Le manifestazioni di volontà stragiudiziali quali idonei atti interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi della compravendita: si pronunciano le Sezioni Unite
di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDFCass. civ. Sez. Un. Sent., 11/07/2019, n. 18672, Pres. Mammone, Est. Carrato
Compravendita – Garanzia per i vizi – Natura giuridica – Decadenza – Prescrizione – Atti interruttivi – Manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore
[1] Le Sezioni Unite, su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato il seguente principio di diritto: “Nel contratto di compravendita costituiscono – ai sensi dell’art. 2943, comma 4, c.c. – idonei atti interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per i vizi, prevista dall’art. 1495, comma 3 c.c., le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore compiute nelle forme di cui all’art. 1219, comma 1, c.c., con la produzione dell’effetto generale contemplato dall’art. 2945, comma 1, c.c.”.
Disposizioni applicate
Art. 1490 c.c., art. 1495 c.c., art. 2943 c.c., art. 2495 c.c.
CASO
Un’azienda agricola conveniva in giudizio la società vivaistica che gli aveva fornito alcune piantine per sentir dichiarare, ai sensi degli artt. 1490 e 1492 c.c., la riduzione del prezzo, salvo il risarcimento del danno. L’attrice esponeva infatti di aver provveduto alla restituzione di una parte delle piante perché affette da virosi e di aver reiterato la denuncia per vizi con quattro raccomandate, cui la venditrice non aveva dato alcun riscontro. La convenuta si costituiva eccependo la tardività della denuncia e la conseguente decadenza dalla garanzia per vizi e, in ogni caso, la prescrizione dell’azione, sulla base del fatto che unico atto idoneo ad interrompere la prescrizione fosse la domanda giudiziale.
La domanda di riduzione del prezzo veniva accolta sia nel primo che nel secondo grado di giudizio e le eccezioni di decadenza e prescrizione proposte dalla convenuta venivano respinte, sulla base del fatto che le comunicazioni inviate dall’azienda agricola alla venditrice avessero non solo rispettato il termine decadenziale, ma altresì costituissero atti idonei ad interrompere la prescrizione annuale.
L’azienda vivaistica proponeva ricorso per cassazione.
Con ordinanza interlocutoria, la Seconda Sezione della S.C. ha chiesto alle Sezioni Unite civili di esprimersi in merito all’istituto della garanzia per vizi nel contratto di compravendita e, specificamente, se siano configurabili idonei atti interruttivi della prescrizione prevista dall’art. 1495, comma 3 c.c., ai sensi degli artt. 2943 e ss. c.c., diversi dalla proposizione dell’azione giudiziale, e se, e in quale misura, detti atti interruttivi inibiscano il decorso della prescrizione in relazione alle azioni edilizie.
SOLUZIONE
Le Sezioni Unite della Suprema Corte prendono atto del contrasto esistente in giurisprudenza in merito alla qualificazione della natura giuridica della garanzia per vizi, nonché dell’individuazione degli atti interruttivi della relativa prescrizione e affermano che nel contratto di compravendita le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore costituiscono idonei atti interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per vizi ex art. 1495, comma 3 c.c., con la produzione dell’effetto generale contemplato dall’art. 2945, comma 1 c.c.
QUESTIONI
La questione prospettata alle Sezioni Unite riguarda la garanzia per il c.d. vizio redibitorio, ovvero il vizio che rende la cosa venduta inidonea all’uso cui è destinata o ne diminuisce in modo apprezzabile il valore. Gli effetti della garanzia sono delineati dal comma 1 dell’art. 1492 c.c. il quale prevede che il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, salvo il risarcimento del danno. La scelta tra le due forme di tutela può avvenire fino al momento della proposizione della domanda giudiziale e da tale momento è irrevocabile. L’esercizio delle azioni previste dall’art. 1492 c.c. è circoscritto temporalmente attraverso la previsione di un duplice termine, di decadenza e di prescrizione. Infatti, ai sensi dell’art. 1495, comma 1 c.c., il compratore decade dal diritto di garanzia se non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta. Il terzo comma dell’art. 1495 c.c. prevede invece un termine breve di prescrizione disponendo che l’azione si prescrive in ogni caso in un anno dalla consegna.
Prima di esaminare il quesito posto dall’ordinanza interlocutoria, le Sezioni Unite si occupano di individuare la decorrenza del termine di decadenza di otto giorni previsto dall’art. 1495, comma 1 c.c., confermando un orientamento giurisprudenziale ormai pacifico in base al quale, in tema di compravendita, il termine di decadenza dalla garanzia per vizi occulti decorre solo dal momento in cui il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell’esistenza e della consistenza del vizio lamentato, non essendo sufficiente il semplice sospetto (nel caso di specie, tale oggettiva certezza è stata acquisita, per gradi e con tempi diversi, solo all’esito degli accertamenti eseguiti da un perito).
Ciò precisato con riferimento al termine decadenziale di cui all’art. 1495, comma 1 c.c., le Sezioni Unite affrontano quindi la questione sottoposta dalla Sezione Seconda, concernente l’individuazione degli atti idonei a interrompere la prescrizione di cui al terzo comma dell’art. 1495 c.c., ai sensi degli artt. 2943 e ss. c.c., ed in particolare se possa riconoscersi tale effetto anche ad atti diversi dalla proposizione dell’azione giudiziale.
Le SS.UU. si interrogano preliminarmente sulla natura giuridica della garanzia per vizi, dalla cui qualificazione dipende evidentemente la soluzione del quesito.
In dottrina è noto che la materia ha costituito oggetto di ampie e diversificate tesi. Alcuni autori hanno collocato tale garanzia nell’ambito della teoria dell’errore, quale vizio del consenso del compratore circa l’effettiva consistenza della cosa oggetto del contratto. Altri l’hanno ricondotta all’istituto della presupposizione intesa come mancata corrispondenza alla realtà di una rappresentazione (l’assenza di vizi della cosa) comune ad entrambe le parti, mentre altri ancora l’hanno qualificata come vera e propria assicurazione contrattuale di un determinato risultato (i.e. la conformità della vicenda traslativa al programma negoziale).
Altra dottrina, negando la natura di obbligazione della garanzia in esame, l’ha ricondotta ad una particolare forma di responsabilità che discende dalla inesatta esecuzione del contratto sul piano dell’attribuzione traslativa, per effetto delle anomalie che inficiano la cosa.
A tale ultimo orientamento si sono riferite anche le Sezioni Unite che, richiamando un loro recentissimo intervento sul punto (sentenza n. 11748 del 3 maggio 2019) hanno qualificato la garanzia per vizi come responsabilità (contrattuale ma non corrispondente del tutto a quella ordinaria, attesa la specificità della disciplina della vendita) per inadempimento che deriva dall’inesatta esecuzione del contratto sul piano dell’efficacia traslativa per effetto della sussistenza dei vizi della cosa. Tale tipo di responsabilità prescinde dalla colpa del venditore, basandosi sul dato oggettivo dell’esistenza dei vizi stessi e traducendosi nella conseguente assunzione del rischio, di origine contrattuale, da parte del venditore di esporsi all’esercizio dei due rimedi edilizi di cui può avvalersi a sua scelta il compratore.
Ciò precisato, le SS.UU. hanno quindi ripercorso i contrapposti orientamenti che si sono formati in giurisprudenza con riferimento alla natura giuridica della garanzia per vizi e, conseguentemente, all’individuazione degli atti interruttivi della prescrizione annuale di cui al terzo comma dell’art. 1495 c.c.
Il primo indirizzo giurisprudenziale configura la garanzia per vizi come un autonomo diritto in forza del quale il compratore può, a sua scelta, domandare la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo. Di conseguenza quando il compratore comunica al venditore che intende far valere il diritto alla garanzia, egli interrompe la prescrizione inerente a tale diritto (Cass. Civ. 22903/2015; Cass. Civ. 18035/2010; Cass. Civ. 9630/1999).
Secondo tale ricostruzione, costituisce pertanto atto interruttivo della prescrizione della garanzia per vizi della cosa la manifestazione al venditore della volontà del compratore di volerla esercitare, benché quest’ultimo differisca ad un momento successivo l’opzione per il tipo di rimedio da esercitare.
Il secondo orientamento invece riconosce alla facoltà del compratore di chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo natura di diritto potestativo, a fronte del quale la posizione del venditore è di mera soggezione (Cass. Civ. 20705/2017; Cass. Civ. 8417/2016; Cass. Civ. 20332/2007; Cass. Civ. 18477/2003).
Ne deriva che la prescrizione dell’azione può essere utilmente interrotta solo dalla proposizione della domanda giudiziale e non anche da atti di costituzione in mora, poichè questi si attagliano ai diritti di credito ma non ai diritti potestativi. A sostegno di tale ricostruzione vi sarebbe altresì il dato letterale della norma, che si esprime in termini di prescrizione dell’azione e non del diritto di far valere l’azione.
Con la sentenza in commento le SS.UU. confermano il primo orientamento giurisprudenziale sopra delineato, statuendo il principio per cui la prescrizione della garanzia per vizi è interrotta dalla comunicazione al venditore della volontà del compratore di esercitarla, benché questi riservi ad un momento successivo la scelta del tipo di rimedio.
Secondo la Corte, infatti, il termine prescrizionale annuale concerne la tutela contrattuale del compratore per far valere l’inesatto adempimento per difettosità del bene oggetto di vendita, a prescindere dal rimedio. Il presupposto di fondo, quindi, consiste nella configurazione di tale responsabilità dell’acquirente come obbligazione derivante “ex contractu” nei termini poc’anzi precisati con riguardo alla natura giuridica della garanzia.
Le argomentazioni che le Sezioni Unite portano a sostegno della propria ricostruzione, al fine di escludere la fondatezza dell’orientamento che richiede la necessaria proposizione della domanda giudiziale per interrompere il termine prescrizionale, sono essenzialmente due: una di carattere logico-sistematico, l’altra di tipo socio-economico.
Da un punto di vista sistematico viene rilevato che l’attuale formulazione dell’art. 1495 c.c. diverge da quella adottata nel codice civile del 1865 che, invece, lasciava propendere per la necessità dell’esperimento dell’azione giudiziale. L’art. 1505, comma 1 del codice previgente prevedeva infatti testualmente che “l’azione redibitoria deve proporsi entro un anno dalla consegna”. Il dato letterale del terzo comma dell’art. 1495 c.c. si richiama invece espressamente alla prescrizione e, anche se si esprime in termini di prescrizione dell’azione, non può ritenersi decisivo nel senso che debba ritenersi riferibile esclusivamente all’esercizio della domanda giudiziale.
Sussistono, infatti, altre disposizione normative in cui il legislatore ha posto riferimento, ma in senso atecnico, alla pretesa sostanziale in termine di azione: ad esempio l’art. 2947, comma 3 c.c. parla indistintamente di prescrizione dell’azione e di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, oppure l’art. 132, comma 4 del c.d. Codice del consumo, per un verso parla di azione e, per altro verso, parla di “far valere i diritti” correlati ai vizi della cosa venduta.
A parere della Corte, pertanto, il dato letterale non può ritenersi sufficiente a sostenere la tesi per cui sarebbe necessaria l’introduzione della domanda giudiziale a fini interruttivi della prescrizione.
A ciò le Sezioni Unite aggiungono un argomento di carattere socio-economico, posto che, per effetto dell’operatività dell’interruzione della prescrizione anche attraverso atti stragiudiziali, esiste una concreta possibilità che il venditore intervenga eventualmente – a seguito della costituzione in mora – eliminando i vizi, così evitando che il compratore debba rivolgersi all’autorità giudiziaria, con ciò perseguendo non solo un’efficace tutela delle ragioni dell’acquirente senza gravare eccessivamente sul venditore, ma altresì evitando una inutile proliferazione di giudizi.
La ricostruzione della natura giuridica della garanzia per vizi accolta dalla Corte in termini di responsabilità e le argomentazioni logico-sistematica e socio-economica individuate a sostegno confortano, quindi, l’ammissibilità dell’interruzione della prescrizione anche con un atto stragiudiziale, che si concreta in qualsiasi dichiarazione formale del compratore che, in generale, esprima univocamente la pretesa del creditore all’adempimento.