L’amministrare di una S.r.l. dichiarato fallito non decade dall’incarico ai sensi dell’art. 2382 c.c.
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFCassazione civile, Sezione I, Ordinanza n. 25050 del 16 settembre 2021
Parole chiave: decadenza – fallito – società a responsabilità limitata – società per azioni –amministratore – incapacità
Massima: la disciplina delle società a responsabilità limitata, a seguito della novella di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003, non regolamenta le cause di ineleggibilità e di decadenza degli amministratori, sicché, rispetto a essi, non trovano più applicazione, neppure per analogia, le norme dettate, per la società per azioni, dall’art. 2382 c.c., con la conseguenza che – salva diversa disposizione statutaria – il fallimento dell’amministratore di società a responsabilità limitata non ne determina l’incapacità alla carica sociale.
Disposizioni applicate: articoli 2382 c.c. e 2288 c.c.
La curatela del Fallimento di una S.r.l. aveva eccepito la nullità di un reclamo presentato dall’amministratore della S.r.l. innanzi alla Corte di Appello, sostenendo che quest’ultimo fosse sprovvisto dei poteri gestori e di rappresentanza processuale della società, dato che era personalmente fallito.
La Corte d’appello adita aveva respinto l’eccezione della curatela, conformandosi all’orientamento della Corte di Cassazione n. 18904/2013, secondo cui “la disciplina delle società a responsabilità limitata, a seguito della novella di cui al D.Lgs. n. 6 del 2003, non regolamenta le cause di ineleggibilità e di decadenza degli amministratori, sicché, rispetto a essi, non trovano più applicazione, neppure per analogia, le norme dettate, per la società per azioni, dall’art. 2382 c.c., con la conseguenza che – salva diversa disposizione statutaria – il fallimento dell’amministratore di società a responsabilità limitata non ne determina l’incapacità alla carica sociale”.
Avverso tale provvedimento, la curatela del Fallimento ha proposto ricorso per Cassazione, ribadendo come, per ragioni di coerenza del sistema, il dettato di cui all’art. 2382 c.c. debba applicarsi per analogia anche alle S.r.l..
La Suprema Corte, ritenendo corretta la soluzione accolta dalla richiamata Sentenza della Cassazione n. 18904/2013, ha rigettato il ricorso.
In particolare, la Cassazione ha sottolineato come il silenzio tenuto dal legislatore circa l’applicabilità dell’art. 2288 c.c. alle S.r.l. manifesti, in realtà, una chiara volontà legislativa intesa a non ricalcare lo schema normativo adottato per le S.p.A..
Quanto poi all’argomento ad absurdum usato dalla ricorrente, secondo cui la non applicazione dell’art. 2382 c.c. ammetterebbe l’idoneità degli interdetti e degli inabilitati ad amministrare le società a responsabilità limitata, la Cassazione ha replicato evidenziando come l’incapacità degli interdetti e degli inabilitati a gestire una S.r.l. sia inequivocabile indipendentemente da un’eventuale applicazione dell’art. 2382 c.c., posto che tale incapacità discende da un diverso percorso normativo (ossia quello relativo alle figure di incapacità di agire disciplinate dal codice civile agli artt. 414 e ss.).
Non merita apprezzamento nemmeno la considerazione della ricorrente relativa al fatto che, nelle società di persone, la dichiarazione di fallimento personale del socio comporta di diritto la sua esclusione, ai sensi dell’art. 2288 c.c. Infatti, l’art. 2288 c.c. concerne unicamente la “materia dei soci” e non ha nulla a che vedere con la “materia dell’amministrazione”, essendo la ratio della norma quella di evitare alla società “l’eventualità pregiudizievole di avere il fallimento nella compagine sociale” (Cass. n. 5449 del 18 marzo 2015).
Infine, si tenga altresì presente che le differenze ad oggi riscontrabili tra il modello delle S.p.A. e quello delle S.r.l. risultano pienamente giustificative della non coincidenza delle normative circa le cause di ineleggibilità e decadenza degli amministratori. Il modello delle S.p.A. è infatti istituzionalmente destinato per le imprese di dimensione notevole ed è caratterizzato da una disciplina tendenzialmente “rigida”, mentre il modello delle S.r.l. tende ad offrire elasticità agli operatori economici e si basa su una più ampia considerazione delle persone dei soci e dei loro rapporti personali.