Le conseguenze sanzionatorie previste dal novellato art. 18 l. 300/1970 nelle ipotesi di vizi afferenti i licenziamenti collettivi
di Evangelista Basile Scarica in PDFCass. civ., sezione lavoro, 29 settembre 2016, n. 19320.
Licenziamento collettivo – Violazione dei criteri di scelta – Vizi procedurali – Reintegrazione – Non sussiste.
MASSIMA
Deve essere annullata con rinvio la sentenza di merito che per l’illegittimità del licenziamento collettivo dispone la tutela reintegratoria laddove il giudice ha rilevato un difetto della comunicazione di cui all’articolo 4 comma 9, limitandosi a sindacare il profilo formale attinente il contenuto della comunicazione, qualificando il vizio come meramente procedurale e senza scendere nel merito della correttezza dei criteri di scelta applicati: ne consegue che ha quindi erroneamente applicato la tutela reintegratoria, laddove la fattispecie sanzionatoria applicabile era quella meramente indennitaria prevista dal terzo periodo del settimo comma, con rinvio al quinto comma del novellato articolo 18 della legge 300/1970.
COMMENTO
Con la pronuncia in oggetto, la Corte di Cassazione si è soffermata sulle conseguenze sanzionatorie previste dal novellato art. 18 l. 300/1970 nelle ipotesi di vizi afferenti i licenziamenti collettivi e, in particolare, sul discrimine tra la illegittimità per il mancato rispetto della forma e delle procedure previste per la comunicazione ex art. 4 co. 9 l. 223/1991 e tra la nullità derivante dalla violazione dei criteri di scelta ex art. 5 l. 223/1991. Al fine di dirimere la controversia, la Suprema Corte ha preso le mosse dal dettato normativo di cui all’art. 5 co. 3 l. 223/1991. Questa norma, successivamente alla novella ex art. 1 co. 46 l. 92/2012 (cd. «Riforma Fornero»), distingue le conseguenze in caso (i) di “violazione delle procedure richiamate all’art. 4, comma 12 [e cioè la mancata efficacia delle comunicazioni “ove siano state effettuate senza l’osservanza della forma scritta e delle procedure previste dal presente articolo”, ndr.]” dall’ipotesi (ii) di “violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1“. Nello specifico, il Legislatore ha previsto, nel primo caso, (i) l’applicazione del “regime di cui al terzo periodo del predetto art. 18, comma 7“, a norma del quale “nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma” e cioè la tutela «obbligatoria forte» “determinata tra un minimo di dodici ed un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto“, mentre, nel secondo, (ii) l’applicazione del “regime di cui al quarto comma del medesimo art. 18” e cioè la tutela «reintegratoria debole», con “reintegrazione… e… pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegrazione“, in una misura non superiore alle dodici mensilità. Ciò premesso, la Corte Territoriale aveva rilevato che il licenziamento collettivo de quo fosse intervenuto a valle di una comunicazione ex art. 4 co. 9 l. 223/2012 incompleta, in quanto – per giurisprudenza consolidata, cfr. Cass. 3 febbraio 2016 n. 2113 – la comunicazione ex art. 4 co. 9 l. 223/1991 debba indicare non solo i criteri utilizzati nella selezione dei lavoratori, ma anche “i presupposti fattuali sulla base dei quali i criteri sono stati applicati risultino ricavabili dalla comunicazione”. Difatti, nel caso di specie, nonostante l’indicazione dell’applicazione del criterio ex art. 5 co. 1 lett. b) l. 223/1991 dell’«anzianità», la comunicazione ex art. 4 co. 9 risultava “del tutto inidonea a consentire il controllo sulla corretta applicazione dei criteri di criteri, con riferimento alle esperienze lavorative pregresse dei singoli lavoratori, in quanto non riportava la data di inizio delle stesse, né la relativa durata, né il nominativo del datore di lavoro, nè la tipologia di documentazione presa in considerazione per l’attribuzione del punteggio finale che, quindi, non si comprendeva come fosse stato calcolato”. Orbene, se questo profilo determina inequivocabilmente un vizio del licenziamento, in assenza di ulteriori rilievi circa il merito dell’applicazione , la mera «incompletezza della comunicazione ex art. 4 co. 9» determina esclusivamente la “violazione delle procedure”, sanzionata ex art. 18 co. 7 l. 300/1970 con la cd. tutela «obbligatoria forte». La reintegrazione del lavoratore, viceversa, deve essere disposta esclusivamente in ipotesi di «violazione dei criteri di scelta», fattispecie che si perfeziona, ad esempio, in caso di applicazione di criteri di scelta diversi da quelli ex art. 5 l. 223/1991 o illegittimamente applicati, ovvero attuati in difformità rispetto alle previsioni legali e/o contrattuali che li prevedono.
Principali precedenti giurisprudenziali | |
Conformi
Cass. 13 giugno 2016 n. 12095 Cass. 3 febbraio 2016 n. 2113 |
Contrari |
Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”