L’azione di rescissione per lesione oltre il quarto
di Corrado De Rosa, Notaio Scarica in PDFCassazione civile sez. II, 8 settembre 2021, n. 24169 –MANNA– Presidente –TEDESCO– Relatore
Divisione ereditaria – azione di rescissione
(C.c. art. 763 ss.)
“L’istituito nella disponibile, qualora riceva beni di valore inferiore, non ha un’azione, assimilabile a quella di riduzione, per porre rimedio a tale divario. Egli si trova nella posizione dell’erede istituito in quota astratta, al quale il testatore abbia poi lasciato nella divisione beni di valore inferiore a tale quota. Ebbene a tale divario di valore fra quota e porzione non si pone rimedio con l’azione di riduzione, che compete ai soli legittimari per la reintegrazione della quota di riserva, ma, nel concorso dei presupposti previsti dall’art. 763 c.c., con l’azione di rescissione per lesione, ammessa anche nel caso di divisione del testatore”
CASO
V.G., a seguito della morte della madre D.N., ha chiamato in giudizio il padre e coniuge della de cuius V.P., il fratello V.V. e i nipoti, figli del fratello, V.P. e V.L.. L’attrice, avendo la defunta disposto dei propri beni con testamento olografo, ha chiesto accertarsi la falsità di tale testamento o disporsene l’annullamento per incapacità naturale della testatrice. In subordine ha chiesto disporsi la riduzione delle disposizioni testamentarie perché lesive della sua quota di riserva. Il coniuge della testatrice, denunciando di essere stato pretermesso con il testamento, ha chiesto di essere reintegrato nei propri diritti di legittimario. Il tribunale ha rigettato tutte le domande. La Corte d’appello, sulla stella linea dei giudici di primo grado, ha rigettato in toto l’appello principale proposto da V.G. per le seguenti considerazioni: i) il testamento della de cuius era autentico; ii) non c’erano prove dell’incapacità della testatrice; iii) la stima dei beni relitti e donati non faceva emergere la sussistenza di una lesione di legittima in danno di V.G., essendo quindi infondata la domanda di riduzione da questa proposta. A contrario, i giudici di secondo grado hanno accolto l’appello incidentale proposto da V.V., nella parte in cui quest’ultimo aveva lamentato il rigetto della domanda di riduzione proposta dal padre V.P. domanda che egli aveva coltivato dopo la morte del genitore. Per la cassazione della sentenza V.G. ha proposto ricorso. V.P., V.L. e R.O., i primi due in proprio e quali eredi di V.V., la R. solo quale erede del medesimo V.V., hanno resistito.
SOLUZIONE
La ricorrente con il quarto motivo ha proposto due diverse censure. La prima si riferisce all’accoglimento della domanda di riduzione delle disposizioni testamentarie già proposta da V.P. (coniuge della de cuius), che la corte d’appello ha ritenuto proseguita dagli eredi con l’appello incidentale. La seconda al rigetto della propria domanda di riduzione. Con la prima doglianza sostiene che la corte di merito avrebbe pronunciato ultra petita, perché, con l’appello incidentale, non fu proposta una domanda di riduzione, ma di petizione ereditaria, come risulta dal tenore delle conclusioni: “dichiarare che V.P. marito della de cuius ha diritto come legittimatio pretermesso ad un quarto del patrimonio“. Secondo la Corte di Cassazione, la censura è manifestamente infondata. Infatti, il coniuge, in quanto escluso dal testamento, non era né erede, né chiamato all’eredità della moglie, pertanto, avrebbe potuto acquistare i suoi diritti solo dopo lo esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. Dunque, la rivendicazione del quarto di patrimonio, pari alla quota di riserva, costituisce domanda che il coniuge o, nel caso di specie, il figlio di lui, subentrato nella titolarità dell’azione di riduzione, proponeva nella qualità di legittimario preterito conteneva, in sé, l’esercizio dell’azione di riduzione nei confronti degli eredi testamentari e non una petitio bereditatis. Con l’accoglimento del terzo motivo la Corte di Cassazione dichiara l’assorbimento del quinto motivo, inteso a censurare la decisione per avere la corte di merito accolto la domanda di riduzione proposta dal coniuge del defunto e proseguita da uno degli eredi di lui. L’unico motivo del ricorso incidentale denuncia violazione degli artt. 587,1362 e 542 c.c. Infatti, la censura dei resistenti evidenzia che ai nipoti la testatrice ha lasciato la quota disponibile, pari a un quarto della massa, mentre i beni loro attribuiti in concreto con il testamento erano di valore inferiore. Pertanto, la corte d’appello, una volta operata la riduzione a favore del coniuge in danno dei due figli, avrebbe dovuto ulteriormente diminuire le porzioni dei figli per consentire di eguagliare quanto lasciato dalla testatrice ai nipoti. Sul punto la Cassazione afferma che nell’ipotesi divario di valore fra quota e porzione non si pone rimedio con l’azione di riduzione ma nel concorso dei presupposti previsti dall’art. 763 c.c., con l’azione di rescissione per lesione, ammessa ai sensi del 2 comma dell’articolo, anche nel caso di divisione del testatore.
QUESTIONI
La sentenza in commento permette di muovere alcune considerazioni in ordine all’azione di rescissione per lesione ex art. 763 c.c. e evidenziare le differenze tra l’azione in commento e gli altri rimedi previsti dalla legge. Seguendo la sentenza in commento, la Corte di Cassazione, in ordine alla posizione del coniuge del de cuius pretermesso, aderisce alla tesi per cui “colui che agisce in giudizio per il riconoscimento del diritto a conseguire la quota di riserva, che assume lesa da una donazione fatta dal de cuius, esperisce un’azione di riduzione, di natura personale e quindi soggetta al termine ordinario di prescrizione, decorrente dal momento dell’apertura della successione, e non una petitio bereditatis, poiché il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo lo esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il riconoscimento dei suoi diritti da parte dell’istituito” (Cass. n. 5731/1988; Cass. n. 368/2010; Cass. n. 25441/2017). In altri termini, i giudici di legittimità individuano per il legittimario pretermesso – le medesime considerazioni valgono per il legittimario leso- il rimedio dell’azione di riduzione volta a far conseguire allo stesso una quota di eredità corrispondente alla sua riserva o un’integrazione della quota di eredità già attribuitagli. In ordine all’azione di riduzione è utile ricordare che per esperire l’azione non si richiedono formule sacramentali (Cass. n. 17926/2020). È chiaro che il rimedio dell’azione di riduzione non può essere adatto in ordine ai nipoti della testatrice, che non erano stati in alcun modo lesi nella loro quota di riserva. Invero, nel caso di specie, la testatrice aveva lasciato ai nipoti la quota disponibile, pari a un quarto della massa, mentre i beni loro attribuiti in concreto con il testamento erano di valore inferiore. In altre parole, i nipoti, istituiti nella disponibile, si trovavano nella posizione dell’erede “istituito in quota astratta”, al quale il testatore abbia poi lasciato nella divisione beni di valore inferiore a tale quota. Per rimediare a tale discrepanza di valore non è possibile esperire l’azione di riduzione, in quanto compete ai soli legittimari per la reintegrazione della quota di riserva. Il rimedio in questo caso si rintraccia nell’azione di rescissione ex art. 763, 2 comma, c.c. – che tuttavia non è stata proposta dai nipoti-. La legge prevede, in presenza di una lesione oltre il quarto, all’art. 763 c.c. la rescindibilità del contratto di divisione qualora taluno dei condividenti dimostri di essere stato leso oltre il quarto e quindi dimostri, cioè, di aver conseguito beni di valore inferiore di almeno un quarto rispetto al valore della quota spettante. La norma consente che l’azione di rescissione possa essere esercitata anche in caso di divisione fatta dal testatore, ma qualora il testatore abbia stabilito la quota di ciascun erede (G. Capozzi, Successioni e donazioni, Giuffrè, p. 1438). In altri termini, per proporre l’azione di rescissione per lesione è necessario che il testatore abbia stabilito la quota di ciascun erede, in modo che sia possibile il raffronto tra il valore dei beni concretamente attribuiti agli eredi e l’entità delle quote ad essi astrattamente attribuite dal testatore. Tale caratteristica rende evidente che il rimedio dell’azione di rescissione non è azionabile in caso di institutio ex re certa. Infatti, nell’institutio ex re certa il testatore ai sensi dell’art. 588, 2 comma, c.c. attribuisce direttamente i beni ereditari in modo che l’entità delle rispettive quote ereditarie può dedursi solo ex post dal valore dei beni compresi nelle singole porzioni (G. Capozzi, Successioni e donazioni, Giuffrè, p. 1438). Inoltre, per l’azione ex art. 763 c.c. è necessario tener presente che “ai fini dell’attuazione delle disposizioni testamentarie, occorre far riferimento alla situazione patrimoniale esistente al momento dell’apertura della successione, ben potendo il testatore disporre anche di beni che non gli appartengono al momento della redazione del testamento ma rientranti nel suo patrimonio al momento della sua morte” (Cass. n. 6449/2008). La lesione oltre il quarto, in ogni caso, deve sussistere ed essersi verificata al momento della divisione, cioè nel momento dell’attribuzione delle porzioni ai singoli condividenti e l’impugnazione deve avere ad oggetto il primo atto con cui si realizzi una divisione definitiva, indipendentemente da successive formalizzazioni. Qualora, quindi, i coeredi effettuino una divisione con scrittura privata, l’azione deve essere esercitata nel termine di cui all’art. 763, ultimo comma, c.c. pur quando la stessa necessiti di un’ulteriore formalizzazione in atto pubblico. Infatti, la giurisprudenza di legittimità ha ricordato che “deve considerarsi definitiva la divisione – cioè l’attribuzione delle quote, con conseguente rilevanza in tale sede della lesione – effettuata con scrittura privata, pur quando la stessa necessiti di un’ulteriore formalizzazione in atto pubblico, in funzione della trascrizione e delle volture catastali. In tal caso è inammissibile l’azione di rescissione per lesione, ex art. 763 c.c., proposta non contro la scrittura privata, cioè contro l’atto di divisione, ma contro il successivo atto di formalizzazione della stessa, poiché la denuncia di lesione oltre il quarto deve avere come necessario oggetto l’atto di divisione che attribuisce in modo definitivo le quote a ciascun condividente e non già l’atto di regolarizzazione della già avvenuta divisione” (Cass. n. 4635/2001). Il termine per la proposizione dell’azione è quello biennale che, secondo la giurisprudenza, ha natura sostanziale, dato che il suo decorso estingue il relativo diritto (Cass. n. 1927/1991). L’azione di rescissione deve essere proposta dal soggetto leso nei confronti di tutti i condividenti, da considerarsi litisconsorti necessari. Tali considerazioni rendono chiaro come l’azione in questione diverga dall’azione generale di rescissione di cui agli artt. 1448 c.c., sia per quanto riguarda i presupposti, sia per quanto riguarda il termine di prescrizione. Infatti, in primo luogo, l’art. 1448 c.c. richiede una lesione tra le prestazioni oggetto di contratto, dipesa dallo stato di bisogno di una parte e di cui l’altra parte abbia approfittato per trarne vantaggio. In secondo luogo, l’azione generale di rescissione per lesione si prescrive nel termine di un anno dalla conclusione del contratto, salvo che il fatto costituisca reato, applicandosi in tal caso la più lunga prescrizione prevista per il reato stesso.
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