Le linee guida del CSM sull’espropriazione dei beni indivisi
di Rita Lombardi Scarica in PDFL’11 ottobre 2017 la settima commissione del CSM ha approvato le linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi giudiziarie nel settore delle esecuzioni immobiliari e istituito un osservatorio permanente “per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle buone prassi” reputando che, nell’interesse comune del creditore e del debitore, l’espropriazione debba svolgersi nell’osservanza di criteri di efficienza, efficacia e rapidità, sì da consentire la liquidazione dei beni del debitore in modo celere ma conseguendo il miglior risultato. In tale prospettiva si è volto lo sguardo anche all’espropriazione della quota.
L’11 ottobre 2017 la settima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura, con l’obiettivo di migliorare “la quantità e qualità” della risposta di giustizia e segnatamente di rendere “più efficiente e efficace” il processo esecutivo, ha approvato le linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari.
In tale ambito è stata posta l’attenzione anche sull’espropriazione di beni indivisi, forma espropriativa in cui oggetto dell’azione esecutiva è la quota del debitore su di un bene in comunione con altri soggetti, la cui disciplina si rinviene negli artt. 599-601 c.p.c. e 180-181 disp. att. c.p.c., integrati e coordinati con le norme che regolano i singoli tipi di espropriazione forzata relativi al bene la cui quota è pignorata (Andrioli, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, III, 293. Sul tema v. anzitutto Grasso, L’espropriazione della quota, Milano, 1957, e Tarzia, Espropriazione dei beni indivisi, in Noviss. Dig. it., VI, Torino, 1964, 887; per un’analisi dell’istituto alla luce delle riforme apportate a partire dal 2005 v, tra gli altri, Lombardi, Profili problematici dell’espropriazione di beni indivisi, in Riv. dir. proc., 2012 , p. 59-72 e specificamente sulla complessa questione relativa all’ individuazione delle modalità di introduzione del giudizio di divisione che origina nell’esecuzione v. Lombardi, L’espropriazione di beni indivisi e le riforme dell’ultimo decennio, in Scritti in onore di N. Picardi, a cura di Briguglio-Martino-Panzarola-Sassani, Pisa, 2016, 1509 ss. e in Riv. dir. proc. 2016, 2, 317).
Propriamente il riferimento a tale forma espropriativa è contenuto nella parte dedicata alla tutela del debitore. Ivi si afferma che a costui “dovrà essergli chiarito che, nel caso in cui il pignoramento riguardi solo una quota del bene, ciò non fermerà la procedura, perché potrà essere venduto l’intero; che gli altri comproprietari potranno però rendersi acquirenti della quota, evitando così il giudizio di divisione“.
Di poi nell’allegato 1) a dette linee guida, che pur riguarda la tutela del debitore, si nota un paragrafo finale intitolato “Avvertenze per i comproprietari” e che recita: “I creditori hanno chiesto di vendere la parte dell’immobile di proprietà del debitore, allo scopo di pagare, con il ricavato, i debiti. Anche se voi comproprietari non siete debitori, il Tribunale può vendere tutto l’immobile (e quindi anche la vostra quota). Se siete in grado di acquistare la quota del debitore, fatelo presente al giudice o al custode. In tal caso, si potrà procedere allo scioglimento della comunione con un processo di divisione che si svolge dinanzi allo stesso giudice dell’esecuzione; la somma versata per l’acquisto della quota si sostituirà alla quota pignorata ed il bene verrà attribuito per intero ad uno o più dei comproprietari, diversi dal debitore, che ne abbiano fatto richiesta e pagato la quota. L’altra soluzione per evitare la vendita è che raggiungiate un accordo con i creditori pagando i debiti per conto dell’esecutato“.
Al di là della superfluità di taluni passaggi (quale il chiarimento che se il pignoramento investe solo una quota del bene “ciò non fermerà la procedura”) e dell’improprietà di alcune espressioni (vendita della quota indivisa che determina un “processo di divisione” che si svolge dinanzi al giudice dell’esecuzione) le linee guida in considerazione, attraverso un “avvertimento” al debitore e ai comproprietari delle conseguenze dell’esecuzione intrapresa, per un verso intendono evitare il giudizio di divisione incidentale all’esecuzione e per altro verso intendono sollecitare una soluzione bonaria della vicenda.
Riguardo al primo obiettivo, occorre rammentare che l’art. 600 c.p.c. delinea tre diverse modalità di liquidazione della quota: a) la separazione della quota in natura; b) la vendita della quota ideale pro indiviso; c) la divisione del bene o del patrimonio comune secondo le regole ordinarie.
Il codice del 1940 attribuiva una preferenza alla separazione in natura ma non regolava la scelta tra la vendita forzata della quota pignorata e il giudizio di divisione, onde si riteneva che l’individuazione del modo concreto per espropriare la quota fosse rimesso alla discrezionalità del giudice dell’esecuzione.
Diversamente il legislatore del 2005 con la legge n. 80 ha attribuito una preferenza alla divisione divenuta la «via fisiologicamente da seguire» (in tali termini Merlin, L’espropriazione di beni indivisi, in Il processo civile di riforma in riforma, Processo esecutivo, vol. II, in Le monografie del Corriere giur. 2006, 133, nt. 2.). Segnatamente in virtù del modificato art. 600 c.p.c. se la separazione della quota in natura non può essere esperita – perché non richiesta o non è possibile – il giudice dell’esecuzione dispone la divisione, salvo che reputi probabile l’alienazione della quota indivisa ad un prezzo pari o superiore a quello del valore della stessa.
A seguito dell’indicata riforma, dunque, la scelta fra la vendita e la divisione non è più effettuata dal giudice dell’esecuzione in base ad una valutazione di mera opportunità e convenienza bensì a seguito di un giudizio prognostico, compiuto ex ante sugli esiti della vendita in rapporto con un elemento specificamente previsto dalla legge: la vendita deve fruttare un prezzo pari o superiore a quello stimato dal perito ex art. 568 c.p.c. La valutazione di «probabilità» effettuata dal giudice va intesa come «probabilità statistica»: la vendita viene disposta se uno dei comunisti o un terzo manifesta l’intenzione di acquistare al prezzo di stima (Bruschetta, La riforma del processo civile, Milano, 2005, 196).
Le linee guida del CSM, andando così in senso opposto a quello del legislatore del 2005, paiono favorire la vendita della quota indivisa rispetto al giudizio di divisione da avviare ex art. 784 c.p.c. (per una proposta di modifica dell’art. 600 c.p.c. invertendo l’ordine delle preferenze di liquidazione della quota ivi contenuto sì da prediligere proprio la vendita della quota indivisa rispetto al giudizio di divisione v. Lombardi, Profili problematici, cit. 79).
E però, come si è osservato, l’art. 600 c.p.c. pone un rilevante limite all’accesso a tale modalità di liquidazione della quota sicché la sollecitazione da rivolgersi ai comproprietari dovrebbe contenere il riferimento specifico all’entità dell’offerta.