Le notifiche per via telematica, i controlli delle camere di commercio e i privilegi di Equitalia
di Giuseppe Vitrani, Avvocato Scarica in PDF
Una delle innovazioni meglio accolte dalla classe forense, con riguardo alla svolta telematica del processo civile, è senza dubbio la possibilità di notificare atti giudiziari (e stragiudiziali) a mezzo della posta elettronica certificata, codificata dall’art. 3 bis della legge n. 53 del 1994.
Capita tuttavia, non di rado, che detta possibilità venga frustrata o dalla impossibilità di recapito della notifica perché la casella di PEC del destinatario non è più attiva (o non lo è mai stata) oppure dalla impossibilità di stabilire quale sia il soggetto che ha effettivamente ricevuto la busta informatica perché l’indirizzo di PEC risultante dai pubblici registri (INI-PEC o registro Imprese) risulta assegnato a più società o imprese individuali. A tale ultimo proposito sono emblematiche due pronunce della Corte d’Appello di Bologna che, giudicando in sede di reclamo ex art. 18 l. fall., avevano dichiarato nulle le notificazioni a mezzo PEC di ricorso e decreto di fissazione di udienza ex art. 15 l. fall. in quanto effettuate su indirizzi di posta elettronica certificata che erano risultati duplicati o triplicati; oltretutto in sede istruttoria era emerso che il problema riguardava circa 200.000 indirizzi (App. Bologna, 26 settembre ’14, n. 2061 e App. Bologna, 20 ottobre ’14, n. 2158).
Per ovviare a tali problematiche il Ministero dello Sviluppo ha dapprima emanato una direttiva con la quale ha chiarito che le imprese costituite in forma societaria e le imprese individuali attive devono munirsi di una casella di Pec, devono iscrivere il relativo indirizzo nel registro delle imprese e devono mantenere la casella attiva nel tempo, attribuendo agli uffici del registro imprese il compito di valutare il costante adempimento di tale onere.
Successivamente, per rendere ancora più effettiva l’attendibilità e utilizzabilità degli indirizzi in questione, con direttiva emanata dal Ministero dello Sviluppo Economico il 22 maggio – 13 luglio 2015, sono stati attribuiti nuovi e più penetranti poteri agli uffici del Registro Imprese, potendo e dovendo essi, in sede di iscrizione della società o ditta individuale:
- verificare che l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale si chiede la registrazione non risulti in uso ad altra impresa e se lo stesso indirizzo sia o meno attivo;
- verificare altresì se l’indirizzo di PEC risulti o meno nell’esclusiva titolarità del richiedente.
In entrambi i casi esaminati, ove la verifica dia esito negativo, l’Ufficio deve concedere un termine perché l’impresa comunichi un indirizzo valido, attivo ed univoco ad ogni effetto di legge.
Ma i controlli demandati al Registro Imprese non si fermano alla fase di iscrizione, essendo estesi anche ad una revisione degli indirizzi già esistenti, con conseguente obbligo di avviare, mediante ricorso al Giudice del Registro, il procedimento per la cancellazione degli indirizzi PEC non più attivi, revocati e non univoci (cioè non riferibili a un’unica impresa o riferibili a un professionista anziché all’impresa – tipico caso: più società che hanno sede presso il medesimo commercialista comunicano la PEC di quest’ultimo anziché attivarne una propria).
A tal fine con cadenza almeno bimestrale devono essere pubblicati gli elenchi di imprese per i quali dalle verifiche automatiche si è riscontrato che l’indirizzo PEC non è conforme alle vigenti disposizioni. A seguito di tale pubblicazione, scatta per le imprese interessate l’obbligo di regolarizzare l’iscrizione del proprio indirizzo di posta elettronica certificata, mediante presentazione dell’apposita pratica di variazione.
Non mancano ovviamente conseguenze per le imprese che non provvedano alla regolarizzazione. Decorso il termine assegnato all’uopo, l’Ufficio dovrà infatti chiedere al Giudice del Registro delle imprese di cancellare l’indirizzo PEC non regolare (anche se duplicato); scatteranno inoltre le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’articolo 2630 del codice civile per le società e di cui all’articolo 2194 c.c. per le imprese individuali.
Come si vede, pertanto, è stato finalmente introdotto un efficace apparato che considera la PEC come un vero e proprio domicilio digitale dell’impresa e detta disposizioni in grado di assicurare l’effettiva esperibilità del procedimento di notificazione telematica.
Certo, all’attento studioso non sfuggirà una (riteniamo non casuale) coincidenza; le norme esaminate hanno acquistato piena efficacia presso tutte la Camere di Commercio solo negli ultimi mesi e proprio a ridosso dell’entrata in vigore dell’art. 14 del d. lgs. 159/15, il quale detta Misure per la semplificazione e razionalizzazione delle norme in materia di riscossione e così dispone:
“Al fine di potenziare la diffusione dell’utilizzo della posta elettronica certificata nell’ambito delle procedure di notifica…..l a notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Nel caso di imprese individuali o costituite in forma societaria, nonché di professionisti iscritti in albi o elenchi, la notifica avviene esclusivamente con tali modalità, all’indirizzo risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC). All’Agente della riscossione è consentita la consultazione telematica e l’estrazione, anche in forma massiva, di tali indirizzi. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile. Se l’indirizzo di posta elettronica del destinatario non risulta valido e attivo, la notificazione deve eseguirsi, mediante deposito dell’atto presso gli uffici della Camera di Commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima, dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori adempimenti a carico dell’agente della riscossione. Analogamente si procede, quando la casella di posta elettronica risulta satura anche dopo un secondo tentativo di notifica, da effettuarsi decorsi almeno quindici giorni dal primo invio. Per le persone fisiche intestatarie di una casella di posta elettronica certificata, che ne facciano comunque richiesta, la notifica è eseguita esclusivamente con tali modalità all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta stessa, ovvero a quello successivamente comunicato all’Agente della riscossione all’indirizzo di posta elettronica risultante dall’indice degli indirizzi delle pubbliche amministrazioni istituito ai sensi dell’articolo 57 bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”
Il secondo comma, al dichiarato fine di assicurare alle Camere di Commercio i tempi tecnici necessari per l’adeguamento alle nuove previsioni ha previsto l’entrata in vigore delle suddette disposizioni alle notifiche effettuate a decorrere dal 1° giugno 2016, sicché sorge il legittimo sospetto che tale fervore organizzativo sia stato dettato proprio per favorire la notificazione a mezzo PEC delle cartelle esattoriali. In ogni caso non v’è dubbio che da tali disposizioni potranno trarre beneficio anche gli avvocati che, auspicabilmente avranno meno problemi nell’effettuare notificazioni a mezzo PEC.
Appare però opportuno segnalare, in chiusura, un vero e proprio privilegio che il legislatore ha riservato alla sola Equitalia.
Come visto nella trattazione che precede, i controlli del Registro Imprese si possono concentrare sostanzialmente sulla validità e sull’univocità dell’indirizzo PEC; non si estendono invece ai casi in cui la casella di posta del destinatario sia satura e non più in grado di ricevere messaggi. In questo caso ci si trova di fronte ad un comportamento imputabile al destinatario, che però impedisce il perfezionamento della notificazione e contro il quale l’avvocato notificante non ha sostanzialmente rimedi.
E si noti che le conseguenze potrebbero anche essere di non poco momento, stante che una notifica fatta in scadenza di termine e in orario serale (allorché uffici postali e ufficiali giudiziari non sono più operativi) non avrebbe possibilità di perfezionarsi; certo, potrebbe essere esperibile la strada della rimessione in termini ma vi sarebbe comunque l’alea del dello scrutinio (dagli esiti non scontati) del magistrato.
Equitalia non corre però siffatti rischi; l’art. 14 d. lgs. 159/15 sopra esaminato prevede infatti che in tal caso “la notificazione deve eseguirsi, mediante deposito dell’atto presso gli uffici della Camera di Commercio competente per territorio e pubblicazione del relativo avviso sul sito informatico della medesima, dandone notizia allo stesso destinatario per raccomandata con avviso di ricevimento, senza ulteriori adempimenti a carico dell’agente della riscossione”. In sostanza, una sorta di procedimento ex art. 140 c.p.c. al servizio della notifica effettuata per via telematica; si mira in tal modo ad eliminare gli effetti perniciosi di un comportamento imputabile al destinatario della notificazione e sul quale il mittente non ha alcuna possibilità di controllo.
La soluzione giuridica appare senza dubbio interessante e potenzialmente in grado di offrire ampia tutela; è dunque auspicabile che un simile rimedio, anche nella prospettiva di trattare in maniera uguale situazioni del tutto simili e comparabili tra loro, venga codificato anche per le notificazioni previste dalla legge n. 53 del 1994.