L’accettazione di eredità ed il perfezionamento del beneficio di inventario
di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDFCassazione Civile, Sezione II, sentenza n. 9514 del 12 aprile 2017
“Nel caso di accettazione con beneficio d’inventario, liberamente scelta dalla persona fisica, il mancato assolvimento dell’onere di far luogo all’inventario nei termini e modi di legge produce l’effetto, escluso il perfezionamento della procedura di legge, dell’accettazione pura e semplice; nel mentre nel caso che l’accettazione con beneficio d’inventario costituisce l’unico modo di accettazione previsto dalla legge, come nel caso in esame avente ad oggetto una eredità devoluta a persona giuridica, il mancato perfezionamento del modulo legale non può che importare il non conseguimento dello agognato status di erede”.
La sentenza epigrafata invita ad una breve analisi della natura giuridica e della struttura dell’accettazione con beneficio di inventario.
Sotto il profilo volontaristico, l’accettazione dell’eredità può distinguersi in accettazione pura e semplice (ove si assiste alla confusione del patrimonio personale dell’erede con quello ereditario) o con beneficio di inventario (ove i due predetti patrimoni rimangono distinti).
Gli effetti del beneficio vengono disciplinati dal legislatore stesso all’art. 490 cod. civ., ove al 1° comma testualmente si afferma che “l’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tener distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede“. Gli effetti ulteriori del beneficio vengono individuati dal 2° comma della norma testé citata, disponendosi che: a) l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte; b) l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti; c) i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede.
Vi è poi una norma, collocata nel libro sesto del codice civile, l’art. 2830 cod. civ., in forza del quale, se l’eredità è accettata con beneficio d’inventario (o se si tratta di eredità giacente), non possono essere iscritte ipoteche giudiziali sui beni ereditari, neppure in base a sentenze pronunziate anteriormente alla morte del debitore. Ratio di tale norma è quella di garantire la par condicio creditorum e, secondo la dottrina prevalente, l’eventuale iscrizione in violazione del divieto, comporterebbe la nullità della stessa. Altri autori ritengono, invece, che la violazione comporti l’inefficacia dell’iscrizione, che potrebbe quindi produrre i suoi effetti allorché dovesse venire meno il regime del beneficio di inventario.
L’accettazione con beneficio di inventario non può che essere espressa e si perfeziona attraverso un negozio unilaterale non recettizio di carattere patrimoniale.
Aspetto discusso della fattispecie in esame, è quello relativo alla sua struttura.
In tempi meno recenti, si era affermato che tale tipo di accettazione fosse da ricondursi nell’ambito della condizione sospensiva: il legislatore avrebbe eccezionalmente ammesso la possibilità di una accettazione sospensivamente condizionata al beneficio di inventario. In contrario si è evidenziato come, se l’accettazione fosse condizionata al conseguimento del beneficio, essa dovrebbe venire meno tutte le volte che dovesse venire meno il beneficio, mentre è il codice stesso a prevedere conseguenze diverse per la perdita del beneficio.
Secondo parte della dottrina sarebbero rinvenibili due distinti negozi producenti effetti diversi. Un primo negozio diretto all’acquisto dell’eredità, di natura sostanziale; ed un secondo, di natura processuale, funzionale a garantire la responsabilità limitato in capo all’erede. Tale impostazione appare oggi isolata e non la si ritiene condivisibile, dovendosi considerare acquisto dell’eredità e responsabilità limitata effetti di un unico negozio.
Anche tra coloro che sostengono tale unicità negoziale, non è possibile rinvenire una posizione univoca in rodine all’individuazione del momento perfezionamento del beneficio e, conseguentemente, al rapporto tra accettazione e ottenimento della limitazione di responsabilità.
Le disposizioni codicistiche non sono di conforto, limitandosi a stabilire l’effetto retroattivo del beneficio al momento di apertura della successione senza, tuttavia, precisare il momento in cui il beneficio stesso operi.
Parte della dottrina e la prevalente giurisprudenza di legittimità, almeno fino all’anno 2003, affermano che sia sufficiente l’accettazione con beneficio di inventario a produrre la limitazione di responsabilità ed impedire la confusione dei patrimoni del de cuius e dell’erede, a prescindere dalla effettiva redazione dell’inventario. Qualora l’inventario non venisse redatto nei termini, l’erede decadrebbe dal beneficio, divenendo erede puro e semplice. I sostenitori di tale impostazione rilevano come tutte le norme procedurali sull’inventario sarebbero previste a tutela di creditori e legatari, prevedendosi quale conseguenza per la loro violazione la identica conseguenza in tutte le ipotesi: il venir meno della responsabilità limitata.
Di conseguenza, i fautori della tesi in esame ritengono che la mancata redazione dell’inventario dovrebbe essere assimilata alle altre ipotesi di decadenza dal beneficio, sebbene non indicata tra quelle di cui all’art. 505 cod. civ.. L’erede, pertanto, con la mera dichiarazione di accettazione acquisterebbe il beneficio, che potrebbe successivamente perdere.
Altra parte della dottrina e della giurisprudenza ritengono, invece, che il beneficio di inventario debba essere ricondotto ad una fattispecie a formazione progressiva.
Questa tesi si basa sulla contestazione delle conclusioni cui giunge l’opposto orientamento in merito alla assimilabilità dell’ipotesi di mancata redazione dell’inventario a quelle di decadenza di cui all’art. 505 cod. civ.: le ipotesi di decadenza, infatti, non possono trovare applicazione analogica.
Si afferma, dunque, che il beneficio non verrebbe perso per la mancata redazione dell’inventario, bensì non sarebbe mai sorto. Solo il completo realizzarsi della fattispecie a formazione complessa porterebbe al perfezionamento del beneficio.
Ed è in quest’ottica che sembra muoversi, a partire da un pronunciato del 2003 la Suprema Corte di Cassazione. Già nella sentenza n. 11030 del 15/07/2003 la Corte affermava, infatti, che la tempestiva formazione dell’inventario rappresenta “un elemento costitutivo del relativo beneficio”.
Ancora, nella Sentenza n. 16514 del 06/08/2015 si afferma che “in caso di eredità beneficiata, spetta all’erede provare la tempestiva formazione dell’inventario e non al creditore – che intenda far valere la responsabilità “ultra vires” del primo – il ritardo o l’omissione dell’adempimento, trattandosi di un elemento costitutivo del relativo beneficio”.
Fino ad arrivare al pronunciato di cui alla sentenza in commento ove espressamente la Corte asserisce di considerare la redazione dell’inventario quale elemento perfezionativo del beneficio, tanto che, in caso di soggetti incapaci, per i quali non è possibile prevedere una accettazione pura e semplice, la conseguenza della mancata redazione dell’inventario sarebbe la non acquisizione dello status di erede.
Anche tale tesi, soprattutto se portata alle estreme conseguenze di cui alla citata sentenza in tema di incapaci, non è scevra da critiche.
Non sembra, infatti, possibile disconoscere effetti autonomi – e indipendenti dalla successiva redazione dell’inventario – alla dichiarazione di accettazione dell’eredità. A tale dichiarazione di accettazione consegue, necessariamente, l’acquisizione della qualità di erede. Occorre, quindi, tenere distinti i due profili dell’acquisto della qualità di erede e della limitazione di responsabilità.
Deve precisarsi, pertanto, come è solo con riferimento a tale ultimo profilo che potrà parlarsi di fattispecie a formazione progressiva.
Ne consegue, in caso di eredi incapaci, che qualora l’accettazione con beneficio sia stata effettuata nei termini e secondo le modalità di legge, anche in assenza di redazione dell’inventario, costoro avranno acquisito la qualità di eredi e l’incapace sarà erede beneficiato e potrà adeguarsi, per non decadere, alle norme sul beneficio entro un anno dalla cessazione della causa di incapacità o dal compimento della maggiore età.
Ciò rileva, soprattutto, ai fini della prescrizione del diritto di accettare l’eredità. Se, infatti, la dichiarazione di accettazione dovesse ritenersi non sufficiente a far acquisire lo status di erede in capo ad un soggetto incapace, costui non potrebbe, qualora fossero passati più di dieci anni tra l’apertura di successione e la cessazione della causa di incapacità, accettare l’eredità né con beneficio di inventario né puramente e semplicemente poiché il relativo diritto sarebbe prescritto (le norme che prevedono la non decadenza dal beneficio, infatti, non incidono sulla decorrenza del termine prescrizionale).
Si ritiene, quindi, che fino alla conclusione delle operazioni di inventario, l’erede beneficiato si trovi in una situazione provvisoria in cui non si può avere certezza del regime di responsabilità che lo riguarda, sebbene non operi la confusione dei patrimoni ereditario e personale.