lotta e contrasto ai fenomeni di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, importante per le imprese, pertanto, sarà predisporre idonei piani di governance aziendale in grado di descrivere l’esatto livello di rischio a cui l’ente è esposto e che indichino le procedure e gli schemi di comportamento idonei a prevenire il compimento di comportamenti illeciti, o semplicemente a rischio, da parte del personale dirigente e dipendente.
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La responsabilità amministrativa degli enti e i Modelli di organizzazione aziendale ex Decreto Legislativo 231/2001
Con riferimento al Decreto 231/2001, recante la disciplina della responsabilità amministrativa degli enti (società, fondazioni, associazioni, etc.), il sistema attribuisce una valenza fondamentale ai modelli organizzativi, ai fini sia dell’esonero totale dalla responsabilità sia della riduzione delle sanzioni applicabili. Attraverso l’adozione del Modello 231 e la nomina di un Organismo (ODV) deputato alla vigilanza sull’adozione e sull’efficace attuazione dello stesso, infatti, l’ente dimostra la volontà di prevenire i reati o quantomeno di attenuarne le conseguenze in caso di commissione.
Le sanzioni – di natura pecuniaria e interdittiva – previste a carico dell’ente che venga condannato ai sensi del Decreto 231/2001 sono tutt’altro che trascurabili (possono superare il milione di euro); nondimeno, in presenza di un modello adottato ed efficacemente attuato, ove il reato venga ugualmente commesso, al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge, dell’illecito risponderà sul piano penale esclusivamente il soggetto agente e non anche l’ente. Nondimeno, vi è il rischio che anche in fase di indagini preliminari, l’Autorità Giudiziaria disponga dei sequestri, a carico dell’ente, di denaro o altri beni, finalizzati alla confisca del prodotto o del profitto del reato di riciclaggio.
Il carattere autonomo e diretto della responsabilità da reato dell’ente, infatti, permette di aggredire direttamente il bene nel patrimonio di quest’ultimo senza stabilire a priori l’effettiva titolarità dello stesso, bastando l’accertamento della commissione di un delitto di riciclaggio (o di finanziamento del terrorismo) nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso da parte di un soggetto che abbia un rapporto qualificato con la persona giuridica, come anche un semplice fornitore.
La responsabilità degli enti da riciclaggio e finanziamento del terrorismo in base alle norme del Decreto 231/2001 finisce, pertanto, col perseguire un ulteriore obiettivo di politica criminale, in quanto scoraggia la stessa commissione dei delitti-presupposto, contrastando in modo più pervasivo rispetto al passato la possibilità di sfruttarne i proventi e di reimmetterli nel circuito dell’economica legale [si veda, sul punto, D’Arcangelo, Il ruolo della responsabilità da reato degli enti nel contrasto al riciclaggio, 2008].
La minaccia delle sanzioni patrimoniali ed interdittive, e della confisca definitiva del patrimonio della società può, quindi, indurre gli enti (e, segnatamente, quelli esposti maggiormente al rischio di coinvolgimento in condotte di riciclaggio) ad adottare un idoneo ed efficace Modello 231 che contenga dei protocolli preventivi idonei a minimizzare il rischio della commissione di condotte di money laundering, in questo modo contribuendo a mantenere l’impresa commerciale immune da rischi di natura penale/amministrativa.