L’adesione ad un c.d. ‘sindacato di gestione’ può costituire giusta causa di revoca di un amministratore di una S.p.A.
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., Sez. I, sentenza del 24 maggio 2012, n. 8221.
Parole chiave: sindacato di gestione – revoca – giusta causa – patto parasociale
Massima: “Anche prima della riforma del diritto societario approvata col d.lgs. n. 6 del 2003 – che ha introdotto l’art. 2380 bis cod. civ., secondo il quale la gestione dell’impresa sociale spetta “esclusivamente” agli amministratori – vigeva, nella società per azioni, il principio di esclusività delle competenze gestorie degli amministratori. Ne consegue che, anche qualora la nuova norma sia inapplicabile ratione temporis, costituisce giusta causa di revoca dell’amministratore di una società per azioni, agli effetti dell’art. 2383, terzo comma, cod. civ., la sua adesione ad un patto parasociale che rimette le scelte gestorie alla volontà maggioritaria dei relativi contraenti (cosiddetto sindacato di gestione).”
Disposizioni applicate: Art. 2383 c.c.
Sebbene la presente sentenza non rientri tra le più recenti della Suprema Corte, essa senz’altro affronta un tema ancora di attualità: ossia se sia revocabile per giusta causa un amministratore di una S.p.A. che prende parte a un cosiddetto sindacato di gestione (e, incidentalmente, se sia valido un patto parasociale che istituisca un sindacato di gestione).
Nel caso analizzato dalla Cassazione, è stato revocato un intero consiglio di amministrazione ex art. 2383 c.c. dopo che un nuovo socio di maggioranza è venuto casualmente a conoscenza dell’esistenza di un patto parasociale che ha creato un sindacato di gestione. Tale sindacato avrebbe orientato la volontà gestoria della maggioranza degli amministratori (e, giocoforza, le decisioni dello stesso consiglio di amministrazione). Alcuni degli amministratori revocati hanno tuttavia agito in giudizio per far accertare l’insussistenza di una giusta causa di revoca e per ottenere la condanna della S.p.A. al risarcimento di tutti i danni da questi patiti.
All’esito del giudizio di appello, la corte distrettuale, dopo aver rilevato incidentalmente l’invalidità del patto parasociale, ha ritenuto che l’obbligo assunto da alcuni amministratori di orientare le scelte della società sulla base del sindacato di gestione pregiudicasse il rapporto di fiducia tra amministratori e la medesima società, con conseguente sussistenza di giusta causa di revoca. Gli amministratori, che avevano aderito al patto parasociale, hanno così proposto ricorso per cassazione.
La Suprema Corte ha rilevato come, nella specie, il contenuto del patto parasociale sottoscritto dagli amministratori ricorrenti prevedeva, tra le altre cose, il sindacato di gestione, in base al quale gli amministratori parti del patto si sono obbligati a svolgere i propri compiti di gestione in conformità a quanto voluto e deciso dalla direzione del sindacato a maggioranza semplice. Nello specifico, tale accordo prevedeva non solo un sindacato di voto nelle delibere assembleari, ma anche in ogni delibera del consiglio di amministrazione e quindi aveva ad oggetto anche l’attività di gestione della società.
Per comprendere se un simile accordo potesse far emergere una giusta causa di revoca di amministratori ex art. 2383 c.c., gli ermellini hanno evidenziato la differenza tra c.d. sindacato di voto in assemblea e c.d. sindacato di gestione: (i) il sindacato di voto è un patto con il quale i soci si accordano preventivamente per votare in maniera uniforme nell’assemblea; mentre (ii) con il sindacato di gestione i partecipanti si obbligano (nella specie a maggioranza semplice) a concordare decisioni sulla gestione della società. È evidente quindi come il sindacato di gestione abbia una maggiore incidenza su comportamenti di soggetti che, a differenza dei soci, sono investiti inderogabilmente dell’intera ed esclusiva responsabilità della gestione della società, sia nell’interesse di quest’ultima sia dei terzi che con essa vengano in vario modo in contatto (alla luce dell’art. 2380 c.c. riformato con il D.Lgs. n. 6 del 2003, e sulla base di un’interpretazione sistematica degli artt. 2364, 2392, 2394 e 2395 c.c.).
Sulla scorta di tali considerazioni la Suprema Corte ha incidentalmente affermato che, qualora un patto parasociale (seppur stipulato solo da determinate parti e non potendo incidere direttamente sull’attività sociale) preveda un sindacato di gestione con il quale sia “eterodiretta” la volontà degli amministratori, tale patto deve ritenersi illegittimo, in quanto in contrasto con norme imperative e idoneo a consentire l’elusione di norme o principi generali dell’ordinamento inderogabili (cfr. Cass. n. 10215/2010; n. 15963/2007; n. 14865/2001; n. 9975/1995) – e ciò anche alla luce dell’art. 2341 bis c.c., che la Cassazione ha qui ritenuto inapplicabile in tema di sindacati di gestione sulla base delle suddette considerazioni.
In conclusione, la Cassazione ha rilevato, da un lato, l’illegittimità di patti parasociali che stabiliscano c.d. sindacati di gestione capaci di orientare dall’esterno le scelte degli amministratori (si segnala sul punto Cass. Sez. Un., 26 novembre 2020, n. 26984, al paragrafo 5, laddove sembra affermare che occorra un’analisi in concreto degli effetti di un simile patto parasociale sulle scelte prese dai singoli amministratori aderenti) e ha ritenuto, dall’altro lato, che l’esistenza di siffatto sindacato possa assumere il ruolo di giusta causa di revoca di un amministratore ai sensi dell’art. 2383 c.c.