L’ammissibilità del regolamento di competenza avverso i provvedimenti declinatori del potere giurisdizionale in favore degli arbitri
di Virginia Petrella Scarica in PDFCass., sez. I, 30 settembre 2015, n. 19546 (ord.)
Pres. Dogliotti – Rel. Ragonesi
Impugnazioni civili – Regolamento di competenza–Impugnabilità dei provvedimenti del giudice statale declinatori della competenza in favore degli arbitri – Questione di competenza ai sensi dell’art. 819 ter – Regolamento di competenza – Ammissibilità
(Cod. proc. civ., artt. 42, 819 ter)
Impugnazione della delibera di approvazione del bilancio – Compromettibilità della controversia – Esclusione
(Cod. proc. civ., art. 806)
[1] Avverso il provvedimento declinatorio della competenza emesso dal Tribunale di prime cure in favore degli arbitri, può essere validamente proposto il ricorso per regolamento di competenza, in quanto tutte le questioni relative alla disciplina del rapporto tra arbitri e giudice sono definite dal legislatore, al novellato art. 819 ter c.p.c., quali questioni di competenza.
[2] La competenza a decidere in materia di invalidità della delibera assembleare di approvazione del bilancio spetta al giudice statale e non agli arbitri, poiché la relativa normativa statale e statutaria è posta a tutela anche di principi di ordine pubblico economico e non soltanto dei diritti soggettivi dei soci.
CASO
[1] La pronuncia origina da un contenzioso promosso da soci di una società a responsabilità limitata per accertare la illegittimità, inesistenza, nullità ed annullabilità di alcune deliberazioni societarie aventi ad oggetto affidamenti bancari della società e ripartizione delle relative garanzie, esame del bilancio di esercizio ed esclusione di uno dei soci attori.
Nel corso del giudizio di primo grado, su eccezione della società convenuta, il tribunale investito del merito si era dichiarato incompetente in favore degli arbitri, ritenendo comunque compresa la suddetta complessa materia del contendere nella competenza arbitrale, per come determinata dalla clausola compromissoria contenuta nello statuto societario.
[2] I soci attori proponevano regolamento di competenza deducendo, tra gli altri motivi, la violazione delle norme di legge oltre che delle norme statutarie, per la natura non disponibile dei diritti dedotti in causa.
Le violazioni addebitate alla società convenuta, infatti, erano passibili, nella ricostruzione dei ricorrenti, di nullità insanabile per violazione di norme poste a tutela delle posizioni giuridiche trascendenti la disponibilità delle parti e coinvolgenti interessi di ordine pubblico economico di terzi o dell’intera collettività. La società resistente deduceva, tra l’altro, nel merito, l’operatività, anche in tale vicenda, della clausola compromissoria statutaria e,in ordine alla proposizione del ricorso, la sua inammissibilità avverso il provvedimento declinatorio del potere di iuris dicere in favore degli arbitri.
SOLUZIONE
[1] La Corte è stata chiamata, tra l’altro, a valutare l’ammissibilità del rimedio esperito, su eccezione della società resistente, la quale ha sostenuto che avverso il provvedimento declinatorio del potere di decidere in favore degli arbitri non potesse validamente proporsi il regolamento di competenza.
La Corte si esprime favorevolmente all’ammissibilità del regolamento di competenza, ritenendo che la questione della definizione dei confini tra il potere di jus dicere degli organi giurisdizionali statali e quello degli arbitri rientri a pieno titolo nelle questioni di “competenza”. Ciò deve ritenersi ormai incontestabile, nella ricostruzione della Corte, anche in ragione del tenore letterale dell’art. 819 ter c.p.c. che si esprime in termini di “competenza”.
QUESTIONI
[1]La pronuncia risolve positivamente la questione dell’ammissibilità del ricorso per regolamento di competenza avverso un provvedimento declinatorio della competenza del tribunale in favore degli arbitri. Fonda la propria decisione sull’art. 819 ter c.p.c., introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, il quale, al primo comma, secondo periodo, dispone che «La sentenza, con la quale il giudice afferma o nega la propria competenza in relazione a una controversia d’arbitrato, è impugnabile a norma degli articoli 42 e 43».
E d’altro canto, la pronuncia richiama il recente ma consolidato indirizzo che, traendo spunto, tra l’altro, anche dal nuovo art. 819 ter c.p.c., configura come questione di giurisdizione l’eccezione di arbitrato estero, con relativa applicabilità dell’art. 41 c.p.c. (cfr. Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24153, e più di recente, Cass., sez. un., 26 maggio 2015, n. 10800).
Deve segnalarsi che, prima del nuovo art. 819 ter c.p.c. (d.lgs. n. 40/2006), i rapporti tra potere decisorio degli organi giurisdizionali statali e potere decisorio degli arbitri erano stati risolti in modo non univoco.
In particolare, mentre la più risalente giurisprudenza classificava l’eccezione “di compromesso” come eccezione di competenza, a partire dalla nota Cass., sez. un., 3 agosto 2000, n. 527, la questione è stata viceversa ricondotta al “merito”.
Con l’art. 819 ter c.p.c. si è compiuta una sorta di ritorno all’antico. Tuttavia, Cass., sez. un., 6 settembre 2010, n. 19047, ne ha escluso la natura di norma di interpretazione autentica.
Circostanza, quest’ultima, che ha lasciato aperto il problema del regime intertemporale dell’art. 819 ter c.p.c., dando luogo a contrasti interpretativi. Infatti, ai sensi dell’art. 27 d.lgs. n. 40/2006 la disposizione si applica ai procedimenti arbitrali nei quali le domande sono state proposte dopo l’entrata in vigore del decreto (2 marzo 2006). Secondo Cass., sez. un., n. 19047/2010 cit. deve applicarsi testualmente la disciplina dell’art. 27 cit., sicché, solo qualora non sia stato instaurato nessun giudizio arbitrale, né prima né dopo il 2 marzo 2006, si potrebbe ricorrere ai principi della perpetuatio iurisdictionis e del tempus regit actum, con applicazione della nuova disciplina ai giudizi dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria instaurati dopo l’entrata in vigore del decreto (cfr. Cass., 21 maggio 2015, n. 10506).
[2] Degna di nota è poi la motivazione posta a sostegno dell’esclusione della competenza arbitrale nel caso di specie.
In particolare, la Corte, ancora una volta richiamando il prevalente indirizzo in materia, ritiene che le regole societarie poste a tutela della collettività, quali sono quelle strumentali a consentire il controllo sociale, garantito dai principi di chiarezza, trasparenza e veridicità dei bilanci in danno della minoranza dei soci e del fisco, non possono ritenersi disponibili dalle parti e pertanto restano sottratte, alla luce del dettato del comma 1 dell’art. 806 c.p.c., alla competenza arbitrale (cfr. Cass., 12 settembre 2011, n. 18600, nonché Cass., 10 giugno 2014, n. 13031 e Cass., 3 gennaio 2013, n. 28, in tema di non compromettibilità delle controversie in materia di delibere assembleari di impugnazione del bilancio).