L’avvenuta iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese ne preclude l’impugnabilità
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., Sez. I, sentenza 28 febbraio 2020, n. 5602.
Parole chiave: Società – Società di capitali – Fusione – Iscrizione – Validità – Opposizione
Massima: “In tema di fusione tra società, la preclusione alla declaratoria di invalidità dell’atto di fusione, sancita dall’art. 2504 quater c.c. per effetto della sua iscrizione nel registro delle imprese, tutela l’affidamento dei terzi e la certezza dei traffici, sicché, quando l’iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese sia avvenuta in base ad una sequenza procedimentale priva di riconoscibili anomalie esteriori, l’inesistenza giuridica di una delle delibere assembleari propedeutiche alla fusione, non determina l’inesistenza anche dell’atto di fusione ormai iscritto, restando esclusa l’impugnabilità di quest’ultimo”.
Disposizioni applicate: artt. 2503 comma 2, 2504 ss. c.c..
Il caso in analisi origina da un’opposizione ex art. 2503 comma 2 c.c. depositata da alcune pubbliche amministrazioni (nella specie dal Ministero dell’Ambiente, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri) contro la fusione della società Alfa S.p.A. in una società di diritto straniero attraverso una complessa operazione di fusione transfrontaliera.
Le amministrazioni agiscono infatti in qualità di creditori di Alfa, temendo che all’esito della suddetta operazione non sarebbe più stato possibile rivalersi sul patrimonio della nuova persona giuridica a causa dell’applicazione di norme di diritto straniero che avrebbero consentito al nuovo ente di eludere le richieste delle amministrazioni pubbliche. Alfa, infatti, avrebbe dovuto versare alle casse dello Stato un’ingente somma a causa di un grave disastro ambientale cagionato in diversi stabilimenti dislocati sul territorio nazionale – somma che, si sottolinea, tuttavia non era però ancora certa nell’an e nel quantum. Pertanto, con la suddetta opposizione i citati Ministeri e la Presidenza del Consiglio hanno chiesto, in via principale, che venisse dichiarata invalida ed inefficace la delibera dell’assemblea straordinaria di Alfa, nonché, in via subordinata, il risarcimento dei danni causati dalla fusione.
Infatti, l’opposizione ex art. 2503, comma 2, c.c. è uno strumento preventivo concesso ai creditori sociali per impedire che essi possano ricevere dalla fusione un pregiudizio alla loro aspettativa di soddisfazione del credito.
Nelle more del giudizio di primo grado, per mezzo di un’istanza cautelare avanzata da Alfa ex art. 2445, comma 4, e art. 2503, comma 2 c.c., il Tribunale ha tuttavia permesso la prosecuzione e la conclusione della fusione transfrontaliera opposta, dalla quale è nata la società di diritto straniero Beta PLC. Tale fusione è stata perciò iscritta nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 2504 c.c..
Alla luce dell’avvenuta iscrizione dell’atto di fusione, il Tribunale (con pronuncia confermata dalla Corte d’Appello di Milano) ha successivamente rigettato le domande delle amministrazioni attrici in considerazione degli effetti preclusivi di cui all’art. 2504 quater c.c..
L’art. 2504 quater c.c., stabilisce infatti che, una volta eseguite le iscrizioni dell’atto di fusione presso il registro delle imprese, l’invalidità dell’atto di fusione non può essere più pronunciata, salvo il risarcimento del danno.
Sul punto, la Cassazione, rifacendosi a propri orientamenti (v. in particolare Cass. 28245/2005) rileva (i) che l’art. 2504 quater c.c. effettivamente preclude la declaratoria di invalidità dell’atto di fusione di una società una volta eseguita l’iscrizione dello stesso, e (ii) che tale preclusione ha carattere assoluto, riguardando tanto il caso in cui si deducano vizi inerenti direttamente all’atto di fusione, quanto l’ipotesi in cui i vizi concernano il procedimento di formazione dell’atto e della sua iscrizione. La Cassazione inoltre precisa che tale preclusione resta ferma anche qualora l’impugnativa sia finalizzata a garantire l’effettività di una futura ed ipotetica azione di risarcimento del danno nei confronti di amministratori o di terzi.
Ciò significa che il nostro ordinamento, con la disposizione in esame, dà maggiore importanza alla tutela del pubblico affidamento facendo venire meno la tutela reale domandata dalle amministrazioni nel presente caso, specie nell’ipotesi in cui (come accaduto nel caso in esame) l’iscrizione dell’atto di fusione nel registro delle imprese sia avvenuta in base ad una sequenza procedimentale priva di riconoscibili anomalie esteriori (sul punto, v. anche Cass. 8864/2012). L’onere informativo, ai sensi dell’art. 2501 ter, comma 3, c.c. e artt. 6 e 7 D.Lgs. 108/2008, risulta quindi essere stato assolto dalla società convenuta.
Peraltro, la Cassazione ha rilevato che le pubbliche amministrazioni attrici non hanno saputo dimostrare quale fosse il concreto pregiudizio derivante da una fusione transfrontaliera, posto che non hanno indicato in concreto da quali norme straniere (peraltro conoscibili dalle amministrazioni) sarebbero messe in pericolo le rispettive ragioni di credito, anche perché la Suprema Corte ha accertato coma la fusione de qua fosse disciplinata non già da leggi straniere ma dal D.Lgs. n. 108/2008 in materia di fusioni transfrontaliere delle società di capitali.
Infine, in punto di domanda risarcitoria, la Cassazione, convalidando quanto deciso dai giudici di merito, respinge le domande delle parti attrici per carenza della prova circa la sussistenza, anche in astratto, di un danno da fusione ricollegabile all’operazione dedotta in giudizio, sia perché le pubbliche amministrazioni hanno allegato un generico timore in ordine al fatto che la normativa straniera applicabile potrebbe non rispettare le ragioni dei creditori, ma soprattutto per la mancata quantificazione del danno – oggetto di altri giudizi pendenti tra le stesse parti.