L’amministratore di società controllata che, operando in conflitto di interessi, concede finanziamenti alla società controllante può essere ritenuto responsabile verso la stessa società controllata
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Torino, sentenza del 26 ottobre 2020
Parole chiave: responsabilità degli amministratori – società per azioni – gruppo di società – operazioni infragruppo.
Massima: “Sussiste la responsabilità dell’amministratore della società controllata, laddove tale società conceda finanziamenti e prestiti in favore della controllante in situazione di conflitto di interesse, in assenza di preventiva approvazione del c.d.a., e per fini non riconducibili alla controllata sotto il profilo della convenienza indiretta dell’operazione.”
Disposizioni applicate: artt. 2391, 2392, 2497 c.c.
Il Tribunale di Torino, in composizione collegiale, è stato chiamato a decidere su un’azione di responsabilità ai sensi dell’art. 2392 c.c. promossa da Alfa S.p.A. (“Alfa”) contro l’ex amministratore delegato Caio (l’“Amministratore”). L’Amministratore era stato nominato dopo che le quote di maggioranza di Alfa erano state acquisite da una società facente parte di un gruppo (il “Gruppo”), Gruppo che aveva così assunto il pieno controllo di Alfa. L’Amministratore era inoltre stato nominato mentre costui era legato da un contratto di service con il Gruppo, quindi in una situazione di conflitto di interessi (peraltro, nel mancato rispetto dei requisiti di cui all’art. 2391, commi 1 e 2, c.c., pur essendo stato il conflitto formalmente ratificato da Alfa).
Secondo l’attrice Alfa, la gestione da parte del Gruppo è stata caratterizzata da un sistematico e preordinato utilizzo di Alfa quale strumento per il finanziamento delle altre società del Gruppo, condotte che sarebbero state attuate dall’Amministratore e che avrebbero causato un ingente danno economico ad Alfa. Dall’altra parte, l’Amministratore ha negato gli addebiti attribuendo l’aggravarsi dello stato patrimoniale di Alfa a sfavorevoli condizioni di mercato e negando in ogni caso la sussistenza di un nesso di causalità tra le proprie condotte e i danni lamentati.
All’esito della fase istruttoria, il Tribunale, prima di motivare la propria decisione, ha preliminarmente rilevato come sui fatti oggetto di causa non solo fossero disponibili prove documentali, ma nemmeno vi fosse stata contestazione da parte dell’Amministratore convenuto, da ciò traendo le necessarie conseguenze ai sensi dell’art. 115 c.p.c.
Il Tribunale ha inoltre rilevato come gli amministratori debbano adempiere i doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. L’obbligo di agire con diligenza
nell’espletamento dell’incarico comporta, in primo luogo, quello di informarsi e di agire informati per poter perseguire il miglior interesse dell’ente amministrato e, ulteriormente, quello di agire nel rispetto della legge e dello statuto, adottando scelte gestorie ed amministrative coerenti con l’interesse della società e non inquinate da finalità estranee o configgenti. L’inadempimento di tale obbligo ha natura contrattuale.
Traendo spunto dal concetto anglosassone di business judgment rule, il Tribunale ha motivato che gli atti compiuti dagli amministratori sono in linea di principio corretti (e legittimi) quando (i) sono conformi alla legge e allo statuto sociale, (ii) non sono contaminati da situazioni di conflitto di interesse dei gestori, (iii) sono assunti all’esito di un procedimento di assunzione di informazioni propedeutiche alla decisione gestoria adeguato all’incidenza sul patrimonio dell’impresa e (iv) sono razionalmente coerenti con le informazioni e le aspettative di risultato emerse dal procedimento istruttorio.
Nel caso di specie, gli addebiti mossi all’Amministratore hanno riguardato esclusivamente operazioni infragruppo e ciò, secondo il Tribunale, rileva in ragione del tipo di responsabilità attribuita all’Amministratore (ex art. 2392 c.c. anziché ai sensi dell’art. 2497 c.c.). Così come rileva il fatto che l’Amministratore non avrebbe potuto far valere benefici compensativi per le operazioni infragruppo a lui addebitate solo perché Alfa fa parte del Gruppo (cfr. Cass., Sez. I, 24/08/2004, n. 16707; Cass. civ. Sez. I, 11/12/2006, n. 26325; Cass. civ. Sez. I Sent., 07/12/2011, n. 26362; Cass. civ. Sez. I Sent., 13/02/2015, n. 2952; Cass. pen. Sez. V, 11/05/2017, n. 45288; tutte richiamate nella sentenza in commento).
In tale contesto, Alfa è riuscita a dimostrare (non solo come il contratto di service stipulato con il Gruppo avesse influito sull’attività dell’Amministratore, ma anche) come le operazioni poste in essere dall’Amministratore a favore del Gruppo avessero effettivamente depauperato Alfa. Si è trattato in particolare di numerosi trasferimenti di denaro il cui unico scopo sarebbe stato quello di finanziare il Gruppo – senza che vi fosse un corrispettivo vantaggio per Alfa.
Per tali motivi, il Tribunale ha ritenuto evidente la responsabilità risarcitoria dell’Amministratore, che ha stipulato “al buio”, ossia senza contrattare, senza informarsi e senza informare, senza neppure porsi il problema del se e del come i contratti in questione potevano essere utili ad Alfa e, nella fase esecutiva, ha autorizzato o imposto il pagamento di ingenti somme per servizi non resi dal Gruppo: il tutto, dunque, in violazione dei più elementari doveri di diligenza verso la società amministrata.
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