30 Aprile 2024

L’autonomia del procedimento di opposizione al decreto ingiuntivo emesso, ai sensi dell’art. 614 c.p.c., per le spese di esecuzione degli obblighi di fare 

di Stefania Volonterio, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sez. III, ord. 10 aprile 2024, n. 9680, Pres. Di Stefano, Est. Tatangelo

Esecuzione forzata – esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare – liquidazione delle spese di esecuzione – opposizione a decreto ingiuntivo – competenza (Cod. Proc. Civ. Artt. 614, 617, 645) 

[I ] “Poiché l’art. 614 c.p.c. prevede la competenza funzionale ed inderogabile del giudice dell’esecuzione, in quanto tale, ad emettere il decreto d’ingiunzione per la liquidazione delle spese del processo esecutivo per obblighi di fare, la relativa istanza può essere proposta allo stesso giudice dell’esecuzione, con ricorso a lui diretto e depositato nell’ambito del fascicolo dell’esecuzione già formato, senza necessità di alcuna ulteriore iscrizione a ruolo

[II] “Al contrario, l’opposizione al suddetto decreto ingiuntivo emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 614 c.p.c., per la quale tale ultima disposizione non prevede alcuna competenza funzionale e inderogabile del giudice dell’esecuzione in quanto tale è regolata dalle disposizioni generali dettate per il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo e, di conseguenza, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., il giudizio di opposizione rientra nella competenza funzionale dell’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione stesso, indifferentemente inteso, non ravvisandosi tra i giudici dello steso ufficio giudiziario (tranne il solo caso di alcune sezioni specializzate) alcuna questione di competenza; pertanto, il relativo atto introduttivo va iscritto nel ruolo generale degli affari contenziosi di tale ufficio ed il procedimento va assegnato in base ai criteri stabiliti dalle tabelle di ripartizione degli affari previste dall’art. 7 bis del r.d. n. 12 del 1941, che legittimamente possono prevedere anche la designazione, peraltro senza diretta rilevanza per la validità degli atti del procedimento, di un magistrato incaricato delle funzioni di giudice dell’esecuzione o, perfino, dallo stesso giudice che ha emesso il decreto opposto”.    

CASO

Concluso un procedimento esecutivo avente ad oggetto obblighi di fare, il creditore procedente chiede ed ottiene dal giudice dell’esecuzione il decreto ingiuntivo di cui all’art. 614 c.p.c. per la rifusione delle spese sostenute per l’esecuzione.

Il debitore esecutato oppone il decreto ingiuntivo e il tribunale, in accoglimento, revoca il decreto.

Il creditore procedente impugna allora la decisione in appello ove, in riforma della sentenza di primo grado, l’opposizione a decreto ingiuntivo a suo tempo promossa dal debitore esecutato viene dichiarata improcedibile per la sua rilevata tardiva iscrizione a ruolo.

La sentenza d’appello viene impugnata per cassazione, lamentando il ricorrente l’errore nel quale sarebbe incorso il giudice di appello nel non aver rilevato il tempestivo depositato dell’opposizione nel fascicolo dell’esecuzione forzata e, quindi, sostiene sempre il ricorrente, dinanzi al giudice funzionalmente e inderogabilmente competente anche per tale fase del giudizio. Il ricorso viene però respinto.

SOLUZIONE

La Suprema Corte premette, innanzitutto, che vi è competenza funzionale e inderogabile del giudice dell’esecuzione alla pronuncia del decreto ingiuntivo di cui all’art. 614 c.p.c., trattandosi di “un decreto di ingiunzione con particolare oggetto, cioè la liquidazione delle spese del processo esecutivo per l’esecuzione di obblighi di fare” e valendo il principio in base al quale “la competenza a liquidare le spese di qualunque processo, in base ai principi generali, spetta, di regola e in via esclusiva, al giudice davanti al quale il processo si è svolto, si esso un processo di cognizione, sia esso un processo di esecuzione”.

L’istanza per detta ingiunzione deve quindi essere proposta, giusta anche la chiara previsione sul punto dello stesso art. 614 c.p.c., al giudice dell’esecuzione e, precisa la Corte, senza che ciò renda necessaria un’apposita iscrizione a ruolo del procedimento cui essa dà vita, potendo “essere proposta allo stesso giudice dell’esecuzione con ricorso a lui diretto e depositato nel fascicolo dell’esecuzione già formato, senza necessità di alcuna iscrizione a ruolo” trattandosi, come detto sopra, di un decreto che ha per oggetto la liquidazione delle spese relative proprio a quel processo esecutivo.

Tuttavia, prosegue la Corte, se a queste conclusioni può giungersi sulla base del chiaro disposto dell’art. 614 c.p.c., “nulla prevede, invece, tale disposizione, in ordine all’opposizione al decreto di ingiunzione emesso dal giudice dell’esecuzione”, sicché si deve concludere, peraltro sulla base di consolidati precedenti giurisprudenziali, che a una tale opposizione “si applicano le disposizioni ordinarie (artt. 633 e ss. c.p.c.).

Da ciò la Suprema Corte fa innanzitutto derivare che, allora, quella “a decidere in ordine all’opposizione al decreto di ingiunzione emesso dal giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 614 c.p.c. non è una ‘competenza funzionale’ del giudice dell’esecuzione in quanto tale”, dovendosi invece seguire le regole di competenza previste dall’art. 645 c.p.c., che individua “l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto”.

Dell’opposizione dovrà quindi essere investito un giudice facente parte del medesimo ”ufficio giudiziario” che ha emesso il decreto opposto: che, poi, questo ‘giudice’ (a questo punto intenso come persona fisica, non come “ufficio giudiziario”) sia in esito lo stesso giudice dell’esecuzione o un altro giudice facente parte del medesimo ‘ufficio giudiziario’ dipenderà solo dai criteri di attribuzione tabellare interna all’ufficio, non essendovi alcun vincolo impeditivo a che l’opposizione venga ad essere attribuita a colui che è stato anche giudice dell’esecuzione, “visto che non opera, quanto alla opposizione a decreto ingiuntivo, ed in ragione della sua struttura di ordinario giudizio bifasico ad ambito differenziato di cognizione ed a contraddittorio differito ed eventuale, il criterio della prevenzione idoneo a postulare l’esigenza di una alterità soggettiva tra il giudicante che ha pronunciato il decreto monitorio e quello investito della successiva fase di opposizione”.

Infine, la Suprema Corte conferma la correttezza della declaratoria di improseguibilità pronunciata dal giudice d’appello in relazione all’originaria opposizione a decreto ingiuntivo.

Ed infatti, precisa la Corte, “correttamente il giudice dell’esecuzione, ritenuto di non poter procedere alla trattazione del giudizio contenzioso di opposizione, in mancanza della sua iscrizione nel ruolo generale degli affari contenziosi, ha disposto che gli opponenti vi provvedessero”, incombente al quale questi ultimi, invece di provvedere “immediatamente”, hanno provveduto mediante “una riassunzione del giudizio stesso, ai sensi dell’art. 50 c.p.c.”, cosicché essi hanno, di fatto, “radicalmente omesso di provvedere tempestivamente alla stessa iscrizione nel ruolo degli affari contenziosi del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo da loro instaurato con la notificazione dell’atto di opposizione, il che … certamente implica l’omessa costituzione degli opponenti”.

Correttamente, dunque, “la corte d’appello ha rilevato che, in mancanza di tempestiva iscrizione della causa nel ruolo degli affari contenziosi, oltre a non essere possibile la trattazione del giudizio in tale sede, non era neanche possibile alcuna riassunzione del medesimo, tanto meno ai sensi dell’art. 50 c.p.c. … né sarebbe possibile attribuire alla costituzione degli opposti alcun rilievo sanante”.   

QUESTIONI

Come noto, l’art. 614 c.p.c. prevede una speciale ipotesi di procedimento ingiuntivo per il creditore procedente che, all’esito di una esecuzione nelle forme di cui agli artt. 612 ss. c.p.c., abbia perciò anticipato spese e costi.

Secondo detta norma, pertanto, al termine dell’esecuzione o già nel corso di essa, il creditore può ottenere un provvedimento monitorio per la liquidazione delle spese sostenute per l’attuazione coattiva sulla base di una “nota spese” vistata dall’ufficiale giudiziario, nota che, integrando prova scritta dotata di efficacia privilegiata, legittima il decreto provvisoriamente esecutivo, previa valutazione da parte del giudice dell’esecuzione della congruità delle stesse spese esposte e della loro riferibilità oggettiva al titolo a suo tempo azionato.

Ora, come già chiaramente emerge dalla norma de qua, e del resto ribadito dalla Suprema Corte anche nella pronuncia in commento, vi è una competenza funzionale e inderogabile del giudice dell’esecuzione all’emissione di tale decreto ingiuntivo.

La norma prevede inoltre esplicitamente che il giudice proceda ad una valutazione delle “spese denunciate”, che, dice sempre la norma, deve “riconosce[re] giustificate”. Si tratterà quindi di una valutazione di congruità, soprattutto rispetto a ciò che è o è stato oggetto dell’esecuzione sicchè, ad esempio, potranno non essere riconosciute spese per attività esecutive non rientranti tra quelle programmate e progettate per la specifica esecuzione sulla base del titolo.

In ogni caso, il debitore esecutato, soggetto passivo dell’ingiunzione, potrà contestare la liquidazione trasfusa nell’ingiunzione opponendo il decreto ingiuntivo stesso, tenendo però in considerazione che l’opposizione al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell’art. 614 c.p.c. può solo concernere la congruità delle spese liquidate dal giudice dell’esecuzione e il loro ammontare sotto il profilo dell’eccessività rispetto alle opere eseguite coattivamente, mentre laddove si contesti … la esorbitanza delle spesse opere (e dei compensi liquidati dall’ausiliario) rispetto al quod exequatur sit, per come emergente dal titolo, l’esecutato può solo dolersi mediante le opposizioni esecutive, ex artt. 615 o 617 c.p.c., a seconda del profilo che venga concretamente in rilievo” (Cass. 12466/2023).

Il debitore dovrà quindi prestare attenzione allo strumento di contestazione che intenderà utilizzare, anche considerando i diversi termini entro i quali tali strumenti (opposizione all’esecuzione, opposizione agli atti esecutivi, opposizione a decreto ingiuntivo) dovranno essere azionati, nonché al loro diverso perimetro oggettivo: “le contestazioni sull’an exequatur (in tutto o in parte) o sul quomodo dell’azione esecutiva devono necessariamente essere proposte entro il momento finale del procedimento, segnato dall’ultimazione dei lavori occorrenti, come contemplati nell’ordinanza resa dal g.e. ex art. 612 c.p.c., e risultanti dal verbale delle operazioni compiute, redatto dall’ufficiale giudiziario, sempre che questo non sia autonomamente opposto, per vizi propri, ai sensi dell’art. 617 c.p.c.”, anche perché “l’opposizione ex art. 645 c.p.c. … ha un perimetro ben delineato, non potendosi con essa surrogarsi l’inerzia mostrata dall’esecutato allorché l’azione ha assunto una direzione oggettiva non consentita dal titolo” (Cass. 12466/2023).

Diversa ancora, poi, è l’ipotesi della liquidazione delle spese sostenute per un procedimento esecutivo del quale viene dichiarata l’estinzione, poiché, “non trattandosi dell’impugnativa di un’ingiunzione di pagamento, richiesta ai sensi del combinato disposto degli artt. 614 e 642 cod. proc. civ., bensì della contestazione di un provvedimento accessorio a quello di estinzione … va proposta con l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ.” (Cass. 14604/2020).

E si consideri che un’eventuale erronea scelta tra le opposizione esecutive e l’opposizione a decreto ingiuntivo non sarà rimediabile, dovendo “escludersi l’astratta possibilità di prospettare una riqualificazione dell’opposizione ex art. 645 c.p.c. in opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.”, poiché “una simile riqualificazione … implicherebbe necessariamente una lettura della reazione processuale dell’esecutato che questi ha inteso inequivocabilmente rivolgere contro in decreto stesso”, determinando una inammissibile “forzatura ermeneutica dell’atto” (sempre Cass. 12466/2023), con la conseguenza che il decreto ingiuntivo, erroneamente impugnato, potrebbe divenire definitivo siccome non opposto.

Si tratta quindi di individuare il giusto mezzo e di esercitarlo tempestivamente, risultando a tal fine utile evidenziare che anche “al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal g.e. ai sensi dell’art. 614 c.p.c. – in quanto caratterizzato dall’esigenza di consentire al procedente di recuperare gli esborsi sostenuti per l’esecuzione forzata – è applicabile la … esenzione dalla sospensione feriale dei termini” (Cass. 12466/2023).

La Suprema Corte, nel caso analizzato, è stata poi chiamata a confermare che l’opposizione al decreto ingiuntivo ex art. 614 c.p.c. ha anche proprie ed autonome modalità propositive, che vengono a sganciarsi dalla detta particolare previsione, sicché, come chiarito, l’opposizione de qua dovrà dare vita ad un procedimento autonomo, con apposita iscrizione a ruolo nel rispetto dei termini previsto per un’ordinaria opposizione a decreto ingiuntivo.

Infine, come dimostra la medesima pronuncia analizzata, un’erronea scelta del mezzo o un suo erroneo o intempestivo utilizzo, può essere rilevato anche in appello e senza necessità di eccezione di parte: “compete infatti al giudice adito con l’opposizione a decreto ex art. 614 cod. proc. civ., anche in grado di appello, la verifica circa la legittima praticabilità del rimedio esperito, cioè il controllo sull’ammissibilità dell’opposizione per tutte le sue possibili declinazioni, ivi compresa la deduzione di censure rientranti nel perimetro di quelle consentite dalla legge … senza necessità di sollecitazione dei litiganti” (Cass. 36256/2023). 

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