Lavoro pubblico: il danno da demansionamento
di Evangelista Basile Scarica in PDFCassazione Civile, Sezione Lavoro, 26 gennaio 2017, n. 2011
Pubblico impiego – attribuzione di mansioni equivalenti – contrattazione collettiva – demansionamento – professionalità acquisita – rilevanza – non sussiste
MASSIMA
Deve ritenersi condizione necessaria e sufficiente affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è la mera previsione in tal senso da parte della contrattazione collettiva, indipendentemente dalla professionalità acquisita, evidentemente ritenendosi che il riferimento all’aspetto, necessariamente soggettivo, di professionalità acquisita, mal si concili con le esigenze di certezza, di corrispondenza tra mansioni e posto in organico, alla stregua dello schematismo che ancora connota e caratterizza il rapporto di lavoro pubblico.
COMMENTO
La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, si pronuncia in merito alla sussistenza di un danno da demansionamento paventato da un dipendente comunale. La Corte d’appello, confermando la decisione del Giudice di primo grado, ha ritenuto che il dipendente non avesse subito alcun danno da asserito demansionamento posto che dalla variazione di settore di appartenenza non era derivato alcuna riduzione né dello stipendio né del ruolo apicale dalla stessa ricoperto. Avverso tale decisione il lavoratore ha promosso ricorso per Cassazione affidato a un motivo avente ad oggetto la violazione e vizio di motivazione dell’art. 2103 c.c., avendo i Giudici di merito omessi di compiere il raffronto richiesto tra vecchie e nuove mansioni da cui sarebbe senz’altro emerso il demansionamento. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondata tale doglianza.
A tal riguardo la Corte di legittimità ha in primo luogo precisato che nonostante il lavoro pubblico soggiace alle regole privatistiche, il datore di lavoro pubblico è tenuto comunque a organizzare la propria attività in conformità ai principi pubblicistici. In relazione all’aspetto delle mansioni, la Suprema Corte ha precisato che è ormai orientamento consolidato quello secondo cui ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001 l’equivalenza delle mansioni vada valutata in senso formale. In altre parole, affinché le mansioni possano essere considerate equivalenti è sufficiente che la contrattazione collettiva le qualifichi in tal senso, indipendentemente dalla professionalità specifica del lavoratore pubblico. Corollario di tale principio di diritto è che non potrà ravvisarsi alcuna violazione del citato art. 52 – e, quindi, alcun danno da demansionamento – qualora le nuove mansioni assegnate al lavoratore rientrino nella medesima area professionale prevista dal CCNL di settore applicato e tale assegnazione sarà insindacabile dal Giudice. Questione diversa, invece, è quella relativa non ad una modifica di settore lavorativo bensì ad un sostanziale svuotamento dell’attività lavorativa del dipendente pubblico. Simili episodi non rientrano nel campo di applicazione dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001 e pertanto rimangono vietate anche nel settore pubblico. Sulla scorta di tali argomentazioni la Suprema Corte ha confermato che il nuovo settore lavorativo del dipendente non appartenesse ad una diversa e inferiore area professionale e, di conseguenza, non vi è stato alcun demansionamento.
Articolo tratto dalla Rivista Euroconference “IL GIURISTA DEL LAVORO”