23 Maggio 2016

Le modifiche «urgenti» all’espropriazione forzata nel d.l. 3 maggio 2016, n. 59

di Pasqualina Farina Scarica in PDF

Tra le modifiche apportate dall’art. 4 del d.l. 3 maggio 2016, n. 59 al processo di espropriazione forzata, le principali riguardano l’atto di pignoramento e l’opposizione all’esecuzione, la vendita forzata mobiliare nonché quella immobiliare, l’attuazione dell’ordine di liberazione dell’immobile pignorato, l’assegnazione a favore di un terzo, il riparto parziale della distribuzione del ricavato, i rapporti riepilogativi del professionista delegato. 

  1. Termine per l’opposizione all’esecuzione ed avvertimento nell’atto di pignoramento.

La modifica più importante, sia da un punto di vista applicativo che sistematico, ha ad oggetto l’introduzione di un termine per l’opposizione ex art. 615 c.p.c. Ed infatti per impedire che il debitore proponga opposizioni dilatorie o pretestuose, il nuovo secondo comma dell’art. 615 c.p.c. stabilisce l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione proposta dopo il provvedimento di autorizzazione a vendita, salvo sia fondata su motivi sopravvenuti ovvero l’opponente dimostri di non averla tempestivamente proposta per causa a lui non imputabile. A prima lettura, sembra doversi riconoscere al debitore – che non abbia tempestivamente proposto l’opposizione – il diritto ad ottenere in sede di opposizione ex art. 512 c.p.c. la restituzione delle somme versate dall’acquirente, nonché quello ad un’autonoma azione risarcitoria nei confronti del creditore per aver perso il bene.

Una simile impostazione che trova applicazione in tutti i tipi di espropriazione forzata (immobiliare, mobiliare diretta presso il debitore o presso terzi) confligge con il potere/dovere del giudice dell’esecuzione di rilevare anche d’ufficio la caducazione del titolo esecutivo in ogni stato e grado del giudizio (ex multis Cass., sez. III, 19 maggio 2011, n. 11021) e con il principio che il titolo deve permanere per tutta la durata dell’opposizione (nulla executio sine titulo).

Per informare il debitore delle conseguenze derivanti dall’introduzione di tale rigorosa preclusione, il legislatore ha altresì modificato il primo comma dell’art. 492 c.p.c., arricchito da un ultimo periodo in forza del quale con l’atto di pignoramento il debitore deve essere avvertito dell’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione tardiva, proposta cioè dopo l’ordinanza di autorizzazione a vendita. Nulla si dice riguardo alle conseguenze dell’atto di pignoramento privo del suddetto avvertimento; tuttavia come riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità in caso di omesso avvertimento sulla conversione del pignoramento, si deve ritenere che il vizio non determini ex se la nullità del pignoramento ma possa essere sanato mediante notifica di un atto successivo da parte del creditore procedente (o di altro creditore intervenuto) prima della pronuncia dell’ordinanza di vendita.

Deve essere, inoltre, precisato che le nuove disposizioni contenute negli artt. 492 e 615 si applicano ai procedimenti di espropriazione forzata iniziati successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione, come previsto dall’art. 4, comma 3, del d.l. 59/2016. 

  1. La vendita forzata mobiliare

Il legislatore si preoccupa di estendere la disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 503 c.p.c. per l’espropriazione immobiliare anche a quella mobiliare: viene, difatti, espressamente stabilito che la modalità dell’incanto è subordinata alla circostanza che il giudice dell’espropriazione mobiliare ritenga probabile di conseguire un prezzo superiore della metà rispetto al valore del bene determinato a norma degli artt. 518 e 540-bis c.p.c. In realtà una simile impostazione era già frutto dei precedenti interventi legislativi apportati alla disciplina delle vendite mobiliari; la precisazione è diretta ad evitare qualsiasi dubbio e costituisce la conferma della volontà del legislatore di espungere la modalità dell’incanto dal sistema delle vendite forzate. È appena il caso di aggiungere che nulla si prevede riguardo al regime transitorio e che la disposizione, di natura interpretativa, trova pertanto applicazione anche alle espropriazioni in corso.

Il legislatore del 2016 riscrive, inoltre, il secondo comma dell’art. 532, c.p.c. stabilendo che nella vendita mobiliare a mezzo commissionario il giudice fissa al massimo tre esperimenti di vendita (quando invece nel regime anteriore i tentativi da esperire non potevano essere inferiori a tre); ad un tempo il giudice determina il termine finale per lo svolgimento della vendita da parte del commissionario, termine che non può eccedere i sei mesi (in precedenza tale termine era non inferiore a sei mesi), alla cui scadenza il soggetto incaricato della vendita deve restituire gli atti in cancelleria.

Una volta restituiti gli atti in cancelleria, il giudice, se non vi sono istanze a norma dell’art. 540 bis c.p.c., dispone la chiusura anticipata del processo esecutivo, anche in difetto dei presupposti stabiliti dall’art. 164 bis disp. att. In definitiva, il legislatore sembra prendere atto che l’espropriazione mobiliare diretta è inidonea ad assicurare la soddisfazione del creditore in tempi eccessivamente lunghi: pertanto se i beni pignorati non sono aggiudicati in un arco temporale circoscritto, la procedura si presume intrinsecamente antieconomica.

  1. Modo della custodia

In forza del novellato quarto comma dell’art. 560 c.p.c., il provvedimento del giudice che ordina la liberazione dell’immobile pignorato è attuato dal custode nel rispetto delle disposizioni fornite dal medesimo giudice e senza l’osservanza delle formalità di cui agli artt. 605 ss. c.p.c., anche successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento, nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario; se questi non lo esentano. Per l’attuazione dell’ordine il giudice può avvalersi della forza pubblica e nominare ausiliari ai sensi dell’art. 68 c.p.c.

Sulla falsariga dell’ultima parte dell’art. 669 duodecies c.p.c., il legislatore ha recepito una prassi già operativa in diverse zone della penisola ed eliminato qualsiasi riferimento al titolo esecutivo: il rilascio dell’immobile pignorato costituisce un subprocedimento dell’espropriazione in corso, che non necessita (della preventiva notifica) di titolo, precetto ed avviso di rilascio, come dimostra l’esclusione delle forme di cui all’art. 605 c.p.c. Si aggiunga che l’ordine di liberazione è eseguito senza la partecipazione dell’ufficiale giudiziario, ma direttamente dal custode che può avvalersi anche dell’ausilio della forza pubblica. Resta da dire che in maniera del tutto analoga a quanto avviene per l’attuazione dei provvedimenti cautelari, il giudice competente a risolvere eventuali contestazioni rimane lo stesso giudice dell’esecuzione.

Novità anche per il diritto riconosciuto dal nuovo quinto comma dell’art. 560 c.p.c. agli interessati all’acquisto a visionare il bene pignorato entro sette giorni dalla richiesta inoltrata sul portale delle vendite telamatiche.

Il legislatore precisa inoltre che la richiesta non può essere resa nota a persona diversa dal custode. La disamina dei beni si svolge con modalità idonee a garantire la riservatezza dell’identità degli interessati, senza che costoro possano avere contatti tra loro. Non solo sono precluse visite “ di gruppo”, ma il custode deve assicurarsi che tra una visita e la successiva intercorra un lasso di tempo significativo, affinché vengano effettivamente rispettate le esigenze di segretezza dell’offerta proprie della vendita senza incanto, per evitare speculazioni ed indebite pressioni tra gli offerenti.

  1. Vendita forzata immobiliare

Analogamente a quanto previsto dal sesto comma dell’art. 530 c.p.c. per i beni mobili, il novellato quarto comma dell’art. 569 c.p.c. stabilisce che il giudice deve preferire, salvo risulti pregiudizievole per gli interessi dei creditori o per il sollecito svolgimento della procedura, che le vendite immobiliari siano effettuate con modalità telematiche, nel rispetto della normativa regolamentare di cui all’art. 161 ter disp. att. c.p.c. Considerato che la disposizione si applica alle vendite autorizzate dopo il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto a norma dell’art. 4, co. 5, d.l. 59/16, si deve ritenere che entro tale termine il legislatore avrà adottato le specifiche tecniche cui il d.m. n. 32 del 2015 rinviava per rendere operative le vendite telematiche.

In secondo luogo va segnalato che il legislatore della primavera del 2016 torna ancora una volta ad occuparsi del prezzo base dell’immobile e per scongiurare il rischio di una vendita a prezzo vile, con pregiudizio delle ragioni di debitore e creditore, l’art. 591 c.p.c. stabilisce che, dopo il terzo tentativo di vendita, il prezzo base non può scendere oltre la metà del valore. È appena il caso di segnalare che la norma opera anche nelle espropriazioni in corso: il legislatore ha, difatti, previsto che per il computo del numero degli esperimenti di vendita si tiene conto di quelli svolti prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 59 del 2016.

  1. Assegnazione a favore di un terzo

Il d.l. 3 maggio 2016, n. 59 ha innovato in maniera significativa l’istituto dell’assegnazione con l’introduzione dell’art. 590 bis nel codice di rito civile.

La nuova disposizione, dedicata all’assegnazione a favore di un soggetto terzo, stabilisce espressamente che il creditore assegnatario deve dichiarare in cancelleria, entro cinque giorni dalla pronuncia in udienza del provvedimento di assegnazione ovvero dalla comunicazione, il nome del soggetto cui sarà trasferito l’immobile, depositando altresì la dichiarazione di quest’ultimo di volerne profittare.

In difetto, il decreto di trasferimento sarà emesso a favore del creditore, con la previsione esplicita che gli obblighi derivanti dalla presentazione dell’istanza di assegnazione rimangono comunque a carico del creditore.

È evidente che:

  1. i) si tratta di norma diretta ad agevolare l’assegnazione dell’immobile agli istituti di credito affinché trasferiscano il bene alle società di gestione patrimoniale; e che
  2. ii) tale norma deve essere integrata con le disposizioni fiscali contenute nel d.l. n. 18 del 2016, ove si prevede un’imposta di registro molto contenuta (200 euro in luogo del 9% del valore di agggiudicazione) per incentivare le alienazioni forzate, sempre che l’acquirente dichiari di voler trasferire l’immobile nel biennio successivo all’acquisto.

Quanto al regime transitorio, resta da dire che l’art. 590 bis c.p.c. si applica alle istanze di assegnazione presentate, nei procedimenti di espropriazione forzata immobiliare, successivamente al decorso del termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione ex art. 4, comma 6, d.l. n. 59 del 3 maggio 2016.

  1. Il riparto parziale

Nel termine di trenta giorni dal versamento del prezzo il giudice dell’esecuzione (o il professionista delegato) provvede, in forza del nuovo art. 596 c.p.c., a formare un progetto di distribuzione anche parziale, contenente la graduazione dei creditori che vi partecipano e lo deposita in cancelleria affinché possa essere consultato dai creditori e dal debitore, fissando udienza per la loro audizione.

Il legislatore consente, dunque, ai creditori di ottenere in un momento anteriore parte delle somme che riceveranno a conclusione della procedura.

Tuttavia l’anticipazione del riparto non deve esporre la procedura al rischio di non coprire le spese, né a quello di pregiudicare le ragioni di credito contestate o comunque da definire; per questa ragione il progetto di distribuzione parziale non può superare il novanta per cento delle somme da ripartire.

Poiché le innovazioni introducono un regime più favorevole per i creditori senza incidere sulla posizione del debitore, nulla è stato previsto riguardo al regime transitorio; di qui la conclusione che il novellato art. 596 c.p.c. operi anche per le espropriazioni in corso.

  1. rapporti riepilogativi del professionista delegato

Oltre al custode, anche il professionista delegato è tenuto a predisporre dei rapporti riepilogativi, in forza delle modifiche apportate all’art. 16 bis  della l. 17 dicembre 2012, n. 221. Segnatamente l’attuale comma 9 sexies di tale disposizione prevede che il professionista delegato depositi, entro dieci giorni dalla pronuncia dell’ordinanza di vendita, un rapporto riepilogativo iniziale delle attività svolte.

A partire dal deposito del primo rapporto decorre il termine semestrale che impone al  professionista di depositare un ulteriore rapporto riepilogativo periodico per tutte le attività svolte. Nei dieci giorni successivi all’approvazione del progetto di distribuzione, il professionista delegato è tenuto al deposito di un rapporto finale delle attività svolte.

Rimane da dire che i rapporti riepilogativi previsti per i procedimenti di esecuzione forzata vanno depositati con modalità telematiche nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici.

Si aggiunga che tali innovazioni non incidono sui diritti delle parti ma sono dirette a rendere più penetrante il controllo del giudice dell’esecuzione; pertanto, in difetto di indicazioni sul regime transitorio si deve ritenere che il professionista delegato debba redigere tali rapporti anche per le espropriazioni in corso.